«Gli iraniani si sono ritrovati con una mano vincente»

«Le potenze si sono coordinate, sì, ma con Teheran e non fra di loro»

Alcuni commenti sulla stampa israeliana

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato domenica d’aver discusso durante il fine settimana con i leader di Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Gran Bretagna dei negoziati nucleari con l’Iran, nel momento in cui le potenze mondiali non riuscivano a raggiungere un accordo con Teheran.

“Ho detto loro – ha spiegato Netanyahu – che, in base alle informazioni di cui dispone Israele, l’accordo previsto è un accorto pessimo e pericoloso. Non solo per noi, ma anche per loro. Ho chiesto loro cosa fosse tutta questa fretta, suggerendo piuttosto di aspettare e considerare la questione attentamente”.

Netanyahu, che interveniva nel corso di una speciale riunione del governo tenuta a Sde Boker per celebrare i 40 anni dalla morte del primo premier israeliano David Ben Gurion nel kibbutz dove è sepolto, ha poi aggiunto: “Questo accordo allenterebbe in un colpo solo la pressione di sanzioni per imporre la quali ci sono voluti anni, e lascerebbe intatte le capacità di arricchimento nucleare dell’Iran. Non una sola centrifuga verrebbe smantellata. Si tratta di decisioni di portata storica. Ho chiesto ai leader delle potenze di prendere tempo, e sono lieto che abbiano deciso in questo senso”.

“Non mi faccio illusioni – ha poi aggiunto Netanyahu – Esiste un forte desiderio di arrivare a un accordo. Spero non a qualsiasi prezzo. Abbiamo bisogno di un buon accordo, non di un accordo cattivo. Abbiamo bisogno di un accordo che restringa o smantelli completamente la capacità dell’Iran di dotarsi di un’arma nucleare. Faremo tutto quanto in nostro potere per convincere i leader a non sottoscrivere un brutto accordo”.

Sabato scorso, Iran e sei potenze mondiali non hanno concluso il previsto accordo sul programma nucleare di Teheran, pur sostenendo che la distanza fra le parti si è accorciata. I negoziati riprenderanno fra una decina di giorni, sempre a Ginevra. (Da: YnetNews, 10.11.13)

Il segretario di stato Usa John Kerry e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu

Il segretario di stato Usa John Kerry e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu

Scrive Nadav Eyal, su Ma’ariv: «Evidentemente un brutto accordo sarebbe meglio delle spaccature all’interno dell’Occidente che sono emerse l’altra sera a Ginevra. Se verrà mancata la finestra di opportunità nelle attuali circostanze, questo fallimento offrirà verosimilmente a Teheran un assegno in bianco per una fuga in avanti con il suo programma nucleare. La crisi nei colloqui non deriva da una posizione internazionale unita a fronte di quella degli iraniani. La sua origine sta piuttosto nelle profonde spaccature che esistono all’interno del gruppo delle potenze occidentali, che avrebbero dovuto presentarsi a negoziati di questo tipo ben preparate e coordinate. Sono arrivate coordinate, sì, ma con Teheran e non fra di loro. Gli iraniani si sono ritrovati con una mano vincente. Se viene raggiunto un accordo che rigetta la posizione francese e permette loro di continuare la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, significa che sarà stata accettata la loro posizione. Se invece apparirà chiaro che l’accordo è saltato principalmente a causa dell’opposizione di Parigi, allora gli iraniani potranno continuare a sviluppare i loro progetti nucleari senza ostacoli». L’editorialista sottolinea che la Francia è in stretto coordinamento con l’Arabia Saudita, la quale «non vuole un accordo come questo (con l’Iran) almeno quanto non lo vuole Israele». (Da: Ma’ariv, 10.11.13)

Scrive l’editoriale di Ha’aretz che “le dure critiche del primo ministro Netanyahu agli Stati Uniti sull’Iran sono un boomerang politico. Netanyahu può non essere d’accordo con la concezione americana di come meglio contrastare le aspirazioni iraniane, ma vantarsi della capacità di Israele di farsi beffe del processo diplomatico internazionale è una pericolosa minaccia in se stessa. Netanyahu può cogliere un risultato notevole e importante dal momento che è riuscito a mettere la minaccia iraniana in cima all’ordine del giorno del mondo. Tuttavia, la forza di Israele dipende dal sostegno americano e internazionale. Senza questo, Israele non può fronteggiare né la minaccia iraniana, né le altre minacce regionali più vicine. Netanyahu dovrebbe mordersi la lingua e trattenere dichiarazioni che non fanno che allargare la frattura tra Israele e Stati Uniti, e dovrebbe lasciare che i negoziati con l’Iran superino la fase sperimentale». (Da: Ha’aretz, 10.11.13)

«Sul serio, è per pacifici usi interni»

Scrive Alex Fishman, su Yediot Aharonot: «Nessuno dei passi cui gli iraniani si sono impegnati serve a fermare la loro corsa alla Bomba e certamente non serve a far girare indietro l’orologio. La tecnica degli accordi graduali che non contemplano alla fine del processo un chiaro accordo per lo smantellamento delle capacità nucleari iraniane, consente di fatto a Teheran di continuare a depistare il resto del mondo, con la riduzione progressiva delle sanzioni e il ritorno nella famiglia delle nazioni ma senza impegnarsi in anticipo per l’abbandono del progetto nucleare. Una delle parti, in questi contatti, è ingenua o stupida o entrambe le cose, e non sono gli iraniani. Gli americani sono così smaniosi di arrivare a un accordo per via della loro situazione a livello internazionale e della situazione di Obama in patria e all’estero. La crisi emersa sabato a Ginevra ha messo il presidente in una posizione scomoda: Netanyahu si scatena, i sauditi e gli stati del Golfo sono indignati, e tutti quanti fanno appello al Congresso. E così i colloqui hanno ampliato la frattura tra Gerusalemme e Washington. Fino allo scorso fine settimana, Israele non credeva che l’amministrazione americana potesse sottoscrivere un accordo con Teheran in completo contrasto con la sua posizione. Nel fine settimana ha capito che stava per prendere una sberla in faccia». (Da: Yediot Aharonot, 10.11.13)

Scrive Dan Margalit, su Israel HaYom: «E’ chiaro che il mondo degli affari occidentale preferisce chiudere gli occhi e sperare in una ripresa degli scambi commerciali con l’Iran, e che ogni paesi vuole competere con il suo vicino. Vi sono paesi nel mondo civile a cui realmente non interessa se l’Iran diventa una potenza nucleare». L’editorialista ricorda che «Obama sarà presidente ancora per breve tempo, il suo mandato scade fra meno di tre anni e mezzo. Se l’Iran non disporrà allora della Bomba, Obama avrà raggiunto il suo scopo e potrà dire: “Dopo di me, il diluvio”. Tuttavia il mondo è preoccupato per questa miopia di Washington, e non solo l’Occidente ma anche io suoi alleati in Medio Oriente. Questo accordo è pessimo perché di fatto avvicina gli ayatollah al loro obiettivo nucleare. Ed è un cattivo accordo perché lascia gli alleati dell’America in Medio Oriente – Egitto, Arabia Saudita e stati del Golfo – indifesi e a bocca aperta».

(Da: Israel HaYom, 10.11.13)