Gli israeliani confidano ancora nelle forze armate per la difesa del paese

I sondaggi confermano posizioni da falchi sulla sicurezza e da colombe sul compromesso di pace

Da un articolo di Yehuda Ben Meir e Dafna Shaked

image_1725La maggior parte della popolazione israeliana considera “non decisivo” il risultato della seconda guerra in Libano contro Hezbollah (estate 2006), con metà degli israeliani convinti che nessuna delle due parti abbia vinto e l’altra metà divisa in parti quasi uguali fra chi pensa che abbia prevalso Israele e che pensa che abbia prevalso Hezbollah.
Sebbene metà della popolazione ammetta un calo nella propria fiducia nelle Forze di Difesa israeliane e una diminuzione della forza deterrente di Israele, tuttavia più dell’80% degli ebrei israeliani afferma di fare affidamento sulle forze armate per la difesa del paese.
Mentre la fiducia in generale nella dirigenza politica appare piuttosto bassa, nondimeno più di due terzi degli intervistati appoggia la decisione presa l’anno scorso dal governo di Gerusalemme di muovere guerra a Hezbollah, e la grande maggioranza ritiene che Israele avrebbe dovuto continuare i combattimenti fino alla distruzione di Hezbollah o alla liberazione dei soldati tenuti in ostaggio.
Questi alcuni dei principali risultati che emergono dal sondaggio annuale del National Security and Public Opinion Project, condotta dall’Institute for National Security Studies di Tel Aviv. Il sondaggio 2007 è stato effettuato nei mesi di febbraio e marzo, sei mesi dopo la fine della seconda guerra in Libano.
Uno dei dati confermati dalla ricerca è la forza e la stabilità del centro politico israeliano. Più di metà della popolazione ebraica del paese può essere descritta come appartenente al centro dello schieramento, mentre appaiono marginali i nuclei sia di estrema destra sia di estrema sinistra, ciascuno comprendente non più del 10%.
Il centro, insieme ai gruppi della destra moderata (13%) e della sinistra moderata (18%), arriva a coprire l’80% del campione. Dal che si può desumere che l’opinione pubblica israeliana è caratterizzata da un buon margine di flessibilità, e che in determinate circostanze – innanzitutto una leadership forte e carismatica o eventi molto drammatici – esiste una considerevole possibilità di spostamenti d’opinione.
Fra tutte le variabili demografiche analizzate, il fattore che risulta più fortemente correlato con attitudini, posizioni e opinioni degli intervistati appare quello dell’auto-definizione religiosa. I settori della popolazione che si definiscono osservanti e strettamente osservanti risultano significativamente più spostati verso posizioni “da falco” su quasi tutti i temi politici relativi al conflitto israelo-palestinese rispetto al resto della popolazione ebraica. Fra i settori ortodossi e ultraortodossi, da una parte, e la maggioranza della popolazione ebraica emerge una frattura che dovrebbe suscitare grande preoccupazione giacché pone una grave sfida alla coesione e unità della società israeliana.
La percezione nella popolazione israeliana di minacce incombenti è leggermente cresciuta nel 2007, sebbene una significativa maggioranza della componente ebraica rimanga fiduciosa che Israele sia in grado di far fronte con successo ad ogni minaccia prevedibile. La minaccia considerata più grave che Israele deve affrontare è legata a eventuali armi nucleari nelle mani dell’Iran, seguita dalla “corruzione del sistema pubblico”. Il numero degli intervistati che considera alta o media la probabilità che nei prossimi tre anni scoppi una guerra fra Israele e un paese arabo o Hezbollah è cresciuto dal 37% nel 2006 al 76% nel 2007.
Vediamo altri dati interessanti che emergono dall’inchiesta.
– La sfida demografica (calo percentuale della popolazione ebraica rispetto a quella non ebraica) appare sempre più pressante agli occhi della maggioranza della popolazione ebraica e contribuisce a definire l’atteggiamento collettivo sulle questioni di sicurezza nazionale.
– Gli israeliani rimangono tendenzialmente “falchi” sulle questioni della sicurezza e “colombe” sulle questioni politiche, ribadendo la loro disponibilità a concessioni e compromesso territoriale purché nel quadro di una composizione definitiva con la fine del conflitto israelo-palestinese.
– Gli israeliani ribadiscono il loro impegno nella ricerca di una soluzione del conflitto israelo-palestinese, anche se mettono in dubbio l’esistenza di un interlocutore palestinese affidabile e in generale dubitano che esista un autentico desiderio da parte dei palestinesi di arrivare a un accordo di pace.
– La costruzione della barriera difensiva anti-terrorismo continua a godere di un sostegno massiccio fra la popolazione ebraica d’Israele, tanto che è difficile trovare un qualunque altro tema su cui sia possibile registrare un consenso altrettanto ampio.
– L’approccio unilaterale viene oggi in gran parte respinto come legittima opzione politica, principalmente alla luce delle violenze che hanno caratterizzato il dopo-disimpegno del 2005 dalla striscia di Gaza e la seconda guerra in Libano.
– Sono rientrate le preoccupazioni circa potenziali conflittualità civili all’interno della componente ebraica della popolazione a seguito di un eventuale accordo con i palestinesi, così come è diminuita la disponibilità a giustificare il diritto dei soldati di rifiutarsi di eseguire un ordine legale.
Infine, lo stato d’animo generale della popolazione risulta gradualmente migliorato tra il 2004 e il 2006, per poi invertire la tendenza nel 2007. All’indomani della seconda guerra in Libano la valutazione dello stato generale del paese appare tornata ai livelli del 2005. Complessivamente la valutazione dello stato d’animo della nazione e la percezione delle sue prospettive future non risultano particolarmente positive, aggirandosi attorno a un punteggio medio su una scala da 1 a 9. Esiste tuttavia una netta differenza fra la valutazione dello stato generale del paese e quella del proprio stato personale. Non solo la percezione dello stato personale risulta positiva e significativamente più elevata di quella generale, ma il voto dato al proprio stato personale per il 2007 si è mantenuto all’altezza del 2006, risultando non influenzato dai fatti della seconda guerra in Libano.

(Da: YnetNews, 7.06.07)

Yehuda Ben Meir e Dafna Shaked, autori di questo articolo, sono ricercatori presso l’Institute for National Security Studies di Tel Aviv, dove Ben Meir dirige in particolare il National Security and Public opinion Project.