Gli israeliani non credono che i palestinesi saranno più disponibili alla pace se cambierà il governo a Gerusalemme

Secondo gli ultimi sondaggi, metà degli elettori pensa che un governo diverso potrebbe invece migliorare l’atteggiamento dell’amministrazione Obama verso Israele

“Ancora una volta lo stato sionista dimostra quanto è estraneo alla cultura del Medio Oriente”. “Cioè?”. “Fanno di nuovo elezioni libere e democratiche!”

Gli israeliani non credono che le elezioni di martedì prossimo possano portare a un rinnovato processo di pace con l’Autorità Palestinese perché dubitano delle reali intenzioni dell’attuale dirigenza palestinese.

E’ quanto emerge dall’ultimo sondaggio Peace Index sponsorizzato dall’Israel Democracy Institute e dell’Università di Tel Aviv, che ha intervistato un campione rappresentativo della popolazione adulta del paese sull’impatto che potrebbe avere nel processo di pace il partito che sarà chiamato a formare il prossimo governo. Il 64% degli ebrei israeliani e il 35% degli arabi israeliani si dice certo o quasi certo che la dirigenza palestinese non mostrerà maggiore flessibilità né maggiore disponibilità a fare concessioni se il prossimo governo sarà formato dai leader dell’Unione Sionista, Isaac Herzog e Tzipi Livni, contro il 30% degli ebrei israeliani e il 23% degli arabi israeliani che invece ritengono o sono sicuri che la dirigenza palestinese mostrerà maggiore flessibilità e disponibilità di fronte a un governo guidato da Herzog e Livni.

Analogamente, il 64% degli ebrei israeliani intervistati concorda con l’affermazione che, indipendentemente da quale partito formerà il prossimo governo, il processo di pace con i palestinesi non avanzerà perché non c’è una soluzione della controversia a portata di mano, contro il 32% che non condivide tale affermazione. In particolare, tra gli arabi israeliani il 31% è d’accordo con l’affermazione che il processo non farà passi avanti contro il 32% che non è d’accordo, mentre gli altri non sanno o non si pronunciano.

Le cose vanno in modo diverso quando si tratta di valutare l’atteggiamento più o meno amichevole verso Israele dell’amministrazione del presidente Usa Barack Obama. Qui, gli israeliani ritengono che un’eventuale sconfitta di Benjamin Netanyahu farebbe la differenza. Infatti il 49% degli ebrei israeliani e il 20% degli arabi israeliani ritengono che l’amministrazione degli Stati Uniti sarebbe più amichevole verso un governo guidato da Herzog e Livni rispetto a uno guidato da Netanyahu, contro un terzo degli ebrei israeliani e il 17% degli arabi israeliani secondo i quali gli Stati Uniti avrebbero lo stesso atteggiamento verso un governo Herzog/Livni e verso un governo Netanyahu. Solo il 7% degli ebrei israeliani e il 14% degli arabi israeliani pensano che gli Stati Uniti sarebbero addirittura meno amichevoli verso un governo Herzog/Livni, mentre il 3% degli ebrei israeliani e l’11% di arabi israeliani ritengono che l’atteggiamento degli Stati Uniti dipenderà da quale politica farebbe l’eventuale governo Herzog/Livni.

Alla domanda su chi sia responsabile del percepito deterioramento delle relazioni Usa-Israele, il 34% degli ebrei israeliani afferma che entrambe le parti sono ugualmente responsabili, contro il 32% che attribuisce maggiore responsabilità all’amministrazione Obama e il 27% che la attribuisce al governo Netanyahu. Tra gli arabi israeliani, il 40% ritiene che entrambe le parti siano egualmente responsabili, il 21% ritiene che il governo israeliano sia più responsabile, e l’8% che lo sia di più il governo degli Stati Uniti.

(Da: Jerusalem Post, 10.3.15)

Secondo l’ultimo sondaggio Panels Research diffuso martedì dal Canale tv della Knesset, a una settimana dalle elezioni politiche del 17 marzo l’Unione Sionista di Isaac Herzog e Tzipi Livni risulta in testa con 24 seggi (sul totale di 120) rispetto al Likud di Benjamin Netanyahu che otterrebbe 21 seggi, mentre Yesh Atid (C’è futuro) di Yair Lapid guadagna la terza posizione con 14 seggi. Seguono: la Lista Araba Unita (composta da Lista Araba, Ta’al, Hadash e Balad) con 13 seggi; Bayit Yehudi (Casa ebraica) di Naftali Bennett con 12 seggi; Kulanu (Tutti noi) di Moshe Kahlon con 9 seggi; Shas con 7 seggi; Ebraismo Unito della Torà con 6 seggi; Yisrael Beytenu (Israele nostra casa) di Avigdor Liberman e Meretz con 5 seggi ciascuno; mentre Yachad (Insieme) di Eli Yishai con 4 seggi supererebbe di poco il quorum minimo d’ingresso al parlamento (3,25%).

Il sondaggio ha inoltre rilevato che il 79% degli elettori centristi di Yesh Atid vorrebbero che il loro partito raccomandasse come primo ministro il laburista Herzog, contro il 14% che raccomanderebbe Netanyahu. Tra gli elettori centristi di Kulanu, il 47% raccomanderebbe Herzog contro il 33% che preferirebbe Netanyahu.

Domenica scorsa il presidente d’Israele Reuven Rivlin ha detto, citato dal Canale Due della tv, che nel caso di un risultato elettorale di sostanziale parità, intende chiedere a Likud e Unione Sionista di formare un governo di unità nazionale con il compito di varare una riforma elettorale che ponga rimedio all’instabilità insita nell’attuale sistema (proporzionale a collegio unico nazionale su liste bloccate), che costringe i partiti maggiori a corteggiare i partiti minori per mettere insieme coalizioni di governo che restano estremamente instabili. Tuttavia, da un sondaggio diffuso lunedì da Radio Galei Tzahal risulta che il 53% dei cittadini ebrei israeliani si dice contrario all’ipotesi di un governo Herzog-Netanyahu, contro il 23% di favorevoli e il 24% di indecisi. In particolare, si dicono contrari alla prospettiva di un governo di unità nazionale il 66% degli elettori di destra e il 56% degli elettori di sinistra.

I sondaggisti tengono comunque a sottolineare che tradizionalmente i cittadini israeliani tendono a mentire ai sondaggi pre-elettorali, per cui i risultati delle elezioni effettive spesso si discostano molto dalle previsioni. (Da: Times of Israel, YnetNews, 10.3.15)