Hamas: iniziato il conto alla rovescia?

Hamas potrebbe presto pagare per il tradizionale talento arabo nel fraintendere Israele

Da un articolo di Yigal Walt

image_2034Strana faccenda, il terrorismo. Normalmente i gruppi terroristi devono confrontarsi con esercirti molto più forti e pertanto devono attentamente attenersi a un delicato equilibrio: finché si mantengono nei limiti di una continua belligeranza di basso profilo, possono infliggere colpi anche molto dolorosi senza scatenare una risposta travolgente. Paradossalmente, invece, degli attentati “molto ben riusciti” possono tradursi nel loro peggior errore.
Un paese che subisce un colpo clamorosamente più grave del “normale” tende ad adottare misure cui “normalmente” non ricorrerebbe. Lo si è visto con la dura reazione dell’America agli attentati dell’11 settembre così come, su scala minore, nella reazione di Israele all’ondata di attentati suicidi culminata nel marzo 2002.
Per molti anni i gruppi terroristi palestinesi avevano tenuto conto di questo concetto. I loro singoli attacchi davano risultati relativamente modesti, ma il loro continuo ripetersi per anni e anni tendeva ad erodere il senso di sicurezza degli israeliani. Poi, invece, anche su questo i palestinesi hanno confermato la loro ben nota reputazione di peggiori decisori al mondo, rivelando ancora una volta il loro talento unico nel giudicare in modo sbagliato la realtà: forse, di tutte le caratteristiche dei palestinesi, la più evidente.
L’ondata di attacchi suicidi del 2002 culminò nel tragico attentato del giorno della pasqua ebraica in un hotel di Netanya con il massacro di trenta civili innocenti. Quella volta i consueti festeggiamenti nelle strade palestinesi per il “grande gesto eroico” ebbero vita breve. Lo scioccante attentato fu ciò che spinse Israele a lanciare l’operazione Scudo Difensivo, che fece a pezzi le strutture del terrorismo nel cuore della Cisgiordania. Negli anni successivi il numero di vittime israeliane da terrorismo palestinese calò rapidamente, dall’apice di quasi 450 a meno di 15 l’anno scorso.
Altrettanto significativo il fatto che l’energica reazione di Israele fece a pezzi Fatah, la più forte organizzazione palestinese, ampiamente collusa con gli attentati suicidi (sui pensi a Tanzim e Brigate al-Aqsa) e che da allora non si è ancora ripresa.
Ora è Hamas che si avvicina sempre più allo stesso fatale errore. Questa organizzazione islamista jihadista ha fama di essere un gruppo a suo modo pragmatico. Ma anch’essa non sembra immune dalla sindrome tipicamente palestinese del “tutto o nulla”. Incoraggiata da una serie di successi negli ultimi anni, in pericolare la vittoria elettorale e il golpe armato nella striscia di Gaza, Hamas semplicemente non riesce a trattenersi.
Da sette anni piovono missili su Sderot, erodendo gradualmente la determinazione dei suoi abitanti, ma causando un numero di vittime relativamente basso, il che ha permesso a Israele di trattenersi dal lanciare una reazione dello stesso livello. Ma Hamas, evidentemente non soddisfatta di questi lenti sviluppi, ha fatto arrivare nella striscia di Gaza missili più sofisticati e di gittata più lunga e di recente ha iniziato a prendere di mira una città molto più grande (e più distante) come Ashkelon. Ecco l’errore fatale.
Ora che 250.000 civili israeliani si trovano nel raggio dei missili di Hamas, la minaccia assume dimensioni sempre più strategiche. Israele semplicemente non può convivere a lungo con una tale situazione. L’operazione Inverno Caldo, costata la vita a un centinaio di palestinesi, in gran parte armati, nell’arco di pochi giorni, è stato il primo colpo d’avvertimento, relativamente misurato. La strage di giovedì scorso a Gerusalemme, indipendentemente da chi l’abbia materialmente realizzata, costituisce un ulteriore passo dei palestinesi verso il baratro, giacché l’ira che ha suscitato spinge Israele sempre più verso la decisione di togliersi i guanti.
Nonostante sostengano di conoscere bene la realtà d’Israele, i suoi nemici arabi hanno ripetutamente sbagliato nel valutare lo stato d’animo israeliano. Il leader di Hezbollah Nasrallah, uno che si vantava senza mezzi termini d’essere “esperto di cose israeliane”, ha già dovuto ammettere d’essersi completamente sbagliato nel valutare la reazione di Israele alla presa in ostaggio di due suoi soldati (luglio 2006). Hamas sta facendo oggi lo stesso errore.
Le tendenze possono anche non essere del tutto evidenti, ma ci sono e si rafforzano giorno dopo giorno. Gli israeliani stanno rapidamente avvicinandosi alla “massa critica” che potrebbe scatenare una reazione a tutto campo. Hamas, tutta presa a dichiarare una vittoria dopo l’altra organizzando trionfali parate con distribuzione di dolciumi per le strade di Gaza, tende a dimenticare d’essere in fin dei conti alquanto isolata a livello internazionale. Persino la maggior parte dei fratelli arabi non si preoccupano più di tanto, di questi tempi, del suo destino.
Senza contare che c’è qui un esercito ansioso di dimostrare che la sua performance in Libano (nell’estate 2006) è stata un’eccezione. Questa volta le truppe si sono preparate per mesi. Per sua sfortuna, Hamas potrebbe pagare il prezzo degli insuccessi israeliani in Libano.
Un attimo prima di cadere nel baratro, sarà capace Hamas di riacquistare padronanza di sé? Le esperienze passate lasciano ben poche speranze.
Hamas, oltre ad essere un gruppo terrorista, è un movimento popolare profondamente radicato nella società palestinese. Come tale, non può essere completamente eliminato o distrutto. Ma potrebbe essere messo a terra e drammaticamente indebolito. Il conto alla rovescia è appena iniziato.

(Da: YnetNews, 7.03.08)

Nella foto grande: “Celebrazioni” di Hamas a Gaza