Hamas prende esempio da Hezbollah

Il gruppo jihadista palestinese cerca di creare una situazione in cui vince comunque.

Da un articolo di Andrew Friedman

image_734L’attacco di missili Qassam martedì sulla città israeliana di Sderot è l’ultima indicazione in ordine di tempo della crescente influenza degli Hezbollah libanesi sui territori palestinesi.
Nonostante la netta vittoria elettorale di Hezbollah alle elezioni di lunedì nel Libano meridionale, molti osservatori pensano che il gruppo jihadista filo-iraniano sostenuto dai siriani sia in crisi. Per sua stessa definizione, la ragion d’essere di Hezbollah era quella di cacciare Israele dalla fascia di sicurezza nel sud del Libano, controllata dagli israeliani per diciotto anni dopo la guerra del 1982. Ma Israele è uscito completamente dal Libano da cinque anni, spingendo molti libanesi a mettere in discussione la persistenza nel paese dell’ultima milizia armata. Per giustificare la propria stessa esistenza come gruppo armato, Hezbollah ha inventato di sana pianta nuove “cause” per cui battersi, come la questione delle fattorie Shabaa sul Monte Dov, che facevano parte del Golan siriano fino a quando sono passate sotto controllo israeliano nel 1967, ma che Hezbollah sostiene essere territorio libanese “occupato” al solo di scopo di poter continuare a combattere Israele. Ciononostante il leader di Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, è sempre stato attento a non superare le tacite linee che provocherebbero una dura reazione da parte di Israele in territorio libanese, soprattutto in vista delle elezioni di lunedì.
Allo stesso modo, Hamas considera l’imminente uscita di Israele dalla striscia di Gaza come una potenziale minaccia. Per generazioni gli esponenti palestinesi hanno costantemente diffuso l’idea che l’”occupazione” fosse responsabile di ogni male nella società palestinese e la fonte di gran parte del sostegno internazionale. La possibilità che questa pretesa possa non avere più corso provoca un bel po’ di apprensione nei gruppi armati palestinesi, compresa Hamas.
Inoltre gli stessi leader di Hamas dicono d’aver tratto grande forza morale dalla “vittoria” di Hezbollah contro Israele, e sono convinti che sia stata la loro campagna terroristica a convincere il primo ministro israeliano, l’ex falco Ariel Sharon, a voltare le spalle e andarsene. Continuando ad attaccare Israele, Hamas spera di rafforzare la convinzione che Israele si stia ritirando da Gaza sotto il fuoco palestinese.
Ma, come quelli Hezbollah, anche i capi di Hamas stanno attenti a non provocare troppo Israele. Il gruppo è convinto che una serie di attacchi “leggeri” abbastanza regolari possano spingere l’opinione pubblica israeliana a schierarsi contro il ritiro senza arrivare a provocare una reazione militare israeliana di vasta portata, cosa che farebbe infuriare tanti sostenitori di Hamas a Gaza.
Inoltre, gli ufficiali della difesa israeliana sono quasi unanimi nel sostenere che Hamas ha usato questo periodo di quattro mesi di relativa calma per riprendersi dopo i due anni di offensiva israeliana che avevano severamente ridotto le capacità del gruppo di colpire obiettivi civili.
Un altro motivo che spinge Hamas a riprendere gli attacchi sono le prossime elezioni palestinesi, che il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha rinviato da metà luglio alla fine dell’anno. Facendo mostra di accettare il “periodo di calma” (in arabo “tahdia”) deciso al vertice di febbraio a Sharm el-Sheikh, Hamas si è presentata agli israeliani e a molti sostenitori stranieri come un legittimo partito politico, altra similitudine con Hezbollah. Ma nonostante, o forse proprio a causa del nuovo volto “politico” del gruppo, Hamas sa bene che la sua popolarità fra gli elettori di Gaza si fonda largamente – anche se non esclusivamente – sugli attentati terroristici. Questa è la ragione per cui i capi di Hamas sono stati ben attenti a rifiutare un cessate il fuoco vincolante (in arabo “hudna”). Sotto questo aspetto, l’attacco di martedì su Sderot è poco più che campagna elettorale.
In fin dei conti, i missili Qassam di martedì, così come l’ondata di lanci su Gush Katif durante le celebrazioni dell’indipendenza d’Israele il mese scorso, tendono a creare una situazione in cui Hamas vince comunque. Se riuscirà a far saltare il ritiro di Israele da Gaza, Hamas manterrà la sua ragion d’essere fondamentale, che è combattere l’”occupazione” israeliana ad oltranza. Se invece Israele si ritirerà nonostante gli attacchi, Hamas potrà cantare vittoria a Gaza, e c’è da aspettarsi che raddoppierà gli sforzi per ottenere un risultato simile in Cisgiordania.
In ogni caso, i mesi a venire richiederanno una gestione molto accorta della situazione da parte dell’establishment politico e militare israeliano.

(Da: YnetNews, 7.06.05)

Nella foto in alto: danni ad un’abitazione civile di Sderot (Israele) provocati martedì da missile Qassam palestinese