Hanno dichiarato guerra alla storia e alla verità

Se la storia ebraica può essere cancellata da Gerusalemme, immaginate quale sarà la prossima religione da cancellare

Di Sharren Haskel

Sharren Haskel, autrrice di questo articolo

Sharren Haskel, autrrice di questo articolo

Dopo anni di guerre, terrorismo e violenze, le organizzazioni palestinesi e anti-israeliane hanno capito che non possono sconfiggere lo stato di Israele con la forza. Ecco perché hanno messo in campo tutte le loro energie nello sforzo di contestare la legittimità di Israele e il diritto stesso del popolo ebraico all’autodeterminazione nella sua patria storica. Tale sforzo comprende, tra l’altro, l’adozione di risoluzioni contro Israele in ogni possibile sede internazionale, la riscrittura della storia e la diffusione di calunnie e diffamazioni attraverso i social network e i mass-media. Quello che cercano di fare è creare e diffondere l’impressione che lo stato di Israele non sia altro che un fittizio strumento del colonialismo occidentale, che una bella mattina decise di prendere il controllo dell’area geografica fra Africa e Asia. E’ la stessa concezione in base alla quale il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha lanciato la grottesca idea di citare in giudizio il governo britannico per la Dichiarazione di Balfour del 1917.

Tutte queste azioni (in un Medio Oriente dove semmai appare evidente che Israele è uno dei pochi stati nazionali realmente radicati nella storia, con alle spalle una tradizione millenaria) non fanno altro che confermare che i palestinesi non vogliono vivere a fianco degli ebrei in pacifica coesistenza, ma vogliono al contrario insediarsi in tutto il paese al posto di Israele.

I palestinesi sotto il governo di Abu Mazen continueranno a fare tutto, meno che negoziare direttamente con Israele: giacché negoziare significa arrivare prima o poi al compromesso, che è appunto ciò che i palestinesi non sono disposti ad accettare. Per loro non è possibile decretare la fine del conflitto finché non sarà raggiunto l’obiettivo finale, che è poi la ragion d’essere del “nazionalismo palestinese”: la cancellazione dello stato ebraico e la creazione di un’unica Palestina araba che comprenda anche tutta l’area oggi riconosciuta come lo stato d’Israele.

Il rifiuto arabo di accettare o riconoscere il diritto ebraico all’autodeterminazione risale al loro rifiuto di accettare la risoluzione di spartizione approvata dalle Nazioni Unite nel 1947. Da allora, i palestinesi hanno sempre cercato di rovesciare quella decisione attraverso guerre, decine di aggressioni e migliaia di attacchi terroristici, con il supporto di paesi arabi e altre organizzazioni terroristiche, nell’intento di incutere terrore e soggiogare Israele con la violenza e il sangue.

“L’Unesco dice che non c’era nessun Tempio ebraico a Gerusalemme. Quindi noi, Chiesa dell’Arrendevolezza, ora insegneremo che Gesù non cacciò i mercanti dal Tempio: li cacciò dal supermercato”

Eppure, i due paesi arabi che alla fine hanno firmato accordi di pace con Israele – Egitto e Giordania – non hanno subito conseguenze negative accettando la sua esistenza. E’ anzi avvenuto il contrario: la pace si è rivelata per un loro un asset strategico, con vantaggi per entrambi i paesi. Invece la dirigenza palestinese, generazione dopo generazione, non ha mai abbandonato il miraggio di eliminare Israele. Per farlo, tengono in ostaggio i profughi e i civili palestinesi distruggendo il loro presente e negando loro il futuro.

L’ultimo attacco è particolarmente assurdo in quanto non è solo un attacco contro gli ebrei: è un attacco anche contro i cristiani e la storia cristiana di Gerusalemme. Se la storia ebraica può essere cancellata da Gerusalemme, immaginate un po’ quale sarà la prossima religione da cancellare.

Nel 1948 ai palestinesi, come a Israele, venne offerta dalle Nazioni Unite l’opportunità di ottenere uno stato indipendente dividendo il paese in due stati, uno ebraico e uno arabo. Preferirono reclutare e mobilitare i paesi musulmani e scatenare la guerra, nella speranza di occupare tutto il territorio ed espellere gli ebrei. Il loro tentativo restò frustrato, e oggi si ritrovano in una situazione ben diversa da quella che avevano sperato. Il risultato del loro tentativo, oggi, di riscrivere l’intera storia del popolo ebraico finirà altrettanto frustrato.

Questa strategia di guerra basata sulla riscrittura della storia e delle religioni è molto pericolosa perché minaccia non solo la religione e la storia, ma il tessuto stesso della convivenza. La storia ha dimostrato che i palestinesi, quando lanciano una guerra contro l’esistenza di Israele, rischiano di perdere molto di più di quello che sperano di ottenere.

Sono certa che ve sono molti interessati a una coesistenza pacifica con Israele, e che conducono una silenziosa battaglia quotidiana nella speranza di un futuro migliore. Mi auguro che non passi troppo tempo prima che la maggioranza dei palestinesi riconosca il perdurante errore storico di rifiutare la pace con lo stato ebraico ed esiga dalla propria dirigenza, sia a Gaza che in Cisgiordania, che ponga fine a questa continua deriva verso lo scontro e la guerra permanete, e che la smetta di cercare di minare la legittimità dell’esistenza di Israele.

(Da: Times of Israel, 18.10.16)