Hebron tra storia e menzogne

Ma i funzionari dell'Unesco hanno mai sentito parlare di Bibbia, Google e Wikipedia?

Editoriale del Jerusalem Post

David Roberts, Hebron, 1839

Molto tempo prima che l’Onu e organizzazioni come l’Unesco venissero anche solo concepite, anzi molto tempo prima che esistessero gli stati nazionali come li conosciamo (per non dire dello stato palestinese), quelli che oggi conosciamo come ebrei abitavano in Terra d’Israele, condividevano una lingua e un patrimonio comune e si sentivano uniti da una serie di testi canonici divenuti la Bibbia ebraica. Costoro consideravano Hebron una città santa risonante di storia e significati religiosi.

Indipendentemente da quanto è stato deciso venerdì scorso all’Unesco, un’organizzazione che viene regolarmente strumentalizzata per favorire i limitati interessi di popoli che presumibilmente patiscono il dominio occidentale, semplicemente non è possibile negare o minimizzare i legami degli ebrei con la città di Hebron: legami che sono persino più profondi e probabilmente più antichi dei legami fra ebrei e Gerusalemme, un’altra città che l’Unesco ritiene priva di storia ebraica.

La Bibbia ebraica narra di come Abramo comprò della terra a Hebron per seppellire Sara. Secondo la tradizione, tutti e tre i patriarchi vi sono stati sepolti con le loro mogli. Nell’Esodo, è posta particolare enfasi sulla richiesta di Giacobbe di essere sepolto lì, un elemento che può essere visto come l’espressione tangibile della sua speranza che il popolo ebraico vi tornasse dopo la fine dell’esilio in Egitto. E’ da Hebron che passarono gli esploratori inviati da Mosè a perlustrare il paese prima che il popolo ebraico entrasse nella terra promessa. A Hebron Re David consolidò il suo regno dopo la morte di Saul. A Hebron Re Erode fece costruire il muro che tuttora circonda la Grotta dei Patriarchi. E fu nel mercato di schiavi Terebinth di  Hebron che gli ebrei furono venduti in cattività dopo la sconfitta della rivolta anti-romana di Simon Bar-Kokhba nel 135 e.v. che precipitò nell’esilio gli ebrei dalla Terra d’Israele.

Agli ebrei fu proibito vivere a Hebron durante il periodo bizantino. Tuttavia, stando ai documenti rinvenuti nella famosa Geniza del Cairo, sotto il successivo dominio musulmano gli ebrei vi tornarono e vi mantennero una comunità organizzata. Nel corso dei secoli la presenza ebraica in città declinò o rifiorì a seconda della maggiore o minore tolleranza del potere dominante. I cristiani tendevano ad essere meno accomodanti, i musulmani di più. Nel 1481 il viaggiatore italiano Meshullam da Volterra trovò più di 20 famiglie ebraiche a Hebron. Le donne ebree si travestivano da musulmane per entrare nella Grotta dei Patriarchi (trasformata in moschea).

Ebrei a Hebron, 1921

Nel periodo tardo-ottomano la comunità ebraica crebbe. Ebrei espulsi dalla Spagna e dal Portogallo cominciarono ad arrivare a Hebron nel XVI secolo. Nel 1823, il movimento hassidico Lubavitch stabilì una presenza nella città. Il tribunale hassidico di Karlin vi venne istituito nel 1866. Negli anni ’20 del XX secolo, dopo che il governo lituano aveva tentato di arruolare nell’esercito gli studenti di yeshiva (seminario talmudico), nella città venne fondata la Yeshiva di Hebron che attrasse centinaia di studenti ebrei provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti.

I violenti pogrom arabo-palestinesi del 1929 orchestrati contro gli ebrei di Hebron dal mufti Haj Amin al-Husseini, fanatico antisemita e ammiratore del nazismo, lasciarono più di 60 morti fra uomini, donne e bambini, e decine di feriti. Nel 1936, all’incombere di nuove violenze arabe, i britannici evacuarono gli ultimi ebrei che rimanevano a Hebron. Fu solo dopo la vittoria d’Israele nella guerra dei sei giorni del giugno ’67 che gli ebrei poterono tornare a vivere a Hebron.

Tutte queste informazioni, e altre ancora, sono facilmente reperibili. Eppure tutto questo non compare nella risoluzione dell’Unesco su Hebron. Ed un rapporto dell’Unesco si spinge al punto di incolpare Israele per non aver suggerito una proposta alternativa a quella palestinese. Perché? Forse che i funzionari dell’Unesco non hanno mai sentito parlare di Bibbia, di Google o di Wikipedia?

Il voto dell’organizzazione culturale delle Nazioni Unite che dichiara Hebron un patrimonio mondiale palestinese “in pericolo” non ha nulla a che fare con l’istruzione, la scienza e la cultura. È invece una forma di propaganda. La riscrittura della storia ostacola e complica ulteriormente gli sforzi per affrontare i problemi reali che nelle attuali condizioni impediscono una soluzione politica del conflitto israelo-palestinese. E questo funziona in entrambe le direzioni. Anche fermarsi agli innegabili legami degli ebrei con la Terra di Israele e con luoghi come Hebron e Gerusalemme non è sufficiente per risolvere il conflitto. Il diritto degli ebrei ad uno stato sovrano nella loro patria storica è inalienabile. Ma questo di per sé non aiuta la ricerca pragmatica, qui e ora, di un modo per far convivere ebrei e arabi palestinesi.

Certo, minimizzare o negare i legami degli ebrei con il Monte del Tempio o con Hebron è sintomo di un odio più profondo, probabilmente fondato su invidia e rancore: i musulmani sanno bene che questi e altri siti non avrebbero alcuna santità per i loro fedeli se non fossero stati, prima e innanzitutto, luoghi di profonda risonanza spirituale, storica e religiosa per gli ebrei.

È un peccato che l’Unesco si sia prestata a farsi complice di questo sabotaggio diplomatico dei più autentici forzi di pace.

(Da: Jerusalem Post, 10.7.17)

Nel testo relativo alla “Città Vecchia di Hebron/Al-Khalil”, pubblicato sul sito del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco, l’unico fugace riferimento a tutta la storia ebraica della città e della Tomba dei Patriarchi (un luogo santo ebraico, poi trasformato in chiesa, su cui successivamente venne eretta una moschea) si trova nella frase: «Questo sito divenne un luogo di pellegrinaggio per le tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam».

Si confronti questo generico accenno con il testo che lo stesso sito dell’Unesco dedica al “Centro storico di Cordoba” (Spagna): «Il periodo di massima gloria di Cordoba iniziò nell’VIII secolo dopo la conquista moresca, quando vennero costruite circa 300 moschee … Nel XIII secolo, sotto Ferdinando III, la Grande Moschea di Cordoba venne trasformata in una cattedrale e vennero erette nuove strutture difensive …» (corsivo nostro).