Hillary Clinton: “Fu un errore pretendere il congelamento degli insediamenti israeliani”

La linea dell'amministrazione Obama non fece che irrigidire la posizione di Abu Mazen, scrive l'allora segretario di Stato nel suo nuovo libro di memorie

Incontra fra Hillary Clinton e Benjamin Netanyahu nell'agosto 2013

Incontra fra Hillary Clinton e Benjamin Netanyahu nell’agosto 2013

La linea dura dell’amministrazione Obama sulle attività edilizie ebraiche negli insediamenti in Cisgiordania durante il primo mandato dell’attuale presidente americano fu un errore tattico. Lo scrive l’allora Segretario di stato di Obama, Hillary Rodham Clinton, nel suo nuovo libro di memorie Hard Choices (Scelte difficili). “Col senno di poi – scrive Hillary Clinton – la nostra precoce linea dura sugli insediamenti non ha funzionato”, e spiega che fare pressione per un congelamento della costruzione di nuove case israeliane nei territori contesi non fece che irrigidire la posizione del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che infatti si rifiutò di negoziare direttamente con Israele per quasi tutti i dieci mesi di moratoria decretati dal governo Netanyahu fra il novembre 2009 e il settembre 2010, con il pretesto che la moratoria non includeva i quartieri orientali di Gerusalemme. E quando il congelamento giunse a scadenza senza alcun passo avanti diplomatico, i negoziati di pace naufragarono. Abu Mazen, sottolinea Hillary Clinton, minimizzava e derideva la concessione israeliana, che lei invece definisce “senza precedenti”, e poi ne chiese la proroga in cambio del proseguimento dei negoziati. L’ex Segretario di stato non accenna ad alcuna animosità fra sé e il primo ministro israeliano; riferisce invece dei rapporti tesi tra Netanyahu e Obama, ricordando come quest’ultimo si fosse “infuriato” per l’annuncio di nuove costruzioni a Gerusalemme durante una visita del vice presidente Usa Joe Biden in Israele, nel marzo 2010.

Nel libro, di cui la stampa americana ha anticipato alcune parti lo scorso fine settimana, Hillary Clinton tratta anche altri snodi della politica estera che hanno segnato i quattro anni (dal 2009 al 2013) in cui è stata a capo della diplomazia di Obama.

A proposito dell’Egitto scrive che lei, all’epoca della rivolta (gennaio-febbraio 2011), sostenne che si dovesse spingere Hosni Mubarak ad avviare una “transizione ordinata” verso un successore, ma venne soverchiata dall’appello del presidente Obama perché l’uomo forte del Cairo si dimettesse immediatamente. “Temevo – spiega l’allora Segretario di stato – che gli Stati Uniti venissero visti come quelli che sbattono fuori dalla porta un alleato di lunga data abbandonando Egitto, Israele, Giordania e tutta regione ad un futuro incerto e pericoloso”. Secondo Hillay Clinton, le buone ragioni per mantenere stretti legami con Mubarak erano ancora valide: isolare l’Iran, mantenere aperta la rotta commerciale del Canale di Suez, tutelare la sicurezza di Israele e combattere il terrorismo in una regione in cui al-Qaeda stava tramando nuovi attacchi.

Sulla Siria, Hillary Clinton scrive d’aver sostenuto la decisione “di iniziare ad armare e addestrare i ribelli siriani moderati”, anche se Obama preferì altre opzioni.

Si registra intanto, sempre dagli Stati Uniti, un editoriale pubblicato nel week-end dal New York Times che corrobora la posizione di Netanyahu sul governo di unità Fatah-Hamas. “Gli Stati Uniti – si legge nell’editoriale – devono stare bene attenti a distinguere in qualche modo il loro appoggio al nuovo governo palestinese, da una parte, e l’assenso a Hamas e al suo comportamento violento e odioso dall’altra”. Il giornale definisce giustificato lo “scetticismo” di Netanyahu sul nuovo governo palestinese, e aggiunge: “Con Hamas non si può semplicemente far finta di niente: gli Stati Uniti, e altri paesi che considerano Hamas un gruppo terroristico, potrebbero trovarsi nell’impossibilità di continuare ad aiutare i palestinesi se Hamas giocherà un ruolo più marcato. Netanyahu ha ragione quando ricorda che Hamas, il gruppo sostenuto dall’Iran che prese il controllo della striscia di Gaza nel 2007, è un’organizzazione estremista e violenta, votata alla distruzione di Israele”.

(Da: Israel HaYom, YnetNews, 8.6.14)