“Ho una proposta: Betlemme capitale della Palestina”

"Vediamo se il mondo cristiano sarà disposto ad accettare che il luogo natale di Gesù vanga trasformato nella capitale di coloro che ne hanno cacciato la popolazione cristiana"

Di Barry Shaw

Barry Shaw, autore di questo articolo

Il mondo si è rivelato assai miope quando ha accettato di dichiarare che il sito del Tempio di Gerusalemme e il Muro Occidentale, ultimo resto dei contrafforti del Monte del Tempio, sono islamici e non fanno parte di Israele. Si sa che i palestinesi rivendicano Gerusalemme come loro capitale e il mondo, con queste scelte, sembra volerli assecondare. Ho una soluzione migliore da proporre: facciamo che sia Betlemme la loro capitale.

I palestinesi non perdono occasione per raccontare al mondo quanto abbiano a cuore il luogo di nascita di Gesù, che loro definiscono “un messaggero palestinese”. E sostengono di avere molto a cuore la cristianità, anche se la popolazione cristiana di Betlemme, da schiacciante maggioranza che era nel 1995 quando Israele in un gesto di pace ne cedette il controllo a Yasser Arafat, è precipitata al 12% di oggi. I palestinesi sostengono che questa fuga dei cristiani da Betlemme è stata causata dalla barriera di sicurezza israeliana. Ma non è un po’ strano che, nello stesso periodo, la popolazione musulmana aumentasse? A sentire la loro propaganda, la barriera di sicurezza funziona come un curioso strumento di pulizia etnica altamente selettivo contro i soli cristiani. Una evidente stupidaggine. Secondo le statistiche, la popolazione di Betlemme è cresciuta dai 14.439 abitanti del 1967 agli oltre 27.000 di oggi. Quello che è cambiato è l’equilibrio demografico interno: molti meno cristiani, molto più musulmani. E molto più peso degli estremisti di Hamas.

Il giornalista di Ha’aretz Danny Rubenstein, dopo essersi approfonditamente occupato di palestinesi per quarant’anni, ha scritto: “La nazionalità araba in generale, e in particolare il nazionalismo palestinese, sono diventati sempre più un fatto religioso”, cioè tradizionalmente islamico. E’ quello che si vede all’opera a Gerusalemme. Le rivendicazioni palestinesi sono intese a cacciare gli ebrei dai loro luoghi santi e dal loro patrimonio collettivo, come hanno fatto con i cristiani di Betlemme. Nel loro libro La settima guerra: come abbiamo vinto e perché abbiamo perso, i giornalisti Amos Harel e Avi Issacharoff spiegano come bande di teppisti musulmani, insieme a terroristi, minacciavano i cristiani di Betlemme e si impadronivano delle loro case e delle loro attività economiche quando questi fuggivano, e come i funzionari palestinesi chiudessero un occhio su furti e violenze, ignorando le rimostranze dei cristiani.

Gesù (per la Chiesa “ebreo ed ebreo per sempre”) trasformato in “palestinese” dalla propaganda anti-israeliana

Oggi a Betlemme Hamas è molto forte. Nel settembre 2016 le elezioni municipali sono state sospese nel timore che Hamas conquistasse la maggioranza. La comunità internazionale dovrebbe essere preoccupata per il fatto che una città un tempo fortemente cristiana sia diventata una roccaforte di Hamas. Ma preferisce chiudere gli occhi di fronte all’abuso subìto dalla Betlemme un tempo cristiana.

E allora, che Betlemme sia la capitale della Palestina. Mettiamo la questione sul tappeto. Vediamo se il mondo cristiano sarà disposto ad accettare che il suo luogo più santo vanga trasformato nella capitale di coloro che si considerano l’avanguardia del mondo islamico. Betlemme è l’espressione universale della fallimentare politica del porgere l’altra guancia. Coloro che sono rimasti zitti di fronte allo scippo del loro patrimonio cristiano a Gerusalemme quando l’Unesco, su ordine del mondo musulmano, ha convertito il Tempio ebraico (il Tempio di Gesù) in un sacrario esclusivamente islamico; coloro che sono rimasti inerti di fronte al massacro in massa di cristiani nel Medio Oriente musulmano non muoveranno un dito per Betlemme. L’unico deviato sforzo politico che è dato vedere è il raduno di teologi della sostituzione (quelli per cui “la Chiesa ha sostituito Israele nei piani di Dio”) che si ritrovano ogni due anni a Betlemme per inscenare la farsa Christ at the Checkpoint (“Cristo al posto di blocco”). Apparentemente ignari del fatto che il luogo è ormai nelle mani degli islamisti di Hamas, questi pastori farneticanti odiano Israele a tal punto da stravolgere la giusta causa dell’esodo cristiano da Betlemme nell’ennesima campagna “è tutta colpa di Israele”. Costoro non potrebbero che benedire la trasformazione di Betlemme nel glorioso coronamento del trono palestinese.

Graffiti sulla barriera anti-terrorismo a Betlemme inneggiano alla terrorista palestinese Leila Khaled

E’ chiaro come il sole che Hamas, con i voti o con le pallottole (o più verosimilmente con entrambi), si impadronirà del potere in qualsiasi futuro stato palestinese con le stesse tattiche teppistico-mafiose con cui ha preso il controllo a Gaza e a Betlemme.È del tutto ragionevole supporre che un futuro stato palestinese degenererebbe in un nuovo “Hamastan” che non solo minaccerebbe Israele su posizioni sempre più arretrate, ma renderebbe ancora più traballante il regno Hashemita al di là del fiume Giordano. L’ottanta per cento della popolazione della Giordania sostiene di essere palestinese. Un Israele più vulnerabile non potrebbe impedire il rovesciamento del re di Giordania. I palestinesi potrebbero rivendicare Amman come un’altra capitale-trofeo. Qualcuno ricorda “Settembre nero”?

Bisognerebbe chiedersi: ma di quante capitali hanno bisogno i Palestinesi? Hamas, che ha la sua capitale a Gaza, si considera il vero capofila della causa palestinese. L’Autorità Palestinese cerca di mantenere il potere nella sua capitale di Ramallah, dove è sepolto l’eroe fondatore Yasser Arafat. Che bisogno hanno di una terza capitale? Essenzialmente seguono un’antica tradizione islamica: l’espansione del Califfato, con il suo potente messaggio di conquista insito nel costruire imponenti moschee sulle rovine delle altre fedi. Dopo la conquista di Gerusalemme, piazzarono le loro moschee esattamente sulle rovine del Tempio ebraico.

Dopo la distruzione delle Torri Gemelle da parte di terroristi musulmani l’11 settembre 2001, alcune anime pie suggerirono di erigere al loro posto una moschea some espressione della “tolleranza” occidentale. Forse lo stesso spirito di “tolleranza” consentirà ai palestinesi di traslare i resti di Yasser Arafat, l’arciterrorista islamico originario, nella Piazza della Mangiatoia accanto alla Basilica della Natività. Insistiamo, dunque, a proporre Betlemme come capitale palestinese. In fondo, non ha molto più senso che insistere perché lo sia Gerusalemme.

(Da: Jerusalem Post, 31.5.17)