I carnefici, le vittime, i combattenti per la libertà

Hamas fucila in piazza i palestinesi che si battono contro il suo regime dittatoriale e terrorista che manda al massacro i civili di Gaza

fucilaz 5L’hanno chiamata “operazione strangolamento”. Undici persone, tra cui due donne, condannate a morte con l’accusa d’aver collaborato con Israele (nella lotta contro il regime terrorista di Hamas che domina nella striscia di Gaza) sono state trascinate venerdì mattina, imbavagliate e con le mani legate dietro la schiena, nel trafficato incrocio di fronte all’Università Al-Azhar, della città di Gaza. I carnefici hanno atteso che il luogo si riempisse di folla, compresi numerosi bambini, e poi li hanno fucilati con un colpo alla testa, uno per uno.

Lo stesso pomeriggio, un plotone d’esecuzione dall’ala militare di Hamas si è radunato nel complesso della Grande Moschea riservando ai fedeli una macabra sorpresa: i carnefici avevano con sé altre sette vittime, tutti a volto coperto. Una breve raffica, e l’ambulanza in attesa ha potuto portar via il lugubre carico.

Sabato mattina, terza puntata. Altri quattro uomini accusati di collaborare con Israele (nella lotta contro il regime terrorista di Hamas) sono stati trascinati nella piazza principale del campo palestinese di Jabaliya e passati per le armi davanti a centinaia di spettatori e passanti, bambini compresi.

"Sei un barbaro! Vergognati! Rovini la nostra reputazione!"

“Sei un barbaro! Vergognati! Rovini la nostra reputazione!”

Questa è la fine riservata ai “traditori”, agli “agenti del nemico”. E non occorre molta immaginazione per indovinare cosa devono aver subito durante gli interrogatori nelle segrete di Hamas, prima di “confessare” le loro colpe. (Da: Smadar Perry, YnetNews, 24.8.14)

Sono almeno 25, a partire da giovedì scorso, i palestinesi “giustiziati” in questo modo da Hamas,  dopo sommari processi farsa. Ecco come il vice capo del politburo di Hamas, Moussa Abu Marzouk, intervistato venerdì in Qatar dalla tv al-Jazeera, ha giustificato la carneficina: “E’ per via della pressione esercitata su di noi da parte degli abitanti di Gaza, per via delle grida di disperazione, in modo che non ci sia più caos: abbiamo deciso di dissuadere, in modo che nessuno cerchi di fare il furbo”.

I 25 palestinesi assassinati da Hamas (“a sangue freddo” ha detto Tayeb Abdel Rahim, segretario generale della presidenza dell’Autorità Palestinese), la scorsa settimana sulla pubblica piazza, potrebbero essere solo dei poveri innocenti, vittime di un linciaggio perpetrato senza alcuna regola né garanzia né diritto.

Oppure sono dei palestinesi che hanno agito come potevano, alleandosi con l’esercito di una democrazia straniera, contro il regime dittatoriale e terroristico di Hamas che domina Gaza e che la trascina in un vortice di guerra e sofferenze senza senso e senza speranza. Hamas li chiama “collaborazionisti”. In Italia, settant’anni fa, si chiamavano “partigiani”.

 

Una testimonianza dal fronte dell’operazione “Margine protettivo”: l’ardua missione di combattere terroristi che si fanno scudo di civili e bambini

Traduzione: «Sono il tenente Adam Landau, ufficiale operazioni della 188esima Brigata Corazzata, e ho combattuto nell’operazione (di terra) “Margine protettivo”. [Citazione da discorso alle truppe: “Abbiamo iniziato questa operazione con lo scopo di contrastare le capacità dei terroristi di Hamas, per ridare tranquillità alla popolazione d’Israele. Avete tutto il paese dietro di voi, e avete di fronte a voi Hamas e Jiahd Islamica”]. C’è stata molta incertezza per tutta la durata dell’operazione. Non sai se ne uscirai e nemmeno se completerai la missione, ma vai avanti verso dove bisogna andare. Resterò qui ancora un giorno? Due giorni? Una settimana? Ma arrivi alla conclusione che non c’è altra scelta, e così vai dentro. Quando i primi soldati sono entrati a Gaza, noi eravamo ancora al nord, al confine con il Libano. Entro 24 ore eravamo già al confine con Gaza. Quella notte abbiamo dormito, alle sei del mattino abbiamo iniziato a mobilitare e svegliare tutte le truppe. La Brigata Golani era a Shuja’iya (quartiere della città di Gaza città, roccaforte di Hamas) dove c’erano stati alcuni incidenti e i soldati avevano bisogno d’essere tirati fuori. Siamo entrati nei carri e siamo andati a salvarli. Abbiamo visto i terroristi davanti ai nostri occhi. Abbiamo visto un mortaio cadere vicino a noi, solo a due o tre metri di distanza. Siamo entrati davvero forte e abbiamo dato ai soldati un po’ di respiro. Siamo riusciti a portare in salvo i feriti e l’equipaggiamento delle truppe, e tutto quello di cui avevano bisogno, e a continuare a combattere dentro Shuja’iya. Sostanzialmente siamo rimasti là (a Shuja’iya) per l’intera settimana. La strategia di Hamas si basa sul mescolarsi fra la popolazione civile e combattere dalla aree civili. Ci sparavano dalle moschee, dalle scuole e naturalmente dalle case dei civili. Alla fine, se ti sparano da una moschea, per quanto sia difficile non hai altra scelta. E non è facile sparare a una moschea, è un luogo importante per tanta gente, è come una sinagoga. Ma ti ritrovi in una situazione in cui devi rispondere al fuoco verso la moschea perché è da lì che i terroristi ti stanno sparando. Vedi la casa di una famiglia e vedi i panni stesi, vestiti femminili che asciugano al vento. E dietro a tutto questo, un terrorista imbraccia un Kalashnikov e ti spara. Vedi anche come Hamas sfrutta i bambini. Un esempio è capitato al nostro battaglione quando ci mettemmo a cercare un terrorista che sapevamo che si trovava in una certa casa. Improvvisamente è comparso un ragazzino, il terrorista lo ha afferrato ed è scappato con lui. Solo perché un terrorista entra in un’area civile, questo non gli dà immunità. D’altra parte bisogna pensare bene prima di agire perché nessuno vuole far del male a civili innocenti, soprattutto donne e bambini. Questo rende molto difficile conseguire l’obiettivo di eliminare un terrorista, perché si tiene stretto a un bambino piccolo. Era il loro terreno, e a loro non interessa in che casa sono entrati e che cosa tu ne farai di conseguenza. Per loro è un’ottima posizione da cui spararci, o attaccarci, o per nascondersi o nascondere le loro armi, o per nascondere i punti d’ingresso dei loro tunnel. Non c’è molta scelta, non è una nostra decisione: sono i terroristi che hanno preso la decisione e l’hanno messa nelle nostre mani. Noi abbiamo compiuto la nostra missione con successo. C’erano molte minacce che incombevano sugli abitanti, sui soldati, su quelli che vivono vicino alla striscia di Gaza. Grazie alla nostra attività, non ci sono più. Non è una cosa che volevamo né speravamo che accadesse. Siamo qui perché dobbiamo esserci, non perché lo vogliamo. Ha comportato un prezzo doloroso, ma è un prezzo che paghiamo come soldati. E’ il prezzo che paghiamo affinché i civili possano dormire tranquilli».

 

Per scorrere la galleria d’immagini, cliccare sulla prima e proseguire cliccando sul tasto “freccia a destra”: