I messaggi contraddittori dell’Autorità Palestinese

Il pubblico palestinese è disorientato, e certamente non è sollecitato a sperare nella pace.

Di Khaled Abu Toameh

image_2928È veramente difficile, in questi giorni, capire esattamente cosa pensa o cosa vuole l’Autorità Palestinese. Nelle scorse settimane si è espressa con ben più di una voce, inviando sovente messaggi contraddittori. Questo stato confusionale, spiegano alcuni palestinesi di Ramallah, sarebbe direttamente collegato ai negoziati diretti avviati la scorsa settimana a Washington fra la dirigenza dell’Autorità Palestinese e il governo israeliano. Ma la confusione, in realtà, è iniziata già prima dell’avvio dei colloqui diretti.
Dopo una recente visita a Ramallah dell’inviato speciale Usa in Medio Oriente George Mitchell, un rappresentante palestinese disse ai giornalisti, parlando in arabo, che le prospettive di arrivare a un’intesa sulla proposta di colloqui diretti erano scarse. Il rappresentante sosteneva che la missione di Mitchell era terminata con un insuccesso e che non vi sarebbero stati colloqui nel futuro prossimo. Un’ora più tardi, un altro rappresentante ufficiale incontrava brevemente i giornalisti a Ramallah e mandava, questa volta in inglese, un messaggio completamente opposto alla dichiarazione del suo collega di un’ora prima. Questa volta il messaggio era che si era arrivati a una svolta e che i colloqui diretti avrebbero avuto inizio molto presto.
Da allora i palestinesi si sono abituati a sentire analoghi messaggi contraddittori quasi quotidianamente, talvolta dalla bocca dello stesso esponente palestinese.
Dopo la cerimonia della scorsa settimana a Washington, il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha rilasciato una serie di interviste a vari mass-media. In una di queste interviste ha detto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non è serio circa il perseguimento della pace coi palestinesi e che il suo solo obiettivo è quello di prendere tempo. Più tardi Erekat ha diramato una smentita, dicendo che le sue parole erano state citate fuori contesto. In un’altra intervista, Erekat diceva che Israele e palestinesi avevano concordato a Washington le questioni chiave che sarebbero state discusse nei colloqui diretti. Più tardi, quello stesso giorno, su un altro giornale, diceva che le due parti non hanno ancora concordato l’agenda dei negoziati.
Un altro esponente palestinese che era presente ai colloqui ha rilasciato a un certo numero di mass-media arabi dichiarazioni pessimiste circa le prospettive di arrivare a un accordo con il governo Netanyahu. Contemporaneamente un secondo esponente appariva sui network arabi pronunciandosi “in tono ottimista”.
I palestinesi diffondono valutazioni contraddittorie anche riguardo alla posizione dell’amministrazione americana. Mentre alcuni funzionari parlano di un “cambiamento” positivo di Washington a favore dei palestinesi, altri esprimono scetticismo circa gli sforzi di mediazione dell’amministrazione Usa. Alcuni si sono spinti al punto di accusare l’amministrazione del presidente Barack Obama di sostenere tutte le posizioni del governo israeliano nel processo di pace.
Questi messaggi contrastanti, diffusi sia dai rappresentanti palestinesi che dai mass-media palestinesi, generano parecchia confusione nell’opinione pubblica palestinese. I palestinesi non sanno più se Israele vuole o no la pace. Un esponente dell’Autorità Palestinese dice loro che c’è una possibilità di pace, mentre un altro cerca di convincerli che non c’è alcun partner per la pace sul versante israeliano.
I palestinesi che vedono i loro rappresentanti sui network arabi come al-Jazira ricevono l’impressione che il governo israeliano non voglia la pace e che il suo unico obiettivo sia quello di confiscare terre e uccidere palestinesi. Invece i palestinesi che guardano i loro rappresentanti sulle tv occidentali ricevono un messaggio un po’ più moderato. Alcuni esponenti dell’Autorità Palestinese parlano come i loro rivali di Hamas, quando vengono intervistati dai mass-media arabi.
Rilasciare dichiarazioni e poi smentirle, non di rado entro poche ore, è diventato un fatto pressoché quotidiano nella politica dell’Autorità Palestinese. L’esempio più recente è stato quello di Muhammad Dahlan (del Fatah) che, intervistato domenica da un quotidiano arabo, ha denunciato Netanyahu come un “truffatore”. Dopo che le sue parole erano state pubblicate in Israele, l’ex comandante della sicurezza palestinese si è affrettato a diffondere una smentita, sostenendo che le sue dichiarazioni erano state citate fuori contesto.
La scorsa settimana, un alto consigliere di Abu Mazen ha detto che l’Autorità Palestinese avrebbe presto lanciato una campagna per “persuadere” i palestinesi a sostenere il rinnovato negoziato di pace con Israele. Il funzionario ha detto che la campagna, finanziata dagli americani, sarebbe stata simile a quella che è stata lanciata (dal gruppo Iniziativa di Ginevra) per persuadere il pubblico israeliano che Jibril Rajoub, Saeb Erekat e Yasser Abed Rabbo sono validi interlocutori di pace. Invece, anziché rivolgersi all’opinione pubblica palestinese con un chiaro messaggio per la pace, la dirigenza dell’Autorità Palestinese non fa che aumentare la confusione che già regna in Cisgiordania.
Gli analisti palestinesi dicono che i messaggi contraddittori dell’Autorità Palestinese sono il sintomo dello stato di incertezza fra i capi di Ramallah, che trovano qualche difficoltà a spiegare alla loro gente come mai hanno accettato di lasciar cadere tutte le precondizioni che avevano posto, e di avviare trattative dirette con Israele. Per mesi Abu Mazen e i suoi massimi collaboratori avevano detto ai palestinesi che non avrebbero mai negoziato direttamente con Israele se questi non avesse accettato di bloccare definitivamente tutte le attività edilizie in Cisgiordania e a Gerusalemme, e non avesse accettato il ritiro sulle linee del 4 giugno 1967. Poi, un bel giorno, i palestinesi si sono svegliati e si son sentiti dire che i loro leader avevano lasciato perdere tutte le precondizioni.

(Da: Jerusalem Post, 07.9.10)

Nella foto in alto: Khaled Abu Toameh, autore di questo articolo