I veri insediamenti illegali

Come dimostra il caso di Amona, l’edilizia israeliana rispetta la legge mentre Unione Europea e paesi arabi petroliferi finanziano l’edilizia abusiva palestinese

Di Bassam Tawil

Bassam Tawil, autore di questo articolo

Bassam Tawil, autore di questo articolo

Mentre la comunità internazionale continua a stigmatizzare Israele per le costruzioni negli insediamenti ebraici, i palestinesi continuano tranquillamente a costruire interi quartieri in molte parti della Cisgiordania e di Gerusalemme. Oltre a ignorare i progetti edilizi palestinesi, l’Occidente trascura chiaramente una differenza cruciale tra le due attività: mentre la costruzione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e nei quartieri di Gerusalemme è da sempre realizzata in conformità alla legge e alle licenze rilasciate dalle autorità competenti, l’attività edilizia palestinese è a tutti gli effetti abusiva e incontrollata.

L’obiettivo di quest’impresa, condotta dai palestinesi dietro le quinte senza rispettare nessun requisito architettonico e urbanistico, è quello di creare fatti compiuti irreversibili. Basta un breve tour nelle zone che circondano Gerusalemme da nord, est e sud per vedere chiaramente i palazzoni che continuano a sorgere in quelle aree, nella maggior parte dei casi costruiti alla bell’e meglio senza permessi, senza un’adeguata pianificazione e senza porsi alcun problema di sicurezza.

L’avamposto ebraico di Amona, nella Cisgiordania centrale, è stato oggetto per anni, in Israele, di una accesa controversia politica e giuridica che ha attirato i riflettori della comunità internazionale. Dopo un lungo iter legale, la Corte Suprema israeliana lo ha dichiarato illegale perché costruito su terreni successivamente risultati di proprietà privata palestinese, e nel 2014 ha ordinato al governo di sgomberarlo entro due anni. (In questi giorni il governo è riuscito a far accettare ai residenti un compromesso che permetterà lo sgombero dell’avamposto senza resistenze.) Come dimostra il caso di Amona, in Israele nessuno è al di sopra delle legge. Israele vanta infatti un sistema giudiziario indipendente che non è secondo a nessuno.

Tuttavia, proprio mentre in Israele si cerca di risolvere il caso di Amona nel rispetto della legalità, i palestinesi si fanno beffe della legge e dei regolamenti edilizi costruendo edifici e interi quartieri abusivi. Evidentemente gli insediamenti sono “un grande ostacolo” alla pace solo quando sono costruiti da ebrei.

Edilizia abusiva palestinese nei pressi di Shufat e Anata, alla periferia nord-est di Gerusalemme

Da diversi anni, con l’aiuto di donatori occidentali per i quali è inaccettabile solo la costruzione di insediamenti ebraici, i palestinesi lavorando alacremente per creare fatti irreversibili sotto forma non solo di abitazioni monofamiliari, ma anche di grandi caseggiati. L’imponenza di quest’impresa solleva l’interrogativo: chi finanzia queste vere e proprie città dentro le città? E perché? Ci sono buone ragioni per ritenere che dietro vi siano l’Olp, alcuni paesi arabi e musulmani, ma soprattutto l’Unione Europea.

Le strutture palestinesi vengono edificate nelle Aree C della Cisgiordania che, in base agli Accordi di Oslo, dovrebbero essere sotto il controllo esclusivo di Israele (almeno fino a quando non si arriverà a un accordo di pace definitivo fra le due parti). Analoghi edifici proliferano anche in molti quartieri e villaggi che circondano Gerusalemme da nord, est e sud, per poi espandersi verso ovest andando a formare una sorta di grande anello attorno alla città. Di recente, sono sorti interi quartieri arabi intorno a Gerusalemme caratterizzati da affollati palazzoni addossati l’uno all’altro, spesso sprovvisti persino di idonee reti fognarie. I costi degli appartamenti vanno dai 25 ai 50mila dollari: prezzi ridicoli se paragonati al costo reale degli appartamenti nei quartieri (legali) arabi ed ebraici di Gerusalemme, dove oggi è pressoché impossibile acquistare un appartamento di tre stanze a meno di 250mila dollari.

I nuovi quartieri sorgono a Kufr Akab, Samiramis, Kalandya, Beit Hanina, Shufat, Ras Khamis e Anata a nord di Gerusalemme. Nella parte meridionale e in quella orientale della città nuovi quartieri sono spuntati a Ras Al-Amoud, A-Tur, Al-Zaim, Jabal Mukaber, Um Tuba e Jabal Mukaber. Tutte aree che rientrano nei confini municipali di Gerusalemme. Gli stessi funzionari della municipalità ammettono che Israele perderà la battaglia con l’edilizia abusiva palestinese se non si interviene immediatamente. Di recente il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha preso la decisione senza precedenti di chiedere alla Corte Suprema di approvare l’immediata demolizione di 14 strutture costruite abusivamente a Gerusalemme est.

Edilizia abusiva palestinese a sud di Hebron

E’ importante sottolineare che non esiste un’emergenza abitativa nella popolazione araba della città. Non è una crisi abitativa araba ciò che induce all’abusivismo edilizio. L’obiettivo è politico: mostrare al mondo che Gerusalemme è una città araba e non ebraica. Accade spesso che gli appartamenti, pur a basso costo, rimangono vuoti semplicemente perché non esiste un’effettiva domanda.

Ma chi c’è dietro a questa ondata di edilizia abusiva? Stando alla testimonianza degli abitanti arabi di Gerusalemme, molti “imprenditori” sono in realtà ladri di terra e fuorilegge che mettono le mani su terreni privati palestinesi o su quelli i cui proprietari vivono all’estero. Ma fanno anche notare che i progetti sono finanziati da Unione Europea, Olp e alcuni governi arabi e islamici. “Individuano un appezzamento di terreno vuoto e rapidamente se ne appropriano – dice un residente la cui terra è stata “confiscata” da costruttori abusivi – Ti dicono di andare in tribunale, se non sei d’accordo, ben sapendo che prima della fine del procedimento giudiziario loro saranno riusciti a costruire un altro caseggiato e anche a vendere alcuni appartamenti. Molti proprietari terrieri arabi si sentono inermi. Si sentono dire che è dovere nazionale edificare quanto più possibile su ogni terreno vuoto per impedire che lo facciano gli ebrei”.

Edilizia abusiva palestinese a sud di Hebron

I palestinesi stimano d’essere riusciti a costruire negli ultimi anni più di 15.000 unità abitative illegali nelle zone circostanti Gerusalemme, un’attività edilizia che non accenna a diminuire. I finanziamenti provengono in parte dall’Autorità Palestinese e da qualche paese arabo e islamico come Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e altri paesi del Golfo ricchi di petrolio, sebbene i palestinesi continuino a lamentarsi che i finanziamenti arabi e islamici siano inferiori alle aspettative.

Nelle Area C, che coprono circa il 60% della Cisgiordania (ma dove vive meno del 9% della popolazione palestinese di Cisgiordania), l’Unione Europea condanna aspramente la costruzione di case ebraiche definendola illegale, ma finanzia apertamente l’edilizia abusiva palestinese sostenendo che tale sostegno rientra nella categoria “aiuti umanitari” ed è ammissibile secondo il diritto internazionale (anche se vìola gli Accordi di Oslo). Il vero obiettivo è quello di aiutare i palestinesi a creare fatti compiuti irreversibili prima di qualunque eventuale futuro accordo di pace tra palestinesi e Israele.

A questo si aggiunge l’ipocrisia di molti importanti mass-media occidentali che vedono coi loro occhi la costruzione di insediamenti palestinesi in tante zone di Gerusalemme, ma preferiscono parlare solo degli insediamenti ebraici.

(Da: Gatestone Institute, 9.12.16)

Strutture illegali palestinesi costruite in Area C con fondi UE