I veri martiri della fede

Non sarebbe meglio che la Chiesa, prima di Pio XII, si occupasse di chi onorò la fede salvando ebrei?

di Mordecai Paldiel

image_2320Nato nel 1905, padre Giuseppe Girotti era un professore di teologia cattolica al seminario domenicano Santa Maria delle Rose di Torino. Quando la Germania occupò l’Italia nel settembre 1943, padre Girotti si adoperò per salvare numerosi ebrei organizzando nascondigli e vie di fuga dal paese. Tradito da un informatore e sorpreso mentre stava aiutando un ebreo ferito, venne arrestato il 29 agosto 1944 e deportato a Dachau, dove morì l’1 aprile 1945. A Dachau aveva continuato a scrivere il suo commentario biblico sul Libro di Geremia, rimasto incompiuto.
Ad Avon, in Francia, Lucien Bunel (meglio conosciuto come padre Jacques), che dirigeva un collegio cattolico carmelitano, venne arrestato il 15 gennaio 1945 dopo essere stato denunciato per aver offerto rifugio a tre ragazzi ebrei iscrivendoli sotto falso nome nel suo istituto. Deportato a Mauthausen, morì di sfinimento pochi giorni dopo la fine della guerra.
Questi due religiosi subirono il martirio per via della loro umanità, e per la loro devozione alla sostanza della loro fede cattolica. Non sono che due dei tanti religiosi cattolici, uomini e donne, onorati dallo Yad Vashem di Gerusalemme come Giusti fra le Nazioni: la più alta onorificenza conferita dal popolo ebraico a non ebrei che hanno agito nella più nobile tradizione di giustizia e moralità.
Attualmente è in corso un acceso dibattito che oppone coloro che sostengono la causa di beatificazione e canonizzazione di papa Pio XII e coloro che vi si oppongono strenuamente. La discussione ruota attorno al silenzio tenuto in pubblico da quel pontefice di fronte all’assassinio di massa di ebrei per mano nazista.
Quei due preti martiri non optarono certo per il silenzio e l’inerzia, ed anzi si spinsero sino al punto di sacrificare la vita per salvare degli ebrei dai forni della Shoà. Ci chiediamo: non sarebbe più appropriato che la Chiesa cattolica, prima di decidere sui meriti di Pio XII, si preoccupasse innanzitutto di beatificare questi due eroi?
E non sono certo i soli che meriterebbero tale onore. A Slonim, in Polonia, il gesuita Adam Sztark si adoperò per salvare bambini ebrei emettendo falsi certificati di nascita cattolici retrodatati. Sembra che si sia anche infiltrato nel ghetto dove erano rinchiusi gli ebrei per aiutare qualcuno all’interno, e che abbi esortato dal pulpito i suoi parrocchiani ad aiutare gli ebrei a fuggire. Finì arrestato dai tedeschi e fucilato, nel dicembre 1942.
Sempre in Polonia, Matylda Getter, madre superiora delle Sorelle Francescane della Famiglia di Maria, nascose molti bambini nel suo convento di Pludy mentre a Kolonia Wilenska suor Anna Borkowska nascondeva un gruppo di partigiani ebrei del ghetto di Vilna, tanto che costoro poterono organizzare meglio la loro resistenza contando sulla tranquillità e sicurezza del convento.
E l’elenco non si ferma qui.
In Francia, mentre le autorità consegnavano gli ebrei ai tedeschi nell’estate del ’42, Jules-Géraud Saliège, arcivescovo di Tolosa, in una lettera pastorale che ordinò di leggere dai pulpiti della sua diocesi, esclamava: “Gli ebrei sono uomini e donne reali. Non è permesso fare di tutto a questi uomini e donne, a questi padri e madri. Essi fanno parte del genere umano. Sono nostri fratelli come tutti gli altri. Un cristiano non deve mai dimenticarlo”. Saliège non rimase in silenzio: parlò ad alta voce e senza che le sue forti parole provocassero conseguenze apocalittiche per la Chiesa Cattolica di Francia. Anzi, gli storici convengono che il vibrante appello di questo prelato cattolico sortì l’effetto di dare coraggio ad altri religiosi, come il monaco cappuccino Marie-Benoît, che a sua volta salvò molti ebrei dapprima a Marsiglia, in Francia, poi a Roma dove era conosciuto come padre Benedetto. I suoi sforzi divennero leggendari e, dopo la liberazione di Roma, venne celebrato dalla comunità ebraica come “padre degli ebrei”.
In Belgio, Hubert Célis, prete nel villaggio di Halmaal, vicino a St. Trond, ospitò i bambini che gli erano stato affidati da due genitori ebrei, ai quali aveva promesso che, comunque fossero andate le cose, alla fine li avrebbe restituiti alle loro radici ebraiche. Sospettato di nascondere quei bambini, venne arrestato. Davanti al suo inquisitore, Célis alzò la voce: “Lei è cattolico e ha dimenticato che la Vergine Maria era ebrea, che Gesù Cristo era ebreo, che Egli ci ha comandato di amarci e aiutarci l’un l’altro, che ci ha detto: vi ho dato un esempio perché facciate come ho fatto io. Lei è cattolico e non capisce che cos’è un sacerdote! Non capisce che un sacerdote non tradisce!”. Parole che ammutolirono l’inquisitore, e Célis venne rilasciato.
Tornando all’Italia, va ricordata la straordinaria vicenda di Assisi, luogo natale di San Francesco, dove, sotto la guida del vescovo Giuseppe Placido Nicolini, l’intera città venne trasformata in un rifugio per ebrei; e la vicenda di padre Giulio Gradassi di Castiglioni, presso Firenze, che andava in giro con la sua bicicletta a cercare luoghi sicuri per la famiglia ebraica Pick e che, alla vigila della pasqua ebraica, portò loro del pane azzimo; o quella di padre Beniamino Schivo, a Città di Castello, che nascose la famiglia Korn nel convento del Sacro Cuore dove le donne di quella famiglia ebrea stavano vestite da suore e solo la madre superiore sapeva la verità sul loro conto. E si potrebbe continuare.
Tutti questi religiosi cattolici sono stati insigni da Yad Vashem col titolo di Giusti. Durante i ventiquattro anni in cui ho diretto il Dipartimento Giusti fra le Nazioni di Yad Vashem ho avuto il privilegio di svolgere qualche ruolo nell’aggiungere alla lista dei Giusti circa seicento religiosi di tutte le denominazioni cristiane per il loro personale e disinteressato impegno nel salvare ebrei dai nazisti e dai loro collaboratori. Alcuni pagarono con la vita; molti altri per fortuna sopravvissero grazie agli abili inganni con cui raggirarono i nazisti e all’estrema precauzione con cui riuscirono a salvare i loro protetti ebrei insieme a se stessi.
Perché, ci domandiamo, uomini e donne di tale grandezza religiosa vengono trascurati se non addirittura ignorati dalle loro Chiese, mentre dovrebbe essere un dovere morale riconoscere loro il massimo onore da parte delle rispettive Chiese?
Il popolo ebraico ha assolto al suo dovere di “beatificare” questi paladini di fede diversa. Non è forse tempo che le Chiese, cattolica e non, facciano lo stesso: onorare, nel modo che riterranno più opportuno, questi paladini delle loro rispettive fedi, prima di occuparsi del caso assai più amaramente controverso del capo della Chiesa Cattolica Romana durante gli anni della Shoà?

(Da: Jerusalem Post, 4.11.08)

Nella foto in alto: padre Giuseppe Girotti

Si veda (in inglese):
Yav Vashem: The Righteous Among the Nations

http://www1.yadvashem.org/righteous_new/index.html