Il “diritto al ritorno” e’ contro la pace

Lo ha scritto e ripetuto un editorialista saudita su un quotidiano del Kuwait

image_1652In due articoli pubblicati di recente sul quotidiano del Kuwait Al-Siyassa, l’editorialista saudita Yousef Nasser Al-Sweidan sostiene che il cosiddetto “diritto al ritorno” dei profughi palestinesi (all’interno di Israele) non può essere applicato, e l’unica soluzione è la loro naturalizzazione nei paesi dove risiedono attualmente.
Gli articoli di Sweidan sono stati tradotti e diffusi in inglese da MEMRI (Middle East Media Research Project).
Nel primo articolo, pubblicato lo scorso 5 marzo col titolo “L’impossibile diritto al ritorno”, Sweidan scrive: “Lo slogan del ‘diritto al ritorno’ … brandito dalle organizzazioni palestinesi viene percepito come una delle maggiori difficoltà e come il principale ostacolo al rilancio e all’avanzamento di un processo di pace fra israeliani e palestinesi basato sulla Raod Map e sulla formula due popoli-due stati. È del tutto evidente che sradicare i discendenti dei profughi dalle loro attuali abitazioni in Libano, Siria, Giordania e altri paesi per farli tornare in Israele, Cisgiordania e striscia di Gaza è un ideale del tutto utopico e una ricetta per l’anarchia. Di più, è un’idea che non può essere attuata. Non solo perché sconvolgerebbe l’equilibrio demografico in modo pericoloso e rovinoso, con gravi conseguenze politiche, economiche e sociali in un’area geografica piccola e congestionato. Ma soprattutto perché il ritorno contraddice clamorosamente il diritto di Israele come stato sovrano, mentre l’Autorità Palestinese manca delle strutture necessarie per assorbire un così grande numero di immigrati finché il processo di pace … non giunge a compimento. Con tutta evidenza il problema dei profughi è soprattutto il risultato di una serie di errori fatti dai paesi dove essi vivono … come la Siria e il Libano, che li hanno isolati in miseri e spregevoli campi, privi delle basilari condizioni per un’esistenza umana dignitosa. Anziché aiutarli a diventare cittadini pienamente integrati nelle loro nuove società, li hanno trasformati in vittime dell’isolamento e della sofferenza … Successivamente è accaduta la cosa peggiore, quando i servizi di intelligence arabi hanno usato le organizzazioni palestinesi come uno strumento per regolamenti di conti in conflitti interni arabi che probabilmente non hanno nulla a che vedere coi palestinesi … Gli israeliani, d’altro canto, sono stati civili e umani nel trattare le migliaia di profughi ebrei che avevano perso beni, case e lavoro nei paesi arabi, costretti a emigrare in Israele dopo la guerra del 1948. Le autorità israeliane li hanno accolti, li hanno aiutati, hanno fornito loro le condizioni di cui avevano bisogno per integrarsi nella loro nuova società … Le menzogne del regime ba’athista siriano, e la falsità dei suoi slogan su ‘diritto al ritorno’, ‘risolutezza’, ‘resistenza’, ‘lotta nazionale’ e tutte le altre ridicole parole d’ordine, appaiono evidenti di fronte al fatto che, a tutt’oggi, decine di famiglie palestinesi sono ancora bloccate nel deserto al confine fra Siria e Iraq perché il regime siriano si rifiuta di lasciarli entrare nella sua orribile repubblica ba’athista e tornare al campo di Yarmouk. I paesi arabi dove vivono i profughi palestinesi – conclude Sweidan – devono approvare le leggi che occorrono per integrare gli abitanti di questi campi nelle loro società. E devono garantire loro istruzione e servizi sanitari, e concedere loro libertà di impiego e di movimento e il diritto di possedere immobili anziché insistere con la loro politica di esclusione che delega ad altri tutta la responsabilità per i profughi, mentre continuano a spacciare l’illusione di un ritorno”.
Nel secondo articolo, pubblicato lo scorso 16 marzo col titolo “La soluzione è la naturalizzazione”, Sweidan scrive: “Non v’è dubbio che i profughi palestinesi in Siria e Libano, che per lunghi anni sono stati nutriti dai loro ospiti arabi con sogni impossibili e scintillanti promesse ben presto infrante, non hanno bisogno di altri sessant’anni di miseria, disgrazie e sofferenze … per capire intuire per la millesima volta che tutte le chiacchiere circa il ‘ponte del ritorno’ sono senza senso e ingannevoli: una favola che esiste soltanto nella vecchia, logora demagogia della propaganda araba … In realtà non esiste nessun ‘ponte del ritorno’ … a parte il ponte che dobbiamo attraversare oggi … che si chiama processo di pace e normalizzazione delle relazioni fra arabi e Israele. Senza dubbio gli arabi non possono continuare a evitare l’applicazione di un processo di pace che non ammette ulteriori ritardi. Qualunque ritardo costerebbe caro alle società arabe, nel presente e in futuro, alla luce dei drastici cambiamenti strategici in Medio Oriente, che richiedono una soluzione immediata e definitiva dei conflitti arabo-israeliani, e che le due parti volgano congiuntamente le loro energie ad affrontare la minaccia nucleare iraniana, che ci mette tutti in pericolo. Nel momento in cui il processo di pace in Medio Oriente acquista impeto e le forze regionali e internazionali mantengono il loro impegno sulla necessità di trovare una soluzione … cresce la necessità di arrivare a una decisione realistica e coraggiosa, che garantisca una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi grazie alla loro naturalizzazione nei paesi che li ospitano come la Siria, il Libano e altri. Anche se è un progetto umanitario, esso richiede intensi sforzi a livello legislativo, economico, logistico e amministrativo per integrare organicamente i palestinesi nel tessuto sociale, economico e politico delle società arabe … Secondo ogni criterio concepibile e accettabile – conclude Sweidan – la naturalizzazione dei profughi è la soluzione inevitabile per questo cronico problema umanitario. Il fatto che essa costituisca parte importante del complessivo processo di pace e della storica riconciliazione fra arabi e israeliani contribuirà a rafforzare e a perpetuare la naturalizzazione stessa”.

(Da: Jerusalem Post, 16.04.07)

Nell’immagine in alto: Una rappresentazione delle rivendicazioni territoriali palestinesi (con la chiave-simbolo del “ritorno”): Israele non esiste.