“Il mondo si è bevuto le false cifre di Hamas”

L'accurato censimento delle vittime condotto dall’esercito israeliano smonta la versione ufficiale palestinese

image_2411Quattro settimane dopo la conclusione della controffensiva israeliana anti-Hamas nella striscia di Gaza, domenica le Forze di Difesa israeliane hanno aperto il dossier delle vittime palestinese presentando al Jerusalem Post una panoramica decisamente contrastante con le cifre palestinesi che finora hanno costituito la base di ogni analisi del conflitto.
Mentre il Palestinian Center for Human Rights, le cui cifre sul numero di caduti sono state ampiamente citate in tutto il mondo, parla di 895 civili di Gaza uccisi nei combattimenti, pari a più di due terzi del totale dei morti palestinesi, le cifre mostrate dalle Forze di Difesa israeliane al Jerusalem Post pongono il numero di civili morti a meno di un terzo del totale.
Alla comunità internazionale è stata data un’impressione ampiamente distorta delle vittime a causa dei “falsi rapporti” di Hamas, spiega Moshe Levi, capo dell’Ufficio di collegamento e coordinamento delle Forze di Difesa israeliane, incaricato di compilare le cifre.
A titolo di esempio di tale distorsione, Levi cita l’incidente occorso alla scuola dell’Unrwa di Jabalya il 6 gennaio, nel quale gli iniziali rapporti di fonte palestinese sostenevano falsamente che bombe israeliane avessero colpito in pieno l’edificio uccidendo più di 40 persone, quasi tutti civili. Invece, dice Moshe Levi, in quell’incidete morirono 12 palestinesi: nove operativi di Hamas e tre non combattenti. Inoltre, come le stesse Nazioni Unite hanno successivamente ammesso, i militari israeliani non fecero altro che rispondere al fuoco, e nel farlo non colpirono affatto l’edificio della scuola.
“Sin dall’inizio Hamas ha sostenuto che fossero state uccise 42 persone, ma coi nostri sistemi di controllo noi potevamo vedere che venivano fatte arrivare solo poche lettighe per evacuare le persone” continua Levi, e aggiunge che l’Ufficio di collegamento ha contattato il Ministero della sanità dell’Autorità Palestinese per chiedere i nomi delle vittime: “Ci è stato risposto che Hamas nasconde il numero esatto dei morti”.
A causa di questa disinformazione, continua Levi, le Forze di Difesa israeliane stanno pensando di creare un “team di risposta” per gli eventuali prossimi conflitti, il cui compito sarebbe quello di raccogliere informazioni, analizzarle e diffondere il più rapidamente possibile dei rapporti che smontino le invenzioni di Hamas (anche se diffondere una menzogna è sempre più rapido e più semplice che diffondere una verità accertata e controllata, specie in tempo di guerra).
Basando il lavoro sulla cifra ufficiale palestinese di 1.338 morti, Levi spiega che l’Ufficio di collegamento ha finora identificato più di 1.200 caduti palestinesi, che nel suo rapporto di 200 pagine vengono elencati con il loro nome, il numero d’identità ufficiale dell’Autorità Palestinese, le circostanze della morte e, dove è il caso, il gruppo terrorista a cui erano affiliati.
L’Ufficio afferma che 580 di questi 1.200 sono stati senza alcun dubbio identificati come membri attivi di Hamas e di altri gruppi terroristi. Circa 300 –donne, bambini sotto i 15 anni e uomini sopra i 65 anni – sono stati classificati come non combattenti. Tra le donne, tuttavia, c’erano anche diverse terroriste, tra cui almeno due donne che hanno tentato di farsi esplodere vicino alle unità della Brigata Givati e della Brigata Paracadutisti. Classificati come non combattenti anche mogli e figli di Nizar Rayyan, un comandante militare di Hamas che rifiutò di lasciare che i suoi famigliari abbandonassero la sua abitazione anche dopo che era stato avvertito da Israele che l’edificio stava per essere bombardato.
I 320 non ancora identificati sono tutti giovani maschi adulti: casi per cui il processo di identificazione deve ancora essere completato, ma le Forze di Difesa stimano che per almeno due terzi si tratti di operativi di gruppi terroristici.
L’Ufficio di collegamento ha fornito al Jerusalem Post diversi nomi di caduti che le fonti palestinesi avevano classificato come “personale medico”, ma che secondo l’Ufficio erano invece combattenti di Hamas, come ad esempio Anas Naim, nipote del ministro della sanità di Hamas Bassem Naim, ucciso nel corso di scontri a fuoco con i soldati israeliani il 4 gennaio nel quartiere Sheikh Ajlin della città di Gaza. Dopo gli scontri, la stampa palestinese diede notizia dell’uccisione di Naim dicendo che era un medico della Mezzaluna Rossa palestinese. L’Ufficio di collegamento, invece, è in possesso di fotografie pubblicate sul sito web di Hamas in cui Naim è in posa con tanto di lanciarazzi e mitra Kalashnikov.
Levi sottolinea comunque che in nessuna occasione i civili sono mai stati presi deliberatamente di mira, e che anzi venne fatto tutto il possibile per cercare di ridurre al minino le vittime involontarie (autenticamente) civili.
Il lavoro sulle liste dei caduti, avviato già durante la controffensiva sotto la direzione di Levi, viene portato avanti da una squadra speciale sotto la guida dell’Ufficio di collegamento che coordina i suoi sforzi con i servizi di sicurezza, operando sulla base di informazioni e cifre diffuse dal ministero della sanità di Hamas, dai mass-media attivi a Gaza e da altre fonti palestinesi e dell’intelligence israeliana.

(Da: Jerusalem Post, 16.02.09)

Nella foto in alto: Immagine di Anas Naim, descritto dalle fonti palestinesi come “medico”, morto il 4 gennaio a Gaza in uno scontro a fuoco con i soldati israeliani.