Il paese che Israele vuole essere

Se la guerra è un inferno, la guerra contro il terrorismo è un inferno ancora peggiore.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_461Se la guerra è un inferno, la guerra contro il terrorismo è un inferno ancora peggiore. È facile sminuire le cose a tavolino, ma nella realtà è persino difficile persino immaginare il peso che grava su giovani soldati chiamati a combattere contro nemici che deliberatamente si mimetizzano da civili e che arrivano al punto di usare i propri civili come scudi umani. I soldati israeliani hanno dovuto imparare, a proprie spese, a non fidarsi mai di nessuno. A un posto di blocco alcuni soldati hanno perso la vita perché erano si erano affrettati a soccorrere una donna che sembrava una madre incinta sul punto di svenire, e invece era l’ennesimo mascheramento di una terrorista suicida. Alcuni bambini palestinesi sono stati sorpresi mentre piazzavano ordigni per conto dei terroristi, altri mentre si avvicinavano ai soldati con addosso cinture esplosive. Persino le ambulanze sono state usate per trasportare armi, bombe e terroristi palestinesi.
Queste spaventose difficoltà, tuttavia, non giustificano il fatto di non fare tutto il possibile per evitare l’uccisione di non combattenti, in particolare minorenni.
Il nostro obiettivo non è quello di adeguarci a degli standard internazionali che sembrano valere solo per Israele. Il nostro obiettivo deve essere quello di rispettare i nostri standard, gli standard del paese che vogliamo essere.
Vogliamo essere un paese in cui ogni soldato, e a maggior ragione ogni ufficiale e ogni generale, consideri gli standard etici come parte integrante del criterio su cui valutare se stesso e la propria efficacia militare. Un soldato o un ufficiale che improvvisi arbitrariamente le proprie regole d’ingaggio o umili gratuitamente le gente a un posto di blocco deve essere considerato come un fallimento per se stesso, per la sua unità, per il suo paese e per le causa per cui combatte.

(Da: Jerusalem Post, 28.11.04)