Il più grave problema in Medio Oriente? I metal detector agli ingressi del Monte del Tempio

Chi si adopera per scongiurare nuovi spargimenti di sangue e chi invece getta benzina sul fuoco

Editoriale del Jerusalem Post e Avi Issacharoff

Esortati dai loro leader politici e religiosi, musulmani palestinesi pregano davanti agli ingressi alla spianata delle moschee: si rifiutano di entrare se non possono farlo senza passare attraverso i metal detector

Scrive l’editoriale del Jerusalem Post: «Definire “potenzialmente esplosiva” la zona dentro e attorno al Monte del Tempio di Gerusalemme è certamente un eufemismo. Purtroppo vi sono tutti gli elementi per una possibile esplosione di violenza: una moltitudine di musulmani indignatissimi per le misure di sicurezza adottate da Israele dopo il letale attentato di venerdì, una quantità di mass-media arabi assai esperti nell’alimentare l’istigazione contro Israele, il forte desiderio da parte di leader e mass-media arabi di spostare l’attenzione dai conflitti interni in Siria, Iraq e fra gli stati del Golfo verso “l’entità sionista”. Ci si sono messe pure le condizioni meteo particolarmente torride in queste settimane nella regione, che sembrano fatte apposta per portare i nervi a fior di pelle. La situazione è ulteriormente esacerbata dalla generale riluttanza dei parlamentari arabo-israeliani della Lista Araba Comune a denunciare l’attacco condotto da tre cittadini arabo-israeliani di Umm el-Fahm (causando la morte di due poliziotti arabo-israeliani della comunità drusa). Il meglio che sono riusciti a fare è stato reiterare una generica presa di posizione contro l’uso della violenza nella lotta per l’indipendenza palestinese, senza perdere l’occasione per incolpare di tutto “l’occupazione israeliana”. Non sono mancati, infine, gli appelli da parte di alcuni israeliani di destra che vorrebbero spingere lo stato, dopo questo attentato, a consolidare il proprio controllo sul luogo sacro, ad esempio permettendo che vi abbiano luogo preghiere ebraiche (cosa vietata dalle norme dello status quo che Israele ha sempre salvaguardato).

A beneficio delle telecamere di tutto il mondo, musulmane palestinesi si rifiutano di entrare sulla spianata delle moschee attraverso i metal detector

La decisione del governo israeliano di chiudere rapidamente l’accesso di chiunque al Monte del Tempio subito dopo l’attentato, dichiarando pubblicamente il giorno stesso che la chiusura sarebbe stata breve e che non vi sarebbero stati cambiamenti dello status quo, sembra aver funzionato, almeno per ora. Fino al momento in cui scriviamo, il provvedimento adottato è riuscito a scongiurare ulteriori gravi violenze. E’ però necessario che i capi arabi e musulmani si comportino in modo ben più responsabile. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha denunciato l’attacco in una rara telefonata, venerdì sera, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ma non lo ha fatto in arabo, rivolto alla popolazione palestinese.

Degli arabi con cittadinanza israeliana hanno contrabbandato armi all’interno di un luogo santo e hanno profanato un sito destinato alle preghiere e alle invocazioni a Dio spargendo il sangue di due esseri umani innocenti. Eppure, anziché denunciare questa mostruosità, i palestinesi e il mondo arabo e musulmano in generale si sono scagliati contro le ovvie e doverose misure di sicurezza adottate da Israele dopo all’attentato. Poco dopo l’attacco, venerdì mattina, re Abdullah di Giordania ha pubblicamente criticato la decisione di Israele di bloccare temporaneamente l’accesso al Monte del Tempio. Evidentemente Abdullah è stato spinto a farlo dalla necessità di sfoggiare davanti a giordani, che per la maggior parte sono di origine palestinese, una posizione dura verso Israele. Tuttavia, per riguardo verso la sua alleanza con Israele, il re di Giordania avrebbe potuto almeno ritardare le sue critiche contro quella che era una mossa perfettamente ragionevole da parte di Israele, che mirava a prevenire conflitti e pericolose reazioni a caldo se folle di musulmani si fossero ammesse nel complesso dove il sangue era stato appena sparso a causa dei terroristi.

I controlli di sicurezza, completi di metal detector, in vigore da anni all’ingresso della spianata del Muro Occidentale (“del pianto”)

Proprio come Netanyahu ha fatto bene a decidere, dopo essersi consultato coi funzionari della sicurezza, di chiudere il Monte del Tempio nell’immediatezza dell’attacco terroristico, allo stesso modo ha agito in modo responsabile quando, domenica, ha disposto una graduale riapertura del sito, questa volta allestendo un nuovo sistema di sicurezza: semplici metal detector agli ingressi. Purtroppo, anche questo modesto tentativo di impedire il ripetersi di spargimenti di sangue è stato accolto da un’esplosione di caratteristica intransigenza araba e palestinese, che ha voluto vedervi ad ogni costo un subdolo tentativo da parte di Israele di modificare lo status quo. Facendo ricorso al classico espediente di ribaltare le responsabilità e “incolpare la vittima”, il parlamentare arabo-israeliano Taleb Abu Arar ha dichiarato al Jerusalem Post che l’introduzione dei metal detector avrebbe portato a ulteriori spargimenti di sangue. Di più. Ha accusato Israele di voler approfittare della situazione per “imporre un controllo totale su tutto il complesso”, come se Israele fosse preso dal capriccio di impiegare più personale e più energie per mettere in sicurezza l’area del Monte dei Tempio per la popolazione prevalentemente musulmana che vi fa visita. Da molti anni tutti i visitatori, israeliani e turisti compresi, accedono all’adiacente piazzale del Muro Occidentale (“del pianto”) solo dopo aver superato un controllo di sicurezza ed essere passati attraverso un metal detector. E nessuno ha mai trovato la cosa offensiva o disonorevole, ben capendo che lo scopo è quello di tutelare l’incolumità di tutti. Dopo l’attentato di venerdì, appare chiaro che un sistema analogo deve essere messo in atto agli ingressi della spianata delle moschee sul Monte del Tempio. La legittima preoccupazione che tale misura possa creare code e ritardi è un dettaglio tecnico che può e deve essere discusso in modo costruttivo con i responsabili israeliani della sicurezza. Ma ciò non ha nulla a che vedere con la campagna allarmista e vittimistica immediatamente lanciata da irresponsabili autorità arabe e islamiche.

I nervi sono a fior di pelle. Finora il governo israeliano ha agito in modo responsabile, ignorando gli appelli di chi vorrebbe provvedimenti più drastici che modificherebbero davvero lo status quo. Questa politica deve continuare. Non si deve permettere che prevalgano paure irrazionali e fanatismo religioso.» (Da: Jerusalem Post, 17.7.17)

Avi Issacharoff

Scrive Avi Issacharoff: «Poco prima delle 12.30 di domenica, l’ora in cui Israele aveva annunciato che, come promesso, avrebbe riaperto la spianata delle moschee sul Monte del Tempio ai fedeli musulmani, un gruppo dignitari del Waqf, l’ente islamico che gestisce il luogo sacro, si è presentato alla Porta delle Tribù, uno dei punti di ingresso dove le forze di sicurezza israeliane avevano installato i nuovi metal detector per impedire l’introduzione clandestina di armi bianche e da fuoco all’interno del sito. La decisione di installare i metal detector agli ingressi del complesso era la conseguenza più visibile dell’attentato di venerdì, che aveva visto tre terroristi arabi israeliani originari di Umm al-Fahm uscire armi alla mano dal complesso del Monte del Tempio e uccidere a sangue freddo i poliziotti Kamil Shnaan e Haiel Sitawe, sparando loro alle spalle mentre erano in servizio di vigilanza in un vicolo vicino. Vedi il filmato su Times of Israel. I metal detector all’ingresso della spianata delle moschee non sono una novità assoluta, ma finora erano presenti solo alla Porta Mughrabi, l’unico accesso al Monte del Tempio utilizzato dai visitatori non musulmani. I funzionari del Waqf erano stati informati in anticipo che domenica avrebbero trovato i metal detector alla Porta delle Tribù. Ma sapevano anche che sarebbero stati presenti numerosi fotoreporter di mass-media internazionali pronti a filmare la scena, ed evidentemente hanno deciso di approfittare dell’occasione per inscenare una pericolosa farsa, sapendo che sarebbe trasmessa in tutto il mondo. Gli agenti di polizia hanno subito chiarito ad Ahmed Omar al-Kiswani, direttore della moschea al-Aqsa, e al giudice capo della sharia, Wasef al-Bakri, che loro – in quanto personalità note alle forze di sicurezza – non avrebbero dovuto passare attraverso i metal detector e che potevano accedere direttamente al sito.

Dignitari musulmani del Waqf si apprestano a pregare, domenica, davanti all’ingresso alla spianata delle moschee di Gerusalemme come se le autorità israeliane impedissero loro l’accesso

Ma loro, invece di entrare, si sono teatralmente fermati davanti al posto di controllo e hanno iniziato a protestare rumorosamente contro quella che definivano “un’aggressione di Israele alla moschea di Al-Asqa”. “Non accetteremo questa violazione dello status quo – si sono messi a gridare – e torneremo nella moschea solo quando lo status quo sarà ripristinato. Non tollereremo controlli di sicurezza alla mosche al-Aqsa, non passeremo attraverso queste porte”. Dalla folla dei presenti si è subito levato lo slogan “Allahu akbar”. A quel punto i funzionari del Waqf e i dignitari che li accompagnavano, insieme a molti altri fedeli, si sono messi a pregare appena fuori l’ingresso del Monte del Tempio a beneficio di tv e fotocamere, come se fosse loro impedito l’ingresso: e le immagini sono state immediatamente rilanciate su innumerevoli mass-media, specialmente nel mondo arabo. Al-Kiswani, che si stava chiaramente godendo la ribalta, ha concesso interviste mentre istruiva i fedeli a non entrare nella moschea per pregare finché fossero in funzione i metal detector. Al-Kiswani sapeva benissimo che i tre terroristi di venerdì hanno introdotto sul Monte del Tempio le armi poi usate per uccidere i poliziotti. Sapeva anche che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva parlato sabato sera della riapertura del complesso con re Abdullah di Giordania, che paga il suo stipendio di direttore della al-Aqsa. Ma ha ugualmente deciso che questa era la reazione appropriata da adottare.» (Da: Times of Israel, 17.7.17)

Nella giornata di lunedì è andata avanti la sceneggiata delle preghiere davanti ai metal detector, unita in alcuni casi a tafferugli e lanci di pietre. Un fedele musulmano di nome Nizam Ali, intervistato davanti ai metal detector da Jerusalem On line, ha dichiarato: “Ebrei, sappiate che l’esercito di Maometto è pronto e che noi resteremo qui con la forza. Non accetteremo nessun cambiamento. La nostra forza è la nostra determinazione. Al-Aqsa è più forte di tutti, anche dell’occupazione corrotta”. Ibrahim, un altro fedele musulmano, ha detto a Jerusalem On line: “Avete pianificato voi l’attentato, è Israele che ha portato dentro le armi e ha reclutato quelle persone. Lo avete fatto per rubare la sovranità su al-Aqsa”. Intanto Hamas, sempre lunedì, diffondeva il seguente messaggio: “Salutiamo i guardiani della al-Aqsa e i credenti che si rifiutano di entrare passando attraverso i metal detector, che hanno lo scopo di rafforzare i controlli di sicurezza. Questa misura pericolosa e senza precedenti è destinata a fallire senza garantire la sicurezza ai sionisti. Esortiamo il nostro popolo a vendicarsi contro le forze d’occupazione sioniste, e i figli del popolo islamico e dei paesi arabi a sostenere la resistenza di Gerusalemme”. (Da: Jerusalem On line, 17.7.17)