Il successo ecologico israeliano

Per la prima volta un convegno a Sde Boker sponsorizzato dallOnu porterà Israele a modello della lotta contro la desertificazione

Di Alon Tal, dipartimento di ecologia del deserto, Università Ben-Gurion

image_1424“Far fiorire il deserto” è uno degli principi lasciati in eredità da David Ben-Gurion che ha acceso l’immaginazione degli agricoltori israeliani, dei donatori internazionali e del movimento sionista per più di mezzo secolo. Il primo ministro fondatore di Israele rimase coerente con la sua idea e stupì l’intera popolazione israeliana quando, nel 1953, lasciò il suo posto di capo del governo per trasferirsi a Sde Boker, un lontano kibbutz nel deserto del Negev. Là visse cercando di realizzare la profezia di Isaia: “Il deserto e la terra arida gioiranno; il deserto si rallegrerà e fiorirà”.
Dal 6 novembre 2006 Sde Boker sarà di nuovo un punto di attrazione in Israele, quando l’Istituto per gli studi sul deserto Jacob Blaustein dell’Università Ben Gurion co-ospiterà un importante convegno internazionale di quattro giorni intitolato “Deserts and Desertification – Challenges and Opportunities”. Il suo co-sponsor – the United Nations Convention to Combat Desertification – rappresenta il meccanismo-chiave internazionale per affrontare uno dei maggiori problemi ecologici del pianeta.
Questa è la prima volta che le Nazioni Unite danno totale supporto a un’iniziativa accademica israeliana. Decine di eminenti scienziati, politici e operatori sul campo – dal ministro dell’ambiente della Nigeria a diplomatici di Giordania e Turchia, ad attivisti dell’interesse pubblico dal Burkina Faso e dal Mali – verranno in Israele per parlare delle condizioni delle terre aride nel mondo e di come affrontare le cause dirette e indirette di desertificazione. Tra gli argomenti discussi ci sarà l’esperienza di Israele nel bonificare le sue terre degradate.
Il convegno non è certamente un esercizio accademico esoterico, perché ci sono seri motivi di preoccupazione. La desertificazione, o la degradazione del suolo nelle terre aride, è un problema mondiale di dimensioni enormi. Un recente rapporto molto esauriente sponsorizzato dalla Banca Mondiale, il “Millennium Ecosystem Assessment”, valuta che il 10-20% del suolo mondiale soffra di un significativo degrado: vale a dire 6-12 milioni di km quadrati di terra che non riescono più a produrre secondo il loro potenziale naturale. Circa 400 milioni di persone delle popolazioni più povere del mondo ne subiscono gli effetti negativi. I sintomi si vedono spesso nei notiziari serali: carestia, profughi, povertà totale e perfino violenza. Purtroppo gli sforzi internazionali per affrontare la miriade di cause sono stati parzialmente inadeguati, e in molte regioni la desertificazione si sta estendendo.
Ciò che rende la desertificazione particolarmente tragica è il fatto che si tratta di uno dei pochi problemi ecologici mondiali per cui esistono soluzioni chiare. Israele è una prova vivente del fatto che, quando un paese fa della conservazione del suolo, dell’irrigazione, del rimboschimento e dell’agricoltura desertica sostenibile una priorità nazionale, la tendenza non diventa necessariamente ineluttabilità.
Quando Israele ottenne l’indipendenza, il deserto del Negev si estendeva fino a Gedera, che è oggi un sobborgo meridionale di Tel Aviv. Dopo secoli di sfruttamento intensivo dei pascoli e di pessima manutenzione, il Negev settentrionale, una regione un tempo molto produttiva, si era in gran parte trasformato in deserto. Quando si legge la porzione della Torah sul viaggio di Abramo attraverso il deserto verso la terra promessa, quello che emerge è uno stile di vita nomade che era basato su un equilibrio con il difficile ambiente della regione. Questo equilibrio andò perduto per molti secoli. In un certo senso, nel 1948 il popolo ebraico dovette rapidamente imparare di nuovo come vivere in armonia con la propria terra.
Perfino con le sue magre risorse di neonato paese emergente, Israele si mise d’impegno per bonificare il proprio patrimonio terriero. Negli anni ‘50 furono attuati progetti di infrastruttura idrica che portavano acqua dal nord piovoso all’arido sud. Furono costituiti insediamenti che prima inventarono e poi diffusero le tecnologie di irrigazione a goccia per produrre fiorenti economie agricole locali. Il Fondo Nazionale Ebraico riuscì a piantare alberi su terre aride e saline che la letteratura professionale aveva da tempo definito inutilizzabili. Lo sfruttamento dei pascoli venne organizzato e limitato, in modo che non fosse eccessivo per la capacità del terreno.
L’esperienza israeliana non fu priva di errori. Le falde acquifere furono troppo sfruttate. A volte furono piantate coltivazioni inadatte. Per troppo tempo prevalse una politica di “conquistare il deserto” invece che di “convivere con il deserto”. Ma l’impulso di trasformare le terre degradate di Israele rimase un impegno nazionale primario, ed il processo per tentativi ed errori cominciò a dare risultati. Oggi Sde Boker vanta un campus per studenti che vengono da tutto il mondo per conseguire la laurea in Studi sul deserto, studiando argomenti che vanno dall’agricoltura sensibile al clima alla coltivazione delle alghe nel deserto.
E’ stato da tempo osservato che i problemi più gravi dell’umanità non ottengono adeguata copertura dai mass-media, presumibilmente perché la gente non ha voglia di sentir parlare di fame, povertà e devastazione ecologica. Le soluzioni a questi problemi trovano ancora più difficoltà a comparire nei titoli di stampa. In risposta alla gravità della situazione del suolo in molte parti del mondo, l’ONU ha proclamato il 2006 Anno internazionale dei deserti e della desertificazione, sperando che tutti i paesi del mondo si rendano pienamente conto del problema. Ma tale proclamazione non si è guadagnata nemmeno le ultime pagine dei giornali. Il convegno a Sde Boker cercherà di trasmettere un messaggio agli israeliani, oltre che ai 35 paesi che manderanno i loro rappresentanti: con l’ingegno ed il rispetto per i limiti ecologici, le terre aride possono essere una fonte di opportunità economiche e di crescita spirituale.
E’ soprattutto importante ricordare che Israele non è degno dell’attenzione dei mass-media solo come punto focale dei conflitti in Medio Oriente. Il nostro sarebbe un mondo migliore se riconoscesse che il piccolo stato ebraico ha affrontato uno dei maggiori problemi ecologici del pianeta ed ha avuto successo come nessun altro paese nella regione.
Il convegno di novembre a Sde Boker si svolgerà a poche centinaia di metri dalla semplice tomba di David Ben-Gurion, posta sull’orlo del precipizio che si affaccia sul deserto di Zin: un tributo e un ricordo imperituro agli ideali del “vecchio David”.

(Da: Jerusalem Post, 31.11.06)

Si veda anche (in inglese):
Deserts and Desertification: Challenges and Opportunities, 6-9 November, 2006

http://www.desertopportunities.org/site/