Il tragico lascito di Arafat

Quando morì Stalin, milioni di russi piansero luomo che aveva assassinato milioni di loro concittadini. Un lascito simile è quello di Yasser Arafat.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_429Quando morì Stalin, milioni di russi piansero l’uomo che aveva assassinato milioni di loro concittadini. Ancora oggi c’è chi rimpiange Stalin, sebbene la storia consideri il suo dominio uno dei periodi più cupi di quel paese.
Un lascito simile è quello di Yasser Arafat.
Arafat è responsabile per la morte di innumerevoli più palestinesi che israeliani: tantissimi nel lungo e brutale cammino per diventare “l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese”, per non dire dei molti che sono morti nella guerra, totalmente evitabile, attualmente in corso.
Eppure sarà pianto, e sinceramente, da milioni di palestinesi non solo come un capo carismatico, ma come un padre della patria, come l’uomo che ha creato dal niente il nazionalismo palestinese e che ha imposto all’agenda internazionale la mancanza di stato della sua gente.
Un padre della patria, tuttavia, che è stato tutt’altro. Definendo il nazionalismo palestinese con un solo obiettivo, la cancellazione di Israele, Arafat più di qualunque altro leader ha negato uno stato al suo stesso popolo. Arafat è stato un distruttore, non un costruttore, perché oltre ad essere un padre fondatore del nazionalismo palestinese, è stato il padre fondatore di qualcosa di ben più vasto: il moderno terrorismo.
Arafat ha dimostrato che il terrorismo può servire per ottenere legittimazione più che per perderla. Se non fosse stato terrorista, non sarebbe mai arrivato al podio delle Nazioni Unite nel 1974 con la pistola alla cintola, né al prato della Casa Bianca il 13 settembre 1993, né da Tunisi a Gaza dieci anni fa.
Naturalmente questi ultimi due traguardi vennero raggiunti con la promessa di porre fine al terrorismo, promessa che Arafat non ha mai mantenuto. Persino durante i giorni migliori del processo di Oslo, vari esponenti palestinesi di tanto in tanto ammettevano francamente che il terrorismo era stato semplicemente sospeso fino a quando non sarebbero più riusciti a strappare altro da Israele al tavolo delle trattative. Quel momento giunse al summit di Camp David del luglio 2000, quando Arafat si trovò di fronte a un scelta molto semplice: iniziare a edificare lo stato per il quale sosteneva d’essersi battuto o tornare al terrorismo nella lotta per tutta la terra, Israele compreso.
Ora i successori di Arafat potrebbero avanzare la richiesta che venga sepolto a Gerusalemme. L’amara beffa è che, se Arafat avesse accettato l’offerta di Barak, oggi assai probabilmente verrebbe sepolto senza problemi nella metà palestinese di Gerusalemme, capitale dello stato palestinese. Invece, avendola rifiutata, questo non avverrà, quasi a simboleggiare la condizioni di “senza stato” che egli stesso a perpetuato.
Arafat lascia un’altra pesante eredità: la prima società nella storia che ha glorificato su scala nazionale, a cominciare dai bambini delle elementari, l’assassinio di gente innocente tramite suicidio. Resta da vedere come questa società – alimentata con le fantasie del “ritorno”, nella convinzione che ogni città israeliana sia un “insediamento”, e nell’idea che Israele si trovi tutto su “terra rubata ai palestinesi” – come potrà insegnare un nazionalismo che non sia fondi sulla cancellazione di Israele.
E’ difficile immaginare che gli immediati successori di Arafat riescano a fare qualcosa che inizi a portare la loro gente su questa nuova strada. E così già si incomincia a dire che Israele, con Arafat, perde un’opportunità perché Arafat era l’unico che avrebbe potuto porre fine una volta per tutte alla guerra con Israele. È vero il contrario. Proprio il carisma di Arafat, il suo status e i suoi instancabili sforzi contribuivano a tenere viva la guerra contro Israele.
E tuttavia, se per Arafat era sempre meno facile restare al comando di una coalizione di terroristi e contemporaneamente addossare a Israele la colpa per lo stallo nel processo di pace, per i suoi successori sarà ancora più difficile usare l’arma del terrorismo e nello stesso tempo incolpare Israele. Né sarà facile, per loro, preservare un’altra delle tragiche eredità di Arafat: l’autocrazia di un solo uomo. Soltanto Arafat fu capace di prendere un popolo che in linea di principio era uno dei più istruiti, navigati e potenzialmente democratici di tutto il mondo arabo e, con il tacito assenso di Israele e della comunità internazionale, imporgli uno spietato stato di polizia.
La tentazione adesso sarà quella di giudicare la nuova dirigenza palestinese soltanto in base alle sue capacità di controllo. Tuttavia, affinché tale controllo sia usato al servizio della pace, dovrà essere radicato su solide fondamenta di legittimità democratica. A lungo termine un governo veramente rappresentativo è più importante di un governo superficialmente condiscendente verso la comunità internazionale. Perché prima o poi una dittatura corrotta finisce inevitabilmente per fare affidamento sul conflitto esterno per reggere se stessa.

(Da: Jerusalem Post, 7.11.04)