Il valore storico del rapporto Winograd

Loperato di qualunque futuro governo dovrà essere giudicato sulla base di questo documento

Da un articolo di Anshel Pfeffer

image_1680Forse la cosa più importante da fare, ora, è prestare attenzione all’ultimo paragrafo della pubblica comunicazione di Eliahu Winograd e, almeno per un momento, lasciare da parte le implicazioni del rapporto della sua commissione che riguardano le persone del primo ministro e gli altri leader politici e militari, cercando piuttosto di capire il significato più ampio del documento.
Winograd e i suoi colleghi non si sono limitati a vivisezionare gli eventi che hanno portato allo scoppio della Seconda Guerra in Libano e quelli dei primi giorni di guerra. Essi hanno anche elaborato la più globale analisi critica del processo decisionale impiegato dai governi israeliani da che si abbia memoria.
Il rapporto non è di facile lettura, e non solo per il suo severo giudizio sull’operato di Ehud Olmert, del ministro della difesa Amir Peretz e dell’allora capo di stato maggiore Dan Halutz. Esso contiene anche istruttive descrizioni su come dovrebbe funzionare un governo.
Alcune delle conclusioni sembrano evidenti. Un governo dovrebbe esaminare diverse possibilità di intervento prima di prendere decisioni cruciali. I leader del paese dovrebbero farsi consigliare da un’ampia squadra di esperti professionali. Un primo ministro non può agire sulla base dell’impulso quando manda uomini in prima linea. Il ministro della difesa dovrebbe garantire il controllo civile sulle forze armate. Il comandante in capo delle forze armate dovrebbe presentare al governo tutte le informazioni pertinenti. Dovrebbero essere approntati piani d’emergenza rispetto alle potenziali minacce, piani che dovrebbero essere periodicamente riesaminati.
Si tratta dei fondamentali, dell’abc di governo. Eppure, come ha rilevato la Commissione, nessuna di queste norme è stata rispettata durante i primi giorni di guerra, e negli anni che l’hanno preceduta. Ecco perché la Commissione ha ritenuto di non avere altra scelta che quella di approntare un vero e proprio manuale di buon governo per Israele.
“Un risultato negativo non è sempre indice di un deficit – dice il rapporto – così come un risultato positivo non è sempre prova di una condotta corretta”. Con queste parole la Commissione si spinge quasi a dire che, con la perdita di 163 vite nella guerra in Libano, abbiamo pagato il prezzo di errori che avrebbero potuto costarci anche molto più caro. Il malessere ai più alti livelli della dirigenza esisteva ben prima di quest’ultima guerra, in una serie di governi precedenti. Le relazioni fra quadri politici e militari erano pericolosamente squilibrate, e i primi ministri prendevano decisioni senza un vero sistema di consultazioni e di assunzione di responsabilità.
Fatto interessante, la Commissione non ha criticato Olmert per aver nominato ministro della difesa un politico senza esperienza militare. Il rapporto sottolinea ripetutamente che Olmert e Peretz avrebbero dovuto essere consapevoli della loro inesperienza e agire di conseguenza, ma non dice in nessun punto che non avrebbero dovuto ricoprire quegli incarichi. I membri della Commissione in sostanza hanno detto: questa è una democrazia e dunque ogni cittadino può essere eletto, ma per l’amor del cielo, prendete la democrazia sul serio: la gente vi ha affidato una sacra responsabilità, non prendete in due ore la decisione di andare in guerra.
Come si legge nel rapporto, il processo decisionale nazionale richiese “leadership, responsabilità, diligenza, conoscenza dei fatti, determinazione, chiarezza, ponderazione e capacità di considerare le complessità ad ampio raggio”. Cose ovvie, eppure a quanto pare totalmente assenti nella nostra dirigenza.
La Commissione denuncia la mentalità israeliana della discontinuità e dell’improvvisazione. Critica le Forze di Difesa israeliane per aver incessantemente preso alla leggera la dottrina strategica anziché stabilire innanzitutto un set di principi di base. “Si presenta qui un’opportunità – scrive la Commissione – Se i risultati fossero stati diversi, la condotta dell’esercito non sarebbe stata analizzata e noi vivremmo ancora nell’illusione che nelle nostre forze armate vada tutto bene”.
Un comandante di battaglione della guerra del 1967, salito successivamente a posizioni di rilievo nella sicurezza nazionale, ha detto qualche giorno fa: “La guerra dei sei giorni fu un successo troppo grande. Fummo presi da una tale euforia per il suo risultato, uno sterminio evitato, che non abbiamo mai controllato ciò che invece non era andato per il verso giusto: continuiamo a pagare il prezzo di quella noncuranza praticamente fino ad oggi”.
Il messaggio della Commissione Winograd è che da tempo si impone un serio riesame. Il governo eletto non deve mai fare affidamento sul fatto che i militari si riesaminino da soli.
Winograd non accusa solo Olmert e Peretz per aver trascurato le loro responsabilità, ma anche il governo nel suo complesso. “Il governo poteva prendere la decisione (di andare in guerra), ma lo ha fatto come un organismo politico che si limita a sostenere il primo ministro, il ministro della difesa e le forze armate”. Tutti i ministri condividono la responsabilità per una decisione affrettata, presa senza le dovute informazioni circa l’entità della campagna e i suoi rischi.
A questo punto non è esagerato affermare che la Commissione ha svolto un compito di valore storico, elaborando i principi fondamentali cui ogni governo dovrebbe attenersi nell’affrontare quelli che chiama “i nostri dilemmi esistenziali in quanto stato ebraico e democratico”. Anche quando questo governo se ne sarà andato da tempo, il rapporto Winograd dovrà restare una lettura obbligatoria per tutti i leader d’Israele nel momento in cui entreranno in carica. L’operato di qualunque futuro governo dovrà essere giudicato sulla base di questo documento.
Notizie provenienti dai mass-media arabi riferiscono di scene di giubilo a Beirut, a Damasco e a Teheran per l’umiliazione subita dalla leadership israeliana ad opera della Commissione Winograd. E invece, il compito svolto da Winograd e dai suoi colleghi rappresenta proprio il trionfo della democrazia israeliana. Pochi paesi sono capaci di giudicare i propri leader in carica in modo così severo e tempestivo.
Hezbollah ci ha costretti a guardarci impietosamente allo specchio. Come dice il rapporto, “se questo esame porterà a migliorare la nostra preparazione di fronte alle fatali decisioni che ci attendono, allora dalla tragedia sarà scaturita un prezioso beneficio per Israele”.

(Da: Jerusalem Post, 1.05.07)