Il valore strategico del Golan

Israele potrebbe cedere le alture in cambio di una pace testata per 10 o 20 anni

Da un articolo di Yaakov Katz

image_1521La formula è chiara ed è stata fissata in passato da una mezza dozzina di governi israeliani: le alture del Golan, probabilmente insieme all’area delle fattorie Shaba, in cambio di un’autentica pace con la Siria.
Israele ha messo alla prova questa formula durante i colloqui di pace patrocinati dagli Stati Uniti a Shepherdstown (Virginia) nel 2000, quando l’allora primo ministro israeliano Ehud Barak offrì di ritirarsi fino alla Linea Verde (confine armistiziale del 1949) in cambio di pace piena e pieno riconoscimento. Ma la Siria rifiutò l’offerta.
Il valore delle alture del Golan è internazionalmente riconosciuto. Per ultimo in ordine di tempo è stato citato nel rapporto del Gruppo di Studio sull’Iraq firmato dall’ex segretario di stato americano James Baker e dall’ex congressista Lee Hamilton. Nel rapporto, il Gruppo chiede a Israele di ritirarsi dalle alture del Golan e restituirle alla Siria in cambio di una pace globale. Il rapporto tuttavia non ignora le preoccupazioni di sicurezza israeliane tant’è vero che suggerisce di schierare sul confine delle forze statunitensi col compito di monitorare l’accordo, sulla falsariga della Forza Multinazionale che è di stanza nel Sinai per garantire che quel territorio rimanga smilitarizzato come stabilito dal trattato di pace fra Israele ed Egitto.
Qual è l’importanza strategica del Golan? Secondo alcuni esperti, sarebbe sbagliato e persino stupido da parte di Israele ritirarsi dalle alture restituendole alla Siria. Costoro citano diversi motivi perché Israele dovrebbe mantenere il controllo su parte almeno di quell’area: in primo luogo il fatto che quei 1.158 kmq costituiscono un’indispensabile zona cuscinetto rispetto a un attacco siriano a sorpresa (e un forte deterrente rispetto a quell’attacco).
Poi c’è la questione dell’acqua. Il Golan, con il controllo sulle sorgenti del fiume Giordano e sui torrenti che alimentano il Kinneret (lago di Tiberiade), rappresenta la maggiore delle tre principali fonti d’acqua dolce di Israele. Un blocco di questi flussi d’acqua (cosa che la Siria ha già tentato negli anni ’50) si tradurrebbero in un colpo strategico contro lo stato di Israele.
Altri esperti sostengono che, pur essendo fuori dubbio il valore strategico del Golan, i moderni strumenti tecnologici – sistemi radar, sofisticati apparati d’ascolto – potrebbero essere altrettanto efficaci del controllo di una striscia di terra montagnosa nel prevenire sorprese siriane. È un argomento che è stato recentemente fatto proprio anche dal vice primo ministro israeliano Shimon Peres, da tempo fautore di un accordo di pace con Damasco.
Tuttavia, anche per alcuni di quelli che oggi suggeriscono colloqui di pace con la Siria nel tentativo di spezzare l’alleanza strategica fra il presidente Bashar Assad e l’Iran, le alture del Golan rappresentano una risorsa strategica che Israele non dovrebbe cedere troppo rapidamente. “Il controllo sul territorio rimane fondamentale – dice Boaz Ganor, direttore dell’ Institute for Counter-Terrorism all’Inter-Disciplinary Institute di Herzliya, obiettando all’idea di Peres che la tecnologia possa sostituire completamente il valore del Golan – Alla fine ciò che decide le sorti delle guerre è proprio il controllo del territorio”. Ganor si affretta ad aggiungere che, in cambio di un’autentica pace, Israele deve essere disposto a cedere il Golan, ma solo in un processo a lungo termine un po’ sul modello seguito per Hong Kong. Secondo Ganor, Israele potrebbe firmare un accordo di pace con la Siria in base al quale riconoscerebbe che il Golan appartiene a Damasco in cambio del riconoscimento di Israele e di una pace piena, mentre l’effettivo trasferimento del territorio avvererebbe nell’arco dei successivi dieci o venti anni: un lasso di tempo durante il quale la pace fra i due paesi verrebbe testata e messa alla prova. Se dovessero scoppiare ostilità, dice Ganor, allora l’accordo verrebbe automaticamente revocato.
In ogni caso, una rapida pace con la Siria non sembra essere nell’agenda dell’attuale primo ministro israeliano Ehud Olmert. Diverse possono essere le ragioni. In primo luogo, Olmert non vuole rompere il fronte di paesi, guidato dagli Stati Uniti, che sta esercitando forti pressioni politiche e diplomatiche sulla Siria a causa delle sue sanguinose ingerenze in Iraq, in Libano e nella stessa questione israelo-palestinese. Un’altra possibilità, suggerita dallo stesso Olmert, è che egli non suia disposto cedere tutto il Golan perché condivide la scuola di pensiero secondo cui quelle alture costituiscono una risorsa strategica indispensabile per la sicurezza di Israele.

(Da: Jerusalem Post, 21.12.06)