In trent’anni, quattro grandi scarcerazioni di detenuti in cambio della liberazione di ostaggi israeliani nelle mani dei terroristi

Nel corso degli anni Israele ha scarcerato 7.500 terroristi arabi per riportare a casa, in tutto, 14 israeliani vivi e sei salme

Gilad Shalit al suo ritorno in Israele

Gilad Shalit al suo ritorno in Israele

Appena è emersa la notizia che due israeliani risultano “dispersi” nella striscia di Gaza, i rappresentanti della sicurezza israeliana si sono affrettati a dire che questa volta non ci sarà uno scambio ostaggi/detenuti con Hamas. A quanto risulta, per ora non sarebbe in corso una vera trattativa con Hamas per la restituzione dei due civili e delle salme di due soldati israeliani caduti durante la guerra anti-terrorismo della scorsa estate.

Nel corso degli anni, Israele ha scarcerato circa 7.500 detenuti arabi e palestinesi nel quadro di accordi raggiunti con l’Autorità Palestinese, Hamas o Hezbollah per la restituzione, in tutto, di 14 ostaggi israeliani vivi e sei salme.

Durante la scorsa legislatura, tuttavia, è stata approvata una legge proposta dalla parlamentare Ayelet Shaked, oggi ministra della giustizia, che pone dei limiti a questo genere di scambi. Secondo la nuova normativa, la Commissione per le scarcerazioni non può discutere il rilascio di un detenuto che abbia scontato meno di 15 anni e non può raccomandare una riduzione di pena a meno di 40 anni. Inoltre, non è più possibile scarcerare nell’ambito di un accordo politico un detenuto condannato per omicidio con circostanze aggravanti.

Il cosiddetto Accordo Jibril del 21 maggio 1985 rimane probabilmente il più significativo scambio ostaggi/detenuti nella storia di Israele. Durante la prima guerra in Libano (1982), tre soldati israeliani – Yosef Grof, Nissim Salem e Hezi Shai – vennero catturati dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale (FPLP-GC) guidato da Ahmed Jibril. Il destino dei tre soldati rimase sconosciuto per molto tempo fino a quando il FPLP-GC ammise che erano nelle sue mani.

I soldati Yosef Grof, Nissim Salem e Hezi Shai al loro ritorno in Israele

I soldati Yosef Grof, Nissim Salem e Hezi Shai al loro ritorno in Israele

Dopo lunghe trattative a Ginevra, venne raggiunto un accordo con il quale Israele accettava di scarcerare 1.150 terroristi in cambio della restituzione dei tre soldati. Tra i detenuti rimessi in libertà figuravano l’esponente palestinese Jibril Rajoub, oggi a capo della Federcalcio Palestinese e del Comitato Olimpico Palestinese, e lo sceicco Ahmed Yassin, un esponente a Gaza dei Fratelli Musulmani destinato a diventare successivamente il leader spirituale di Hamas. Vennero inoltre scarcerati Ahmed Al Abras, uno degli autori dell’attacco del 1979 a Nahariya che aveva portato al massacro della famiglia Haran e all’uccisione del poliziotto Eliyahu Shachar, e Mohammad Shubaki che nel marzo 1979 aveva ucciso Hadassah e Uriel Barak a Beit Guvrin.

Le Forze di Difesa israeliane si ritirarono dalla fascia di sicurezza del Libano nel maggio 2000, diciotto anni dopo che erano entrate in quel territorio ostile con la prima guerra in Libano. Cinque mesi dopo il ritiro, il 7 ottobre 2000, i terroristi sciiti libanesi filo-iraniani Hezbollah rapivano tre soldati in servizio di pattuglia sul versante israeliano del confine, nella zona del Monte Dov. Erano Adi Avitan, Benny Avraham e Omar Souad. Una settimana dopo, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah annunciava che il suo gruppo tratteneva in ostaggio anche un civile israeliano di nome Elhanan Tannenbaum (in difficoltà per debiti, era stato attirato in una trappola a Dubai da un doppiogiochista arabo-israeliano che gli aveva fatto credere d’essere un trafficante di droga). Un anno dopo, l’esercito israeliano annunciava che in realtà i tre soldati erano stati uccisi nel corso dell’attacco che aveva portato alla loro cattura. Quasi quattro anni dopo essere caduti nelle mani di Hezbollah, a seguito di una lunga campagna pubblica da parte delle famiglie, i corpi dei tre soldati e il civile Elhanan Tannenbaum vennero restituiti, il 29 gennaio 2004: in cambio Israele rilasciò in Libano 401 detenuti palestinesi e quattro miliziani libanesi di Hezbollah e restituì i corpi di 60 Hezbollah morti negli scontri con Israele degli anni precedenti. Tra i personaggi più significativi rimesse in libertà in quell’occasione figura Mustafa Dirani, il “capo della sicurezza” del movimento sciita libanese Amal, responsabile della cattura nel 1986 del co-pilota israeliano Ron Arad. Dirani, che aveva incontrato personalmente Arad nella sua prigionia in Libano, era stato catturato nel 1994 con un’audace operazione delle squadre speciali israeliane Sayeret Matkal proprio nel tentativo di ottenere la restituzione dell’aviatore. Dieci anni dopo veniva rilasciato, insieme ad un comandante Hezbollah, Abdal-Karim Obeid, anch’esso arrestato nel 1989 per lo stesso motivo. Del co-pilota Ron Arad, invece, non si sono più avute notizie.

Il terrorista Samir Kuntar, dopo la sua scarcerazione da Israele

Il terrorista Samir Kuntar, dopo la sua scarcerazione da Israele

Il 12 luglio 2006 i soldati Ehud Goldwasser e Eldad Regev venivano rapiti da Hezbollah mentre erano in servizio di pattuglia al confine con il Libano. Altri tre soldati restavano uccisi nel raid. A seguito di quell’aggressione, Israele si lanciò nella seconda guerra in Libano. Ben presto, tuttavia, Israele si convinse che anche i due soldati rapiti erano morti durante il raid, o subito dopo. Nel giugno 2008, quasi due anni dopo il sequestro, il governo israeliano allora guidato da Ehud Olmert approvò un accordo che mirava a riportare a casa le salme dei due caduti. In cambio Israele restituiva i corpi di 190 terroristi Hezbollah e scarcerava cinque terroristi, tra i quali Samir Kuntar, il capo del commando che aveva perpetrato il massacro della famiglia Haran.

Ma già prima che iniziasse la seconda guerra in Libano, il 25 giugno 2006 era avvenuto un altro evento dalle drammatiche conseguenze. Terroristi di Hamas, penetrati in Israele da Gaza attraverso un tunnel sotto il confine, avevano attaccato un blindato, avevano ucciso 2 militari e avevano preso in ostaggio il soldato Gilad Shalit. Shalit è rimasto nelle mani di Hamas per cinque anni durante i quali la sua famiglia ha condotto una intensa campagna sia in Israele che all’estero per il suo ritorno. Nell’ottobre 2009, più di tre anni dopo il rapimento, Hamas diffondeva un video di due minuti e mezzo di Shalit vestito in uniforme: era la prima prova che il giovane fosse in vita e probabilmente fu determinante per sbloccare la trattativa. Due anni più tardi il primo ministro Benjamin Netanyahu approvava un accordo in base al quale Gilad Shalit poté tornare a casa in cambio della scarcerazione di 1.027 detenuti arabi, sia palestinesi che israeliani, tra cui terroristi che si erano personalmente macchiati di reati di sangue.

Il timore che alcuni di questi prigionieri potessero tornare all’attività terroristica trovò puntuale conferma nel giugno 2014 quando uno di loro, Ziad Awad, assassinò nella zona di Hebron il sovrintendente capo della polizia israeliana Baruch Mizrahi mentre si recava a celebrare una festività religiosa. Oggi sono circa 60 su 1.027 i terroristi che Israele ha nuovamente arrestato, dopo averli rilasciati nel 2011, perché tornati a praticare attività terroristiche in violazione dell’impegno che avevano formalmente sottoscritto al momento della loro scarcerazione. Ed è noto che altri terroristi scarcerati nel 2011 dirigono oggi impunemente sanguinosi attentati terroristici anti-israeliani dalle loro basi in Turchia.

(Da: YnetNews, israele.net, 11.7.15)