Inattese collaborazioni fra scienziati israeliani, iraniani e palestinesi al CERN di Ginevra

40 scienziati israeliani hanno preso parte al progetto per il più grande acceleratore di particelle del mondo

image_2248È stata definita una indagine da “Alice nel paese delle meraviglie” sulla formazione dell’universo o, alternativamente, una pericolosa manomissione della natura. In realtà, gli scienziati che lavorano a questo storico “Big Bang” in laboratorio, che ha inizio questa settimana a Ginevra, sperano di rivelare molte sorprese sull’universo e le sue origini. E respingono senza mezzi termini le paranoie sulla possibile fine del mondo.
Il Large Hadron Collider (LHC), il più grande e potente acceleratore di particelle mai costruito, esplorerà le più minuscole particelle e si avvicinerà come mai prima d’ora a una simulazione della teoria del big bang, secondo cui una colossale esplosione è ciò che ha dato vita all’universo.
L’acceleratore, costruito al CERN (European Centre for Nuclear Research), serve per lanciare un raggio di protoni fin quasi alla velocità della luce, facendoli fischiare undicimila volte al secondo nel tunnel ad anello lungo 27 km, scavato sotto l’amena campagna al confine tra Francia e Svizzera. Una volta lanciato con successo il raggio in senso anti-orario ne seguirà un secondo in senso orario. A quel punto gli scienziati punteranno un raggio contro l’altro in modo da far collidere i protoni, mandandoli in frantumi e facendoli rilasciare energia sotto lo sguardo attento dei numerosi rilevatori che punteggiano il tunnel nella sua caverna grande come una cattedrale.
Secondo Robert Aymar, il fisico francese che guida il centro di ricerche CERN, le scoperte che deriveranno da questo progetto porteranno enormi progressi per la società umana. “Se non salteranno fuori alcune delle cose che ci aspettiamo e ne salteranno fuori altre che non abbiamo previsto – dice il fisico inglese Brian Cox – allora sarà ancora più stimolante, perché vuol dire che della natura capiamo meno di quanto pensassimo”.
[…] Il progetto ha attirato ricercatori da 80 paesi, circa 1.200 dei quali sono arrivati dagli Stati Uniti che, insieme al Giappone, hanno lo status di osservatori al CERN e hanno contribuito con 531 milioni di dollari ai 4 miliardi necessari.
Israele, è coinvolto a vario titolo nel progetto. Sono 40 gli scienziati israeliani del Technion e delle Università di Haifa e di Tel Aviv che hanno impiegato gran parte degli ultimi dieci anni a sviluppare diversi sistemi elettronici del progetto, in particolare il sistema rilevatore centrale che deve decifrare e analizzare i risultati dell’esperimento. “L’industria scientifica israeliana gode di un’eccellente reputazione in Svizzera, soprattutto quando si tratta della tecnologia delle fibre ottiche di alto livello”, spiega il professor Giora Mikenberg, del Dipartimento fisica delle particelle dell’Istituto Weizmann, che guida la squadra israeliana.
Il progetto ha anche portato ad alcune inattese collaborazioni, quando gli scienziati israeliani che hanno lavorato fianco a fianco con colleghi libanesi, pachistani e iraniani. Ma, tra tutti, risalta il caloroso legame che si è stabilito con un giovane scienziato palestinese dell’Università Birzeit (Cisgiordania). Quando è terminato il lavoro sul progetto, la squadra israeliana ha perfino organizzato un party di saluto insieme agli scienziati libanese e palestinese: vi erano esposte entrambe le bandiere, quella israeliana e quella palestinese.
Un giorno, ricorda Mikenberg, vinti da una irresistibile nostalgia per un po’ di humus decente, gli scienziati libanese, palestinese e israeliani “hanno fatto una volata a Parigi a divorarne un po’, israeliani e arabi insieme. La scienza non conosce nemici né confini: è una cosa meravigliosa”.

(Da: YnetNews, 9.09.08)