Inerzia dell’Onu e intransigenza iraniana

Le guerre di Gaza e Libano vanno giudicate alla luce della minaccia iraniana, non dei pregiudizi Onu

di Jeremy Issacharoff

image_2619Il rapporto Goldstone sulla condotta di Israele durante l’operazione anti-Hamas nella striscia di Gaza e le critiche che ha suscitato hanno dimostrato ancora una volta la totale incapacità del sistema Onu di dare un contributo costruttivo alla risoluzione del conflitto in Medio Oriente. Sarebbe ora che si varasse un’indagine su come mai il sistema Onu nel suo complesso è stato del tutto insignificante innanzitutto nel prevenire la crisi di Gaza, e poi nell’ soccorrere Israele, uno stato membro, quando questi cercava di contenere l’ininterrotta e prolungata aggressione contro i suoi civili.
Il giudice Richard Goldstone non ha realmente affrontato l’elemento chiave costituito dall’aggressione di Hamas e dal suo persistente tentativo di far saltare il cessate il fuoco avviato nell’estate 2008, né quello della responsabilità primaria di Hamas nel determinare la natura del conflitto: Hamas ha mirato i suoi attacchi sempre ed esclusivamente contro i civili israeliani, facendosi scudo dei civili palestinesi dopo aver profondamente incistato le proprie forze paramilitari nell’intero tessuto civile palestinese. La responsabilità fondamentale per la militarizzazione del tessuto civile di Gaza ricade sulle spalle di Hamas. Anche quando avevano la possibilità di affrontare i soldati israeliani sul campo di battaglia, gli operativi di Hamas hanno preferito continuare a nascondersi nei loro bunker per venir fuori a lanciare razzi solo durante le pause umanitarie rispettate dalle Forze di Difesa israeliane per permettere ai rifornimenti di raggiungere la popolazione civile.
Queste lacune e omissioni del rapporto Goldstone sono sostanziali e ne determinano la totale irrilevanza ai fini di un’efficace e significativa analisi del conflitto.
Non avendo fatto letteralmete nulla per evitare la crisi e non avendo adottato nessuno strumento di analisi obiettivo e imparziale, il sistema Onu dovrebbe avere almeno l’onestà di respingere il rapporto Goldstone nella sua interezza: non si può pretendere di avere la soluzione di un problema che non si è nemmeno in grado di capire.
Un fatto resta chiaro, e non dovrebbe essere offuscato dalla controversia sul rapporto Goldstone. Nei mesi scorsi i lanci di razzi palestinesi sono enormemente diminuiti. Sebbene Israele debba stare sempre attento alla sua immagine presso la comunità internazionale, questa tuttavia non può diventare l’unica misura di come debba difendersi e garantire la propria sicurezza. Se i lanci di razzi sono drammaticamente diminuiti, ciò si deve soltanto all’insieme di misure che Israele ha intrapreso sul terreno dopo aver tentato invano ogni altra alternativa.
In questo senso gli eventi di Gaza devono essere considerati nel più ampio contesto regionale. Israele non ha cercato la guerra nella striscia di Gaza esattamente come non aveva cercato la guerra in Libano nel 2006. I due conflitti sono simili per il fatto che sia Hezbollah che Hamas hanno messo a punto un modello di scontro e di attacco a Israele a partire dall’interno delle rispettive società civili. Entrambe le organizzazioni sono finanziate, armate e addestrate dall’Iran, che si trova in una fase critica del suo programma nucleare militare. Inoltre sia Hamas che Hezbollah promuovono un’agenda estremista non solo contro Israele, ma anche contro i moderati palestinesi e del mondo arabo. Dietro al tentativo di minacciare interessi chiave in Medio Oriente e la stessa stabilità regionale c’era in gioco molto più di due conflitti, duri ma pur sempre locali.
Date queste circostanze, la natura della reazione di Israele in Libano e a Gaza a fronte di tali aperte provocazioni è stata cruciale per la sua deterrenza. In entrambi i casi, l’Iran aveva un chiaro interesse a coinvolgere Israele in ostilità che avrebbero deviato l’attenzione di Israele stesso e della comunità internazionale dai progressi del programma atomico di Teheran.
Le drammatiche rivelazioni dei giorni scorsi circa un nuovo impianto segreto iraniano per l’arricchimento dell’uranio presso Qom mettono in evidenza diversi elementi critici. I decisi sforzi dell’Iran per sviluppare una capacità nucleare militare continuano a ritmo serrato. L’Iran continua ad occultare significative attività in campo nucleare che concorrono al suo potenziale militare. L’Iran ignora sfrontatamente diverse risoluzioni obbligatorie del Consiglio di Sicurezza per la sospensione delle attività legate all’arricchimento e riciclaggio, e per il controllo su ricerca e sviluppo da parte dell’International Atomic Energy Agency. Questi ed altri elementi dimostrano che il programma nucleare iraniano costituisce la principale minaccia alla sicurezza nazionale di questi anni, in Medio Oriente e oltre. Rispetto a questa minaccia e a come essa impatta su Israele come ha fatto a Gaza e in Libano, Gerusalemme non può permettersi di abbracciare l’inerzia adottata dal sistema Onu prima della crisi di Gaza, né i prevenuti strumenti di analisi di Goldstone.
Va notato che, in questo momento, sia Hamas che Hezbollah si stanno comportando con maggiore cautela e non si precipitano più come prima a intraprendere azioni che possano provocare una risposta israeliana. Non che si debba confidare che le cose restino così a lungo, ma il fenomeno potrebbe assumere ancora più importanza nel caso Israele dovesse fronteggiare nel futuro imminente l’evolversi della minaccia iraniana.
In fondo Gaza e Libano, per quanto significative, non sono questioni strategiche di prima grandezza per Israele. Lo è, invece, fare fronte alla minaccia nucleare iraniana. È qui che Israele deve continuare a focalizzare la propria attenzione. Ed è in questo contesto che vanno valutati i risultati della seconda guerra in Libano contro Hezbollah e dell’operazione anti-Hamas a Gaza.

(Da: Jerusalem Post, 28.09.09)