Innanzitutto tentare la tregua

Israele non ha nulla da perdere aderendo all’iniziativa egiziana

Da un articolo di Ari Shavit

image_2159Perché una tregua? La risposta del ministro della difesa israeliano Ehud Barak non è semplice, ma è netta. Quando guarda alla realtà del Medio Oriente dalla finestra di casa sua, in un grattacielo di Tel Aviv, a Barak appare chiaro che la situazione al confine con la striscia di Gaza richiede una decisione: o un accordo o un’operazione militare. Probabilmente alla fine non ci sarà modo di evitare un’operazione militare. Israele e Hamas sono in rotta di collisione (come dice la stessa Hamas, la tregua è solo una mossa tattica).
Tuttavia, siccome le ripercussioni di un’operazione militare sarebbero comunque pesanti, è necessario innanzitutto tentare l’altra opzione: affinché ogni singola madre che potrebbe perdere un figlio nei vicoli di Gaza, ogni singolo civile nella zona attorno a Gaza che potrebbe essere colpito dai razzi palestinesi durante i combattimenti con Hamas, lo stesso presidente egiziano Hosni Mubarak – affinché tutti sappiano che Israele non ha scelto l’opzione militare prima di offrire una concreta possibilità all’iniziativa diplomatica sostenuta dagli egiziani.
Sia per considerazioni interne che per considerazioni egiziane, dunque, a Barak appare chiaro che la dirigenza israeliana deve tentare la tregua prima di aprire il fuoco.
Terrà, la tregua? Le probabilità che fra sei mesi vi sia ancora la calma nel sud di Israele sono assai scarse. C’è sempre la possibilità che accada un incidente e che il test fallisca. Ma questa è un’eventualità che viene messa in conto, che sia fra qualche mese o fra qualche settimana. Tuttavia, se anche dovesse accadere, Israele non ha nulla da perdere aderendo all’iniziativa egiziana: non ha riconosciuto Hamas e non ha creato una realtà irreversibile; si è preservato la libertà d’azione anti-terrorismo in Cisgiordania, ha creato un collegamento fra l’apertura dei valichi e la cessazione del traffico di armi ed esplosivi, e si è garantito seri negoziati sulla questione del soldato in ostaggio Gilad Shalit, che probabilmente porteranno il governo a prendere decisioni molto difficili in un futuro assai prossimo.
Barak non ha dubbi: un’analisi seria, obiettiva e approfondita della situazione richiede innanzitutto una tregua. Fosse anche una tregua prima di un’azione.

(Da: Ha’aretz, 19.06.08)