Israele agli occhi di Hamas

«Se anche non ci fosse un solo insediamento, non sarebbe possibile arrivare alla pace»

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3613Scrive su Ma’ariv Shmuel Hollander, già segretario di gabinetto del primo ministro israeliano YitzhaK Rabin e del suo successore Shimon Peres: «Non ho alcun dubbio che, se non fosse stato ucciso, Rabin avrebbe cancellato gli accordi di Oslo e avrebbe rispedito in Tunisia Arafat e la sua corte. Mi sono ravveduto, con grande dolore, dalla visione di pace in cui credevo e che è franata davanti ai miei occhi nel sangue di ebrei innocenti. Chi parla di “due stati per due popoli” parla, a tutti gli effetti, di creare uno stato di Hamas in Giudea e Samaria (Cisgiordania), oltre che nella striscia di Gaza, dal momento che è evidente che Hamas prenderà il controllo in Giudea e Samaria o con le elezioni o con la violenza (come a Gaza). Questo significa ritrovarsi con i fiduciari dell’Iran a pochi chilometri dal cuore d’Israele. Il divario fra le posizioni d’Israele, dalle meno alle più evolute, e quelle dei palestinesi è immenso e incolmabile, perlomeno nel futuro prevedibile». L’editorialista suggerisce ai lettori di rileggere attentamente il discorso recentemente tenuto a Gaza dal capo del politburo di Hamas, Khaled Mashaal (per una sintesi in inglese: http://www.mfa.gov.il/MFA/Terrorism-+Obstacle+to+Peace/Terror+Groups/Hamas_head_Mashaal_continued_resistance_10-Dec-2012.htm ). E aggiunge: «Se anche non ci fosse un solo insediamento in Giudea e Samaria, non sarebbe possibile arrivare alla pace. Chiunque accusi il governo d’Israele di bloccare il processo diplomatico, e assicura di poter ribaltare la situazione, non fa che vendere alla gente un’illusione priva di fondamento nella realtà. Molto meglio dire la verità: siamo destinati a continuare a combattere per la nostra terra e per la nostra sopravvivenza e a vivere armi in pugno ancora a lungo, come negli ultimi cento anni. È molto facile farsi contagiare dall’euforia della pace, come nei giorni di Oslo. La verità è dura e dolorosa, ma è preferibile alle illusioni».
(Da: Maariv, 11.12.12)

Scrive Nadav Shragai, su Israel HaYom: «Kfar Darom non esiste più. Era uno dei villaggi ebraici che il governo israeliano ha cancellato sette anni fa durante l’operazione di “disimpegno” dalla striscia di Gaza. La storia di Kfar Darom è pertinente, oggi, per i milioni di israeliani di Kiryat Malachi, Ashkelon, Ashdod, su su fino a Tel Aviv e Gerusalemme, che hanno dovuto correre nei rifugi sotto i razzi di Hamas. Kfar Darom, quando esisteva, era diventato il capoluogo ufficioso delle comunità ebraiche del Gush Katif, nella striscia di Gaza. Kfar Darom era caduta la prima volta durante la guerra d’indipendenza d’Israele sotto l’avanzata delle truppe d’invasione egiziane. Era poi stata ricostituita nel 1988. Con gli Accordi di Oslo del 1995 divenne un’enclave israeliana dentro il territorio controllato dall’Autorità Palestinese. I terroristi fecero di questa enclave di ebrei il loro obiettivo privilegiato, bombardandola quasi quotidianamente coi razzi Qassam. Nel novembre 2000 attaccarono uno scuolabus coi razzi anti-carro. Gli insegnanti Miri Amitai e Gavriel Biton restarono uccisi. Tre bambini, tutti della famiglia Cohen, persero le gambe. Poco prima era stato assassinato un agricoltore, Doron Shorshan. Poco dopo venne ucciso il rabbino della comunità, Shimon Biran, insieme a Efi Ayoubi. Perché raccontare oggi la vicenda di Kfar Darom? Perché, se si scorrono i proclami di Hamas e le dichiarazioni fatte dai suoi rappresentanti, una cosa si capisce benissimo: ai loro occhi tutto lo stato di Israele è un unico insediamento, un’unica Kfar Darom».
(Da: Israel HaYom, 16.12.12)