Israele ed Unione Europea

Che ne è dello status speciale della Dichiarazione di Essen?

Da un articolo di Oded Eran, ambasciatore dIsraele alla UE

image_1632Nel 1994 un leader tedesco di ampia visione, Helmut Kohl, spinse il Consiglio dell’Unione Europea ad adottare una dichiarazione nella città tedesca di Essen che prevedeva che sarebbe stato garantito uno “status preferenziale” ai rapporti fra Unione Europea e Israele. Sono passati tredici anni e dello status preferenziale non c’è traccia.
Uno dei temi centrali nell’agenda europea è quello di garantirsi le forniture energetiche. La maggior parte delle fonti di energia sono localizzate in Medio Oriente e in Russia. Ecco perché, in queste circostanze, è difficile immaginare che la UE possa offrire alcuna preferenza a Israele.
Mentre negozia l’inclusione della Turchia, e si augura tempi di gravidanza più lunghi di quelli naturali o di quelli di un aborto, è difficile immaginare che la UE riconosca a Israele uno status speciale o qualcosa che in qualche modo si avvicini a una forma di associazione. Mentre cerca di respingere gli sforzi di un paese grande e vicino come la Ucraina, che vorrebbe ottenere garanzie sull’avvio di negoziati per la sua associazione all’Unione, è difficile immaginare che la UE faccia di tutto per favorire Israele.
Nel 1994, quando venne fatta la Dichiarazione di Essen, si era nel pieno di un periodo quasi idilliaco, subito dopo gli accordi di Oslo e la pace fra Israele e Giordania. Oggi, invece, la visione di Israele e della sua leadership non incoraggia sforzi da parte dell’Europa per promuovere i rapporti bilaterali.
Ciò che le due parti sono in grado di fare, oggi, è intrattenere un dialogo sofisticato, minimizzare le tensioni e individuare aree in cui Israele potrebbe migliorare la cooperazione con l’Unione. La UE, da parte sua, potrebbe fare in modo che almeno alcuni stati arabi traggano beneficio dalle aperture verso Israele.
Una svolta, vale a dire una significativa attuazione della Dichiarazione di Essen, sarebbe possibile solo se si realizzasse uno dei seguenti scenari (secondo alcuni, tutti e due).
Primo, che Turchia ed Europa arrivino alla conclusione che la Turchia non sarà membro a pieno titolo dell’Unione concordando piuttosto su una forma di “associazione minore”. Ciò comporterebbe l’apertura alla Turchia di istituzioni, agenzie e piani della UE che oggi sono aperti solo agli stati membri. A quel punto, altri vicini come Israele e Ucraina potrebbero chiedere uno status analogo.
Il secondo scenario prevede il raggiungimento di una composizione diplomatica del conflitto israelo-palestinese. In Israele, c’è chi è convinto che la UE dovrebbe offrire l’ingresso a Israele e Palestina per accelerare un accordo fra i due. Conoscendo i meccanismi con cui opera le UE, temo che questa idea ritarderebbe l’arrivo del Messia anziché affrettarlo.
Comunque, dovremmo usare la soluzione politica del conflitto per modificare i rapporti. Il mutamento possibile e auspicabile vedrebbe un cambiamento strutturale della UE e un cambiamento nel pensiero strategico di Israele. La UE dovrebbe permettere a Turchia, Ucraina e Israele – forse anche ad altri – di entrare, se interessati, nell’”euro-spazio”. Israele dovrebbe decidere di entrare nel mercato unificato europeo, una decisione che sarebbe resa più facile se il cancelliere Angela Merkel riuscirà a creare una zona di libero scambio tra UE e Usa.
L’associazione di Israele alla UE richiederebbe che Israele adottasse – dove necessario – valori, standard e legislazione per essere più di un semplice partner. Ciò rappresenterebbe la realizzazione della visione del cancelliere Kohl di “portare Israele in Europa” e la realizzazione della Dichiarazione di Essen.

(Da: YnetNews, 22.03.07)