Israele: “I riconoscimenti unilaterali servono solo a minare il processo di pace”

Autorità Palestinese e alcuni paesi latinoamericani vorrebbero “fare la pace” senza un accordo con Israele.

image_3005Israele condanna la decisione di Argentina, Brasile e Uruguay di riconoscere uno “stato palestinese nei confini pre-‘67” definendola “un’interferenza estremamente dannosa” da parte di paesi che non hanno mai preso parte al processo di pace in Medio Oriente.
La presidente argentina Cristina Kirchner ha scritto al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per annunciare che il suo paese “riconosce la Palestina come stato libero e indipendente entro i confini del 1967”. Ne ha dato notizia lunedì scorso il ministro degli esteri argentino, Hector Timerman. Venerdì il Brasile aveva preso un’identica decisione, mentre l’Uruguay avrebbe intenzione di fare lo stesso passo nel 2011, stando a quanto dichiarato dal suo vice-ministro degli esteri Roberto Conde.
“E’ assurdo e sconfortante – ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri israeliano Yigal Palmor – Non hanno mai dato alcun contributo al processo di pace e ora prendono una decisione completamente contraria a tutto ciò che è stato finora concordato: una decisione dannosa, perché di fatto mina le fondamenta del processo di pace”.
Il processo di pace, avviato a Madrid nel 1991 e a Oslo nel 1993, prevede che la soluzione permanente e definitiva del conflitto, compresa l’istituzione di uno stato palestinese, debba risultare soltanto da negoziati diretti fra le parti e da soluzioni reciprocamente concordate. “Un riconoscimento mentre i negoziati sono ancora in corso e un accordo finale deve ancora essere raggiunto – ha spiegato Palmor – è contrario allo spirito e alla lettera del processo di pace”.
In pratica è come se Brasile e Argentina avessero unilateralmente deciso di stabilire di propria iniziativa quali debbano essere i confini d’Israele. Israele contesta la rivendicazione palestinese su tutta la Cisgiordania e sulla parte orientale di Gerusalemme, conquistate da Israele nel giugno 1967 alla Giordania (che le aveva occupate nel 1948), dopo che la Giordania lo aveva attaccato.
“Questo riconoscimento, fatto oggi – ha dichiarato il vice ministro degli esteri israeliano Danny Ayalon – serve solo a danneggiare il processo di pace, perché non fa altro che incoraggiare l’intransigenza dei palestinesi, che continuano a sperare in un miracolo: che qualcuno scenda dal cielo, o dalla comunità internazionale, a imporre a Israele l’accordo che vogliono loro, senza trattare alcun compromesso”.
Significativamente, il giorno dopo l’annuncio dell’Argentina, Yasser Abed Rabbo, segretario generale del comitato esecutivo dell’Olp e ascoltato consigliere del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), parlando a radio “Voce della Palestina” ha affermato che l’Autorità Palestinese sta seriamente pensando di “rivolgersi direttamente alla comunità internazionale e all’Onu” per ottenere un “riconoscimento” alle proprie condizioni, evidentemente senza l’accordo con Israele. La mossa sarebbe dovuta al fatto che gli Stati Uniti hanno ufficialmente comunicato di non aver ottenuto da Israele un ulteriore congelamento delle costruzioni in Cisgiordania alle condizioni chieste dai palestinesi. “Chi non riesce a costringere Israele a bloccare le attività negli insediamenti in modo da riavviare i negoziati – ha detto Rabbo – come potrà costringere Israele ad accettare la giusta soluzione?”.
La parte palestinese boicotta i negoziati ponendo come precondizione un blocco totale e illimitato di tutte le attività edilizie ebraiche in Cisgiordania e nella parte est di Gerusalemme. Israele ha effettivamente congelato le costruzioni in Cisgiordania per dieci mesi, fino al settembre scorso, senza che ciò bastasse a smuovere la parte palestinese. Di recente, su pressioni Usa, il governo Netanyahu si è dichiarato disponibile a rinnovare una sola volta la moratoria, per altri tre mesi, in cambio di un pacchetto di aiuti e di garanzie scritte da parte americana. I palestinesi tuttavia non accettano limiti di tempo né l’esclusione di Gerusalemme dalla moratoria: su questo stanno facendo fallire i negoziati e accusano Israele (e Stati Uniti) del fallimento. “Ciò che sta provocando il fallimento del processo di pace – ha dichiarato mercoledì il segretario generale del governo israeliano, Zvi Hauser – non è il rifiuto di Israele di prolungare il blocco delle costruzioni in Giudea e Samaria (Cisgiordania), bensì la fissazione dei palestinesi di imporre pre-condizioni”.
Il “riconoscimento” di Brasile, Argentina e Uruguay è il risultato di una richiesta in questo senso avanzata dal presidente palestinese Abu Mazen alla fine di novembre. In realtà, sottolineano a Gerusalemme, il mandato dello stesso Abu Mazen a negoziare con Israele su confini e altre questioni cruciali per l’accordo finale viene contestato dai suoi stessi rivali palestinesi del movimento islamista Hamas; il quale, dopo aver ottenuto la maggioranza dei voti nelle elezioni del 2006, un anno dopo ha preso il controllo nella striscia di Gaza con un golpe sanguinoso, e continua a respingere seccamente l’esistenza stessa dello stato di Israele.
“C’è un’entità palestinese in Cisgiordania governata dall’Autorità Palestinese – ha fatto notare Palmor – e un’altra entità palestinese nella striscia di Gaza controllata da Hamas; e queste due entità non si riconoscono nemmeno l’un l’altra. Quale stato palestinese stanno riconoscendo brasiliani e argentini? Questo non è chiaro nemmeno agli stessi palestinesi”.

(Da: YnetNews, Ha’aretz, israele.net, 7-8.12.10)

Nella foto in alto: Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e la presidente argentina Cristina Kirchner

Si veda anche:

Si fa presto a dire confini

https://www.israele.net/articolo,2999.htm