“Israele sta tornando in Africa e l’Africa sta tornando in Israele”

La visita di Netanyahu, iniziata con la cerimonia per i 40 anni dall’Operazione Entebbe, corona un’opera di riavvicinamento avviata già da diversi anni

L’allora ministra degli esteri israeliana Golda Meir balla con Margaret Kenyatta (figlia del leader del Kenya, Jomo Kenyatta) durante una visita in Kenya nel 1960

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha iniziato lunedì un viaggio ufficiale che lo porterà a visitare in cinque giorni quattro stati africani – Uganda, Ruanda, Kenya ed Etiopia – tra misure di sicurezza senza precedenti.

La visita è iniziata con una cerimonia in Uganda per commemorare il 40esimo anniversario dell’operazione antiterrorismo di Entebbe, che si è tenuta esattamente nel vecchio terminal dove più di cento israeliani ed ebrei venero tenuti in ostaggio per una settimana da terroristi palestinesi e tedeschi finché non furono liberati da un raid delle Forze di Difesa israeliane.

Israele confida che la visita – la prima di un primo ministro israeliano nell’Africa sub-sahariana negli ultimi trent’anni – inauguri una nuova era che lo veda fornire ai paesi africani il proprio know-how in fatto di agricoltura e sicurezza in cambio del loro sostegno nelle sedi internazionali.

Israele ha una lunga storia di cooperazione in Africa, con l’invio nel corso degli anni di esperti in agricoltura e sviluppo e di consulenti militari, e con programmi di formazione in Israele in agricoltura, sanità, istruzione, cooperazione ecc.

La visita di Netanyahu corona un’opera di riavvicinamento già avviata negli anni scorsi dall’attuale ministro della difesa Avigdor Lieberman il quale, quando pochi anni fa era ministro degli esteri, visitò il continente in due occasioni dopo che nessun ministro degli esteri israeliano lo aveva fatto per due decenni. A loro volta, decine di dignitari africani hanno visitato Israele negli ultimi anni, tra cui il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta e il presidente liberiano Ellen Johnson Sirleaf. L’alto diplomatico israeliano Dore Gold è stato in Sudafrica lo scorso marzo.

“Israele sta tornando in Africa, l’Africa sta tornando in Israele e la cosa sta accadendo alla grande”, ha detto Netanyahu agli ambasciatori africani a febbraio, in occasione del lancio del comitato parlamentare israeliano per le relazioni Israele-Africa. Il mese scorso Netanyahu ha detto che chiederà al governo di approvare un piano da 13 milioni di dollari per rafforzare i legami economici e la cooperazione con i paesi africani.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’incontro, lunedì in Uganda, con sette leader dell’Africa orientale

Negli anni ’60 Israele giocò un ruolo di primo piano nell’aiutare i paesi africani di nuova indipendenza, ma nel decennio successivo quei rapporti si sfaldarono quando i paesi arabi esercitarono fortissime pressioni sulle nazioni africane perché limitassero o tagliassero del tutto le relazioni con Israele. Con l’ascesa dello jihadismo in tutto il continente – da Boko Haram in Nigeria ai gruppi armati affiliati ad al-Qaeda come al-Shabab in Somalia – Israele ha ritrovato un terreno comune con paesi come il Kenya, l’Uganda e la Nigeria. “Ogni vittoria dell’islamismo in qualunque parte dell’Africa ha un impatto immediato su di noi – spiega Avi Granot, ex capo del dipartimento Africa nel Ministero degli esteri israeliano – Ogni sconfitta che subiscono gli estremisti, che sia in Nigeria, in Camerun, in Somalia o nel Ciad, è una vittoria anche per noi in Medio Oriente”. Le esportazioni militari israeliane in Africa sono limitate, ma Israele fornisce a diversi paesi assistenza e addensamento in fatto di sicurezza. Granot ricorda l’invio di un team di esperti israeliani della sicurezza nel 2013 a seguito dell’attacco di al-Shabab contro un centro commerciale di Nairobi. Con la sua vasta esperienza di lotta ai gruppi armati, dice, Israele può continuare a offrire formazione in materia di prevenzione e contenimento del terrorismo. Stando a quanto dicono le fonti della difesa israeliana, per ora la condivisione delle informazioni è limitata a pochi alleati molto stretti. Ma Israele ha sviluppato rapporti militari con diversi paesi africani, e il Ministero della difesa ha autorizzato imprese private israeliane specializzate in sicurezza a operare in alcuni paesi.

In cambio del suo aiuto nella sicurezza e in vari altri campi, Israele chiede agli stati africani che lo affianchino alle Nazioni Unite, ad esempio nell’Assemblea Generale la cui schiacciante maggioranza ha riconosciuto nel 2012 la “Palestina” come stato osservatore non membro (senza aspettare la firma di un accordo con Israele). Com’era ampiamente prevedibile, lungi dal perseguire il negoziato i palestinesi hanno subito usato il loro nuovo status per lanciare una serie di offensive diplomatiche ostili contro Israele. “Stiamo parlando di circa 45 paesi dell’Africa sub-sahariana che votano in blocco alle Nazioni Unite – afferma Arye Oded, ex diplomatico israeliano ed esperto di Africa –Netanyahu vuole migliorare le relazioni con tutti questi paesi, e vuole che siano sempre più numerosi i paesi che non votano automaticamente contro di noi alle Nazioni Unite”.

Il primo ministro è anche accompagnato da una delegazione di uomini d’affari israeliani organizzata in collaborazione con l’Istituto per l’esportazione.

(Da: YnetNews, 3.7.16)

Il governo ugandese ha scelto Israele per ricostruire le infrastrutture della nazione grazie a fondi della Banca Mondiale. Così, quarant’anni dopo l’Operazione Entebbe, Israele costruirà il nuovo aeroporto internazionale ugandese. A capo del vasto progetto di ricostruzione, il professor Yigal Tzamir della Tzamir Architects and City Planning con sede a Haifa, assistito dal professor Moshe Hirsch oltre che da esperti locali e da dipendenti dell’amministrazione ugandese che verranno formati dall’azienda israeliana. “L’Uganda è un paese che ospita 65 milioni di persone, dieci volte il numero dei cittadini israeliani – ha detto Tzamir – e al momento non ha un progetto per il futuro. E’ un grande onore che abbiano scelto gli israeliani per pianificare il paese, soprattutto in un momento in cui le principali costruzioni in corso nel paese sono fatte da cinesi. Si tratta di un ritorno ai gloriosi anni ’60 quando gli israeliani contribuirono a costruire e pianificare l’Uganda da poco indipendente”. I rapporti tra Uganda e Israele hanno conosciuto incredibili alti e bassi. Aziende israeliane come Tehel e Solel Boneh svilupparono praticamente tutte le infrastrutture del paese nel corso degli anni ‘60 e nei primi anni ‘70. Tuttavia, i rapporti vennero bruscamente interrotti nel 1972 e l’Uganda divenne un paese nemico, fino al culmine del dirottamento a Entebbe. Le relazioni non vennero ripristinate che negli anni ‘90, ma oggi i rapporti sono considerati molto buoni. (Da: YnetNews. 4.7.16)