Israele teme una nuova ondata di terrorismo

Tradizionalmente i palestinesi risolvono i loro problemi interni scatenandosi contro il nemico comune

Da un articolo di Yaakov Katz

image_1514Mentre non è ancora chiaro quale sarà il risultato finale dello scontro fra Hamas e Fatah, è fin troppo chiaro quale potrebbe essere un suo effetto a breve termine: una nuova ondata di attacchi terroristici anti-israeliani. Come ha detto domenica un alto consigliere del ministro della difesa israeliano Amir Peretz, “quando i palestinesi combattono fra di loro, il modo che usano per uscirne è sempre quello di unire le forze nella lotta contro il nemico comune, cioè Israele”.
Ambienti della difesa israeliana hanno seguito con crescente preoccupazione gli eventi di domenica nella striscia di Gaza. Mentre il primo ministro israeliano Ehud Olmert invitava al riserbo i suoi ministri dicendo che gli sviluppi in corso sono affari interni palestinesi, ufficiali della difesa mettevano in guardia rispetto ad una possibile nuova ondata di attentati terroristici come diretto effetto delle battaglie interne all’Autorità Palestinese, accompagnata da destabilizzazione di Libano e Giordania.
Se la situazione a Gaza continuerà a deteriorarsi, la difesa israeliana teme che anche le comunità di profughi palestinesi (e loro discendenti) residenti in Giordania subiranno pressioni perché inizino a manifestare a sostegno di una o dell’altra parte. Anche i terroristi palestinesi di stanza in Libano potrebbero approfittare del deterioramento della situazione lanciando attacchi contro il nord di Israele o aggregandosi ai tentativi di Hizbullah di rovesciare il governo libanese di Fuad Saniora.
La situazione attuale nelle strade delle striscia di Gaza, dicono ufficiali della difesa israeliana, ricorda il processo che è prevalso in Iraq dopo l’invasione americana del 2003. Anche là la guerra civile è iniziata sottoforma di attacchi contro i soldati americani per poi travolgere a poco a poco tutto il paese. Sebbene nel caso dei palestinesi il processo si sia sviluppato più lentamente, nelle ultime settimane – dopo il collasso delle trattative per la creazione di un governo di unità nazionale – si è avuta una netta accelerazione.
Israele non è stato con le mani in mano. In vista della escalation di violenze, ha condotto incontri segreti con esponenti di Fatah. La settimana scorsa consiglieri del ministro Peretz hanno incontrato un alto esponente di Fatah col quale hanno discusso delle crescenti tensioni inter-palestinesi. Duplice lo scopo dei colloqui: tastare il polso della situazione palestinese e vedere dove Israele potrebbe intervenire e cosa potrebbe fare per aiutare.
La difesa israeliana non esclude la possibilità che Hamas, in quanto forza militarmente dominante nella striscia di Gaza, voglia utilizzare il recente scoppio di violenze per “ripulire” l’area dagli elementi filo-Fatah e istituire una sorta di governo estremista islamico indipendente senza connessioni con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) nella Mukata a Ramallah. Non si tratta di uno scenario inverosimile. Sin dall’inizio della cosiddetta seconda intifada (settembre 2000), Cisgiordania e striscia di Gaza si sono separate sempre più, diventando quasi due entità politiche distinte. Un’ulteriore escalation del conflitto interno fra palestinesi potrebbe accelerare il processo verso una frattura definitiva fra Cisgiordania e striscia di Gaza.

(Da: Jerusalem Post, 18.12.06)