La cocenti disillusioni delle offerte di pace sono all’origine del declino dei laburisti israeliani

Il tempo dirà se la nuova leadership saprà imprimere una svolta a un partito da anni percepito come incapace di fare i conti con la dura realtà del Medio Oriente

Di Moshe Arens

Moshe Arens, autore di questo articolo

Cosa è successo al grande partito laburista che per decenni governò Israele con mano salda, guidato da icone come David Ben-Gurion, Levi Eshkol e Golda Meir? Come è accaduto che diventasse l’ombra di se stesso, perdendo un’elezione dopo l’altra?

Da molti anni in qua il partito laburista israeliano non è quello che era prima della vittoria elettorale del Likud nel 1977. Prima di allora i suoi leader non si facevano illusioni sulla reale minaccia posta dai vicini arabi con cui Israele doveva fare i conti. Anche quando perseguivano la pace, e lo facevano, non prendevano mai alla leggera i rischi insiti in ogni opzione.

Dopo che Menachem Begin, leader del Likud, arrivò a firmare un trattato di pace con l’Egitto restituendo tutto il Sinai, il partito laburista divenne un fervente sostenitore dell’idea di raggiungere la pace con i siriani e i palestinesi imitando il modello che Begin aveva adottato con l’Egitto: il ritorno sulle linee armistiziali del 1949 in cambio di una promessa di pace. Questo approccio era in sintonia con l’umore della maggioranza degli israeliani. Begin aveva dimostrato che una pace con gli arabi era possibile e, dopo le pesanti perdite subite nella guerra di Yom Kippur del ‘73, importanti concessioni territoriali sembravano un prezzo che valesse la pena di pagare per evitare un’altra guerra.

Nel 1992 Yitzhak Rabin guidò il partito laburista alla vittoria contro il Likud guidato da Yitzhak Shamir, che era considerato uno contrario a cedere anche solo un centimetro. Insieme a Shimon Peres, Rabin firmò gli Accordi di Oslo con il capo dell’Olp, Yasser Arafat (1993-95). Avendo fiducia in Rabin, la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana era favorevole a questa scelta nutrendo l’aspettativa che la mossa avrebbe portato alla pace con i palestinesi. Rabin avviò anche negoziati con il dittatore siriano Hafez Assad, dichiarandosi disposto a firmare un accordo sulle alture del Golan analogo a quello firmato da Begin con Anwar Sadat sul Sinai.

Voti laburisti dal 1969 al 2015 (clicca per ingrandire)

Guidato da Ehud Barak, il partito laburista tornò al potere nel 1999 con la promessa di “una nuova alba” per Israele, e cioè ritirare le Forze di Difesa israeliane dal sud del Libano e fare la pace con i siriani e i palestinesi. Arrivato al governo, Barak nel 2000 ordinò il ritiro dei soldati dalla “fascia di sicurezza” nel Libano meridionale, avviò trattative con Assad pronto a cedere le alture del Golan e offrì ad Arafat Cisgiordania e striscia di Gaza. L’umore generale in Israele era largamente favorevole a queste sue iniziative, che tuttavia si risolsero in concenti disillusioni. Il ritiro dal Libano portò Hezbollah al potere in Libano e le sue milizie ai confini con Israele, sfociando nella seconda guerra d’Israele in Libano (2006). Arafat respinse l’offerta di Barak e nella “seconda intifada” che ne seguì, l’intifada delle stragi suicide scoppiata nel settembre 2000, vennero trucidati più di mille cittadini israeliani. Intanto nessun accordo scaturiva dalle trattative con la Siria e oggi la maggioranza degli israeliani, ripensandoci, non se ne dispiace affatto.

Non basta. Un’altra bruciante disillusione attendeva gli israeliani con il disimpegno dalla striscia di Gaza, ch rientra nel novero sebbene non sia stato guidato dal partito laburista, che a quel punto aveva già perso molti consensi elettorali. Fu Ariel Sharon – che era del Likud, e che per l’occasione fondà il partito Kadima a cui si unirono molti esponenti laburisti, compreso il suo ex leader Peres – colui che nel 2005 prese la drastica decisione di sgomberare con la forza più di 8.000 civili israeliani dagli insediamenti nella striscia di Gaza e nel nord della Samaria (Cisgiordania). Anche quella mossa, sostenuta dal partito laburista, godette inizialmente del sostegno di una larga maggioranza del pubblico israeliano. Anch’essa, però, si tradusse in una frustrante delusione: Hamas prese il controllo a Gaza e su Israele cominciarono a cadere i razzi.

Questa sequela di iniziative di pace fallite ha profondamente disilluso l’opinione pubblica israeliana e ha portato a un cambiamento dello stato d’animo generale che è in gran parte la ragione della lunga permanenza al governo del Likud sotto la guida di Benjamin Netanyahu. In tutti questi anni il partito laburista ha continuato a invocare nuove iniziative e offerte di concessioni territoriali. I laburisti sono ormai considerati da molti come quelli che si rifiutano ostinatamente di prendere atto della dura realtà del Medio Oriente e che cercano ancora di vendere illusioni. I sondaggi mostrano che la maggior parte degli israeliani è a favore di una soluzione “due stati per due popoli”, confermando che essi a lungo andare preferiscono staccarsi dai palestinesi. Ma ciò non comporta sostenere, adesso, iniziative di cui si vedono bene i rischi mentre si teme che i vantaggi si rivelino l’ennesima illusione.

Agli occhi di molti, i leader laburisti sembrano ancora ideologicamente attaccati alla formula “terra in cambio di pace” indipendentemente dalla concreta realtà sul terreno. Ecco perché nel corso degli anni il partito laburista ha continuato a perdere voti a vantaggio di partiti che sembrano avere una visione più realistica della situazione. Il tempo ci dirà se la nuova leadership appena eletta nelle primarie del partito laburista saprà rimediare a questi errori, e ai danni che hanno provocato per tanti anni, o se guiderà il partito verso un’altra sconfitta alle prossime elezioni.

(Da: Ha’aretz, 11.7.17)

Si veda anche: Quella soluzione bella e impossibile