La guerra diplomatica affossa Oslo e apre la strada alla “pulizia etnica” degli ebrei

Alan Dershowitz: “Signor presidente, legga la risoluzione: state negando agli ebrei il diritto di vivere nel quartiere di Gerusalemme dove hanno vissuto per migliaia di anni”

Gerusalemme ai primi del ‘900. I due edifici a cupola nella parte bassa della foto sono le antiche sinagoghe di Hurva e Tiferet Yisrael, distrutte dalla Legione Araba quando occupò la parte est della città nel 1948 (cliccare per ingrandire). Secondo l’Onu, il secolare quartiere ebraico di Gerusalemme vecchia è “territorio palestinese occupato”

Scrive Gidon Ben-Zvi: «Il voto del Consiglio di Sicurezza sugli insediamenti israeliani, reso possibile dalla storica decisione dell’amministrazione Obama di astenersi, ha di fatto annullato gli Accordi di Oslo che si fondavano sul concetto di risolvere il contenzioso attraverso negoziati bilaterali tra Gerusalemme e Ramallah. Bypassando i colloqui diretti su alcune delle questioni più complesse relative allo status finale – la questione dei confini definitivi e del destino di oltre 400mila uomini donne e bambini israeliani che risiedono al di là della ex linea armistiziale del ’49-’67 – la condanna indistinta di tutti gli insediamenti adottata dalle Nazioni Unite costituisce al tempo stesso un tragico voto di fiducia per la posizione palestinese: in pratica, il presidente palestinese Abu Mazen ha ricevuto il via libera per proseguire con la sua politica volta a fare della Cisgiordania e di mezza Gerusalemme un territorio Judenrein (etnicamente ripulito dalla presenza di ebrei)».

Scrive Ephraim Herrera: «La risoluzione sugli insediamenti israeliani è percepita in tutto il mondo musulmano come un’enorme vittoria e un successo storico per i palestinesi. La risoluzione, infatti, rende praticamente inutili i negoziati, dal momento che la comunità internazionale rifiuta qualsiasi legittimità o rivendicazione di Israele su qualunque centimetro di terra al di là della ex linea armistiziale del periodo ’49-‘67. In altre parole, Israele dovrà ritirarsi dal quartiere ebraico della Città Vecchia (dal quale la secolare comunità ebraica venne cacciata nel 1948), dai quartieri sorti nella parte di Gerusalemme strappata nel ’67 all’occupazione giordana, e da tutta la Cisgiordania (senza alcuna considerazione per i rischi e pericoli cui il centro di Israele si troverà esposto). Sin dall’inizio della costruzione del moderno Israele (più di 130 anni fa), il mondo musulmano senza eccezioni ha cercato di annichilire l’entità sionista. La fase attuale non è meno pericolosa delle fasi precedenti, caratterizzate da guerre classiche, terrorismo, intifade e “lupi solitari”.

Dall’alto: La secolare sinagoga di Hurva prima del 1948; la stessa sinagoga durante l’occupazione giordana di Gerusalemme Vecchia (1948-1967); l’arco in memoria della sinagoga, eretto dopo la riunificazione della città nel 1967; la sinagoga quasi completamente ricostruita (luglio 2009). Secondo l’Onu, la sinagoga di Hurva è in “territorio palestinese occupato”

Oggi la guerra viene condotta contro Israele con mezzi diplomatici e giuridici e nel campo delle pubbliche relazioni: una serie martellante di iniziative volte a presentare lo stato ebraico come un paese intrinsecamente immorale, razzista e illegale che merita d’essere ostracizzato. Non illudiamoci: l’obiettivo della guerra diplomatica e di opinione pubblica è sempre lo stesso: annichilire lo stato ebraico. La pressione internazionale che esige da Israele torni sulle linee del 4 giugno 1967 è intesa da palestinesi e musulmani come il primo passo, non l’ultimo. Non a caso il presidente palestinese Abu Mazen dichiara costantemente che non riconoscerà mai lo stato di Israele come stato nazionale del popolo ebraico e che non cederà mai sul cosiddetto diritto al ritorno dei profughi palestinesi (e loro discendenti). Le vivacissime discussioni in Israele fra destra e sinistra rischiano di non cogliere l’essenza del problema, che non è il territorio ma l’esistenza stessa dello stato di Israele».

Alan Dershowitz, celebre avvocato e professore di diritto ad Harvard, elettore dichiarato del partito democratico americano, parlando lunedì a Fox News ha attaccato con toni senza precedenti il presidente Barack Obama, accusandolo d’aver “pugnalato Israele alla schiena”. Dershowitz ha anche criticato Obama per aver vincolato il neoeletto presidente Usa Donald Trump adottando, durante il periodo di passaggio dei poteri, una decisione cruciale come quella di far passare la risoluzione anti-israeliana di venerdì scorso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. “E’ la cosa più antidemocratica che un presidente possa fare – ha detto Dershowitz – legare le mani al suo successore durante il periodo di transizione. L’ha fatta veramente sporca. Ha preso per il naso il pubblico americano dicendo: Oh, la questione riguarda solo gli insediamenti nel cuore della Cisgiordania. E poi ha permesso al suo rappresentante all’Onu di astenersi, in pratica di votare a favore, su una risoluzione che di fatto nega il diritto degli ebrei di pregare al Muro del Pianto; nega agli studenti israeliani, ebrei e arabi, il diritto di andare a studiare all’Università di Gerusalemme; nega ai pazienti israeliani, ebrei e arabi, il diritto di andare all’ospedale Hadassa sul Monte Scopus; nega il diritto ai cittadini ebrei di vivere nel quartiere ebraico dove hanno vissuto per migliaia di anni. E adesso dirà: oops, non intendevo questo. Bene, signor presidente, si legga la risoluzione! In fondo lei è un avvocato laureato ad Harvard”. Dershowitz ha concluso dicendo che Obama sarà ricordato come “uno dei peggiori presidenti” nel campo della politica estera, uno che ha  creato un “terribile conflitto” agli americani come Dershowitz, democratici liberal, che condividevano i suoi principi in politica interna, ma hanno trovato “semplicemente spaventosa” la sua politica estera.

(Da: Israel HaYom, 27.12.16)