La nazione araba più libera del mondo

Basta guardarsi attorno per vedere quanto si sbagliano i denigratori di Israele.

Di Robert L. Kern

image_3702Attualmente siedono alla Knesset dodici parlamentari arabo-israeliani (sul totale di 120 deputati). In effetti, vi sono sempre stati dei parlamentari arabi nella Knesset sin dal 1949, quando in Israele si tennero per la prima volta elezioni politiche. Vi sono stati parlamentari musulmani, cristiani, drusi e beduini – uomini e donne – e vale la pena sottolineare che tra di loro vi sono stati anche ministri, viceministri e vicepresidenti del parlamento. Tutto questo non dovrebbe sorprendere. Eppure quando lo dico agli accusatori di Israele, loro semplicemente si rifiutano di ascoltare. Il che dimostra quanto sia efficace la propaganda anti-israeliana.
Non molto tempo fa, mentre ero seduto a un caffè nel centro commerciale Mamilla, a Gerusalemme, nei pressi della Porta di Giaffa, ho visto passare davanti ai miei occhi la prova di quanto si sbaglino quei disinformati denigratori. Sulla panchina accanto a me una giovane donna araba musulmana vestita in modo tradizionale puliva il gelato dal viso e dalla t-shirt Manchester United di suo figlio. Altri avventori arabi, sia in abiti tradizionali che in abiti occidentali, passeggiavano portando le borse della spesa, mescolati a una folla di persone che annoverava donne ebree ortodosse vestite in modo morigerato, ebrei ultra-ortodossi, suore cattoliche, preti armeni, un gruppo di cristiani evangelici americani in giro turistico e giovani israeliani variamente abbigliati, dai jeans alle minigonne. Nessuno sembrava preoccuparsi minimamente degli altri.
Non che fosse un caso raro: scene di questo genere hanno luogo tutti i giorni in tutta Gerusalemme, nella centralissima Piazza Sion come nei vicoli e nei mercati della Città Vecchia. E scene analoghe si possono vedere sul lungomare di Tel Aviv. Recentemente, in una tiepida serata, ho visto famiglie arabe fare pic-nic sul prato del parco che sta fra Alma Beach e Giaffa. Ma ciò che ha attirato di più la mia attenzione erano delle donne arabe in abiti tradizionali e con le Nike ai piedi che praticavano il “power walking” senza fare minimamente caso alla giovane coppia di ebrei ortodossi che si era data appuntamento nello stesso luogo e passeggiava senza nemmeno sfiorarsi le mani, né a tutte le altre persone che camminavano, correvano, facevano esercizi ginnici, passavano in bicicletta o portavano a spasso il cane. Era un vero e proprio spaccato della variegata popolazione di questo paese, con tutta una gamma di abbigliamenti diversi, che si godeva la brezza marina.
Naturalmente, i rapporti fra ebrei e arabi sono molto più complicati di quello che si può vedere a occhio nudo, e certamente vi è differenza tra le due popolazioni arabe che ho osservato: quelli a Tel Aviv-Giaffa sono cittadini israeliani, mentre la maggior parte di quelli che ho visto a Mamilla erano probabilmente di Gerusalemme est o di Cisgiordania. Dico “la maggior parte” ma non tutti, perché i villaggi arabi ad ovest di Gerusalemme, come Abu Ghosh, fanno parte di Israele sin dal 1948 e i loro abitanti sono cittadini israeliani. Tuttavia continua a stupirmi quanto sono veementi, sbagliate e fuori luogo le accuse a Israele circa i suoi cittadini e residenti arabi. Praticamente tutti i paesi attorno a Israele sono colpevoli a livelli addirittura grotteschi di quelle discriminazioni e violazioni dei diritti umani di cui Israele viene accusato dai suoi detrattori (ma gli accusatori di Israele, questi campioni della difesa della libertà e dei diritti umani, preferiscono non dire una parola su di loro). Israele non è un paese perfetto, ma lo stesso si può dire degli Stati Uniti e probabilmente di ogni altra nazione. No, certamente Israele non è perfetto, ma quando lo si confronta ai suoi vicini, è alquanto eccezionale.
Il che mi riporta al tema della Knesset. Se gli arabi israeliani avessero scelto di votare in maggior numero alle elezioni dello scorso gennaio, oggi sarebbero ancor più rappresentati nel parlamento israeliano. La parola “scegliere” è importante: nessuno li ha trattenuti dall’andare a votare, né li ha costretti a votare per qualcuno che non volevano. La scelta di non votare è un diritto tanto quanto la scelta di dare il proprio voto, ed essi hanno liberamente esercitato questo diritto, senza alcun timore di ritorsioni.
Personalmente continuo a credere nella soluzione “a due stati”. Ma quando alcuni anni fa il leader di Yisrael Beiteinu, Avigdor Liberman, suggerì che la zona del “Triangolo” (un gruppo di città e villaggi arabo-israeliani vicino a Kfar Saba e alla Linea Verde) venisse trasferita al futuro stato arabo-palestinese in cambio della sovranità di Israele su alcuni insediamenti in Cisgiordania, l’83% degli arabi residenti in quella zona si è dichiarato totalmente contrario. Evidentemente, a dispetto di quel che dicono i suoi accusatori, Israele è la “nazione araba” più libera del mondo.

(Da: Times of Israel, 10.3.13)

Nella foto in alto: Sulla spiaggia di Tel Aviv