La nuova offerta egiziana: uno stato palestinese tra Gaza e parte del Sinai

Luce verde dagli Usa, pareri positivi in Israele, il secco no di Abu Mazen

7.9.14 - incontro al Cairo fra il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi

7.9.14 – incontro al Cairo fra il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi

Meno di due settimane dopo la fine dei combattimenti tra Israele e i gruppi terroristi a Gaza, il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi ha presentato una proposta di soluzione del conflitto ambiziosa e generosa: uno stato palestinese tra Gaza e parte del Sinai.

Secondo un reportage diffuso lunedì da Radio Galei Tzahal, dopo averci lavorato per diverse settimane il presidente al-Sisi ha offerto al presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas), durante un loro recente incontro al Cairo, di cedergli 1.600 chilometri quadrati nel Sinai allo scopo di espandere la striscia di Gaza fino a cinque volte le sue dimensioni attuali. Secondo il piano, tale territorio dovrebbe costituire uno stato palestinese sotto il completo controllo dell’Autorità Palestinese. Il nuovo territorio, composto dalla striscia di Gaza e dalle terre aggiuntive nel Sinai, dovrebbe diventare uno stato smilitarizzato nel quale andrebbero a stabilirsi i profughi palestinesi che desiderano andarsene dai paesi dove ora vivono. Oltre a questa “Grande Gaza” indipendente, il piano prevede forme di completa autonomia per le città di Cisgiordania che attualmente fanno parte dell’Autorità Palestinese. In cambio, alla parte palestinese verrebbe chiesto di rinunciare formalmente alla rivendicazione di uno stato sulle linee armistiziali pre-’67 (cosiddetta Linea Verde).

Ipotetica ricostruzione della proposta egiziana

Ipotetica ricostruzione di come potrebbe apparire la proposta egiziana – Clicca l’immagine per ingrandire

Un’idea analoga era stata ventilata diversi anni fa da alcuni accademici israeliani, e in particolare dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale Giora Eiland, ma era stata seccamente respinta dal regime del presidente egiziano Hosni Mubarak.

La proposta, già segnalata la scorsa settimana da alcuni mass-media arabi come avanzata da un “alto funzionario egiziano” senza che fosse specificamente menzionato il presidente al-Sisi, sarebbe stata comunicata anche al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e all’amministrazione americana, che avrebbero espresso parere positivo all’idea.

Abu Mazen, secondo il reportage di radio Galei Tzahal, avrebbe già respinto in via definitiva l’offerta egiziana, nonostante forti pressioni da parte del Cairo. Secondo il Middle East Monitor, Abu Mazen ha definito la proposta “assolutamente inaccettabile”. Stando a un dispaccio dell’agenzia palestinese Ma’an, già a fine agosto Abu Mazen aveva menzionato la proposta, e il suo netto rifiuto, durante un raduno di Fatah a Ramallah.

Positive, per contro, le reazioni dei politici israeliani. Il ministro della scienza e della tecnologia Yaakov Peri, un ex capo dei servizi di sicurezza, si ha detto favorevolmente sorpreso dalla generosità di al-Sisi, aggiungendo che si tratta di una proposta “che merita d’essere discussa seriamente”. Pur rilevando diversi interrogativi che restano in sospeso, come la sorte esatta dei territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania) e di Gerusalemme (“Il concetto di autonomia è vago – ha detto Peri – e ognuno può intenderlo in modo diverso”), tuttavia il ministro del partito Yesh Atid ha affermato che nella proposta egiziana “ci sono elementi che varrebbe la pena approfondire nonostante il rifiuto di Abu Mazen”, giacché “potrebbe offrire una risposta a problemi che sinora non hanno trovato soluzione nei colloqui tra Israele e palestinesi”. Peri ha inoltre osservato che l’iniziativa di al-Sisi potrebbe anche contribuire all’interesse egiziano di stabilizzare la regione del Sinai travagliata dal terrorismo.

La proposta avanzata da Giora Eiland nel 2009. 1. Terra egiziana da trasferire ai palestinesi. 2 Terra di Israele da trasferire all’Egitto. 3 Autostrada israeliana/corridoio sotto controllo egiziano. 4. altre autostrade proposte – Clicca l’immagine per ingrandire

La proposta avanzata da Giora Eiland nel 2009. 1) Terra egiziana da trasferire ai palestinesi. 2) Terra israeliana da trasferire all’Egitto. 3) Autostrada israeliana/corridoio Egitto-Giordania. 4) Altre autostrade proposte – Clicca l’immagine per ingrandire

Secondo la parlamentare Ayelet Shaked, del partito Bayit Yehudi, il presidente egiziano ha compreso ciò che i “pacifisti”, israeliani e non, si rifiutano di capire da decenni e cioè che “la soluzione del problema palestinese deve essere regionale e non può ricadere solo sulle spalle di Israele”. Shaked ha esortato il primo ministro a incontrare il presidente egiziano per approfondire la fattibilità della proposta.

Giudizio positivo anche quello del ministro dei trasporti Yisrael Katz, del Likud, che tuttavia ha aggiunto su Facebook: “Splendido: ora non resta che convincere Abu Mazen, quelli che esigono il diritto al ritorno, e la sinistra israeliana”.

Sempre lunedì, il ministero degli esteri egiziano – citato dal reporter Adam Makary della ABC – ha smentito che al-Sisi abbia mai avanzato tale proposta. In serata, anche il portavoce della presidenza dell’Autorità Palestinese, Nabil Abu Rudaineh, ha smentito la notizia dicendo che al-Sisi non ha mai mai fatto una simile offerta e che l’idea di ampliare la striscia di Gaza verso il Sinai è del tutto inaccettabile sia per i palestinesi che per tutti gli arabi.

(Da: Jerusalem Post, Israel HaYom, Times of Israel, 8.9.14)

«Non abbiamo la più pallida idea se un alto rappresentante egiziano abbia davvero ventilato questa idea ad Abu Mazen. Normalmente i paesi non cedono territori in cambio di niente (con la notevole eccezione di Israele). Ma la parte importante di questa storia non è se l’offerta sia reale o immaginaria. La parte importante è che Abu Mazen si vanta di aver seccamente rifiutato una soluzione concreta al problema dei “profughi”. Parlando a un raduno del suo partito Fatah a Ramallah, Abu Mazen ha detto (citato dall’agenzia palestinese Ma’an): “Gli egiziani sono pronti a ricevere [nel Sinai] tutti i profughi dicendo: ‘poniamo fine alla storia dei rifugiati, bisogna trovare un asilo per i profughi palestinesi e noi abbiamo tutta questa terra libera’. Questo mi è stato detto personalmente. Ma è illogico risolvere il problema a spese dell’Egitto. Noi non accetteremo”. E’ la dimostrazione che ad Abu Mazen non interessano i “profughi”: gli interessa colpire Israele. Quando l’Olp parla del cosiddetto “diritto al ritorno”, in Occidente di solito si fa spallucce dicendo che i palestinesi non lo dicono sul serio e che quello che vogliono in realtà è una soluzione a due stati, uno a fianco dell’altro. Ma l’idea di inondare Israele di arabi (perlopiù non profughi, casomai discendenti di profughi), trasformando Israele in un ennesimo stato arabo, è la chiave di volta della strategia di Fatah per distruggere Israele a tappe. E non è mai cambiata. L’Olp ha rifiutato di portare in salvo in Cisgiordania i profughi palestinesi dalla guerra civile siriana perché Israele chiedeva che rinunciassero al cosiddetto diritto al ritorno. L’Olp ha insistito sul fatto che i palestinesi libanesi non diventassero cittadini del paese in cui sono nati e in cui vivono, ma rimanessero apolidi a vita. Ora Abu Mazen si vanta di rifiutare della terra libera adiacente a Gaza che gli viene offerta per ospitare dignitosamente questi poveri profughi senza uno stato. La sua posizione è chiara: i “profughi” esistono solo allo scopo di minare da dentro Israele. Devono rimanere miserabili e senza stato, altrimenti non servono più né a lui né all’Olp. Aiutare davvero i “profughi” è l’ultima delle sue priorità: cinicamente li usa contro Israele. Lo scopo di uno stato arabo palestinese non è quello di alleviare le sofferenze dei palestinesi apolidi. Se così fosse, Abu Mazen avrebbe abbracciato tutti questi piani: integrarli nei paesi arabi, portarli nelle zone protette sotto il suo controllo, offrire loro nuove terre dove possano vivere liberamente. E invece Abu Mazen opta costantemente per la scelta di mantenere i “profughi” nell’eterna condizione di profughi. Per lui, qualsiasi soluzione del problema dei profughi deve andare a scapito di Israele. Era così per Yasser Arafat quando fondò Fatah negli anni ’50; è così ancora oggi.»

(Da: elderofziyon.blogspot.it, 4.9.14)