La pace, in due parole

A un certo punto, negli ultimi 30 anni, israeliani e palestinesi sono tornati sulle posizioni del 1947.

di Saul Singer

image_445[…] Il processo di pace è andato a rotoli principalmente a causa della errata convinzione che, se è vero – come è vero – che la soluzione sta nella spartizione, allora l’ostacolo è Israele. Israele stesso ha talmente interiorizzato questa convinzione internazionale che non si accorge nemmeno di adeguarvisi supinamente. Stiamo già parlando di scarcerare detenuti in vista di un’altra ondata di pressioni per “aiutare Abu Mazen” ora che Arafat se n’è andato. In effetti, uno dei principali obiettivi dello stesso piano di disimpegno è quello di dimostrare, ancora una volta, che Israele è favorevole alla spartizione e che pertanto è favorevole alla pace, nello sforzo di scrollarci di dosso il biasimo del resto del mondo.
A livello tattico queste mosse israeliane possono anche allentare un po’ la pressione. Ma sul piano strategico possono invece contribuire ad aumentarla, alimentando sempre più la credenza che “entrambe le parti ostacolano la soluzione”.
Ciò che non viene capito è che a un certo punto, nel corso degli ultimi trent’anni, le posizioni di israeliani e palestinesi sono tornate ad essere quelle del 1947, quando gli arabi rifiutarono il piano di spartizione delle Nazioni Unite. Oggi Israele vuole la spartizione ben più di quanto non l vogliano i palestinesi. E se la spartizione è il modo per arrivare alla pace, allora sono i palestinesi – e il mondo arabo – che devono dimostrare di volerla, non Israele.
Dunque, se si vuole indire un conferenza internazionale, la si indica pure. Ma che venga fissata una condizione. Tutti coloro che vogliono parteciparvi devono sottoscrivere il principio, simmetrico e fondamentale, concordato da Ami Ayalon e Sari Nusseibeh nella loro Dichiarazione della Voce della Gente: “I profughi palestinesi ritorneranno soltanto nello stato di Palestina, gli ebrei ritorneranno soltanto nello stato di Israele”. Ecco, in due parole, la fine del conflitto.
Finché la comunità internazionale si rifiuterà di assumere apertamente questa posizione, preferendo fingere che questa sia materia aperta e negoziabile, il processo di pace non solo sarà destinato a fallire, ma manterrà viva la speranza dei jihadisti di cancellare Israele. E tale speranza genererà altro terrorismo contro Israele e nel mondo.

(Da: Jerusalem Post, 12.11.04)

Nell’immagine in alto: Mappa usata in una scuola palestinese di Hebron. Israele è cancellato, al suo posto c’è lo stato di Palestina.