La piaga dei delitti donore

Dedichiamo questo 8 marzo a Hamda Abu-Ghanem, ennesima donna araba uccisa dai suoi stessi famigliari

Da un editoriale di Ha'aretz

image_1614L’assassinio in nome della “difesa dell’onore della famiglia” non è che un’ennesima variante della tradizionale violenza contro le donne, e nasce da motivazioni che hanno a che fare quasi esclusivamente con l’onore maschile. Un uomo sfaccendato e criminale, le cui deteriorate condizioni di vita non sembrano procurare alcun imbarazzo all’onore della sua famiglia, accetta dai famigliari di assumersi il compito di uccidere la “svergognata” sorella per rimuovere col sangue una “macchia” sull’onore della famiglia. Talvolta una telefonata, un modo di vestire o il rifiuto da parte di lei di sposare qualcuno è sufficiente per decretare la sentenza di morte di una donna. Se nelle società occidentali le donne vengono talvolta uccise dai mariti per infedeltà e divorzio, nella famiglia araba il compito di uccidere viene affidato a fratelli, padri e cugini.
In media ogni anno fra gli arabi israeliani vengono uccise dodici donne per placare “l’onta sull’onore della famiglia”. Altrettante donne vengono uccise dai rispettivi partner in quello che fino a tempi recenti veniva indicato come “omicidio a sfondo sentimentale”. In entrambi i casi la prevenzione appare quasi impossibile. Evidentemente la “ferita” all’onore della famiglia è tanto grande che non riescono a impedire l’omicidio né arresti prolungati dei sospetti né il trasferimento delle potenziali vittime in rifugi protetti. Nella società araba la prevenzione è resa ancora più difficile dal fatto che generalmente anche i parenti più stretti non proteggono la donna dall’assassinio.
A fine febbraio è accaduto qualcosa che potrebbe contribuire a porre fine agli “omicidi d’onore”. Kamal (Rashad) Abu Ghanem è stato incriminato in quanto accusato dell’omicidio della sorella Hamda Abu-Ghanem, e per la prima volta le donne della famiglia hanno rotto l’omertà che normalmente circonda questi casi e hanno testimoniato, mentre gli uomini della famiglia si rifiutavano di collaborare con la polizia. Hamda Abu-Ghanem è stata assassinata a metà gennaio nella casa dei suoi genitori, a Ramle, dopo che aveva rinunciato alla protezione che le era stata offerta dalla polizia. Sette donne della sua famiglia erano già stata uccise in circostanze analoghe negli ultimi sei anni. In un caso aveva partecipato all’omicidio anche un membro della famiglia che era medico. Hamda Anu-Ghanem non vedeva più alcun senso nel continuare a cercare di sfuggire al suo implacabile destino.
Quando vengono diffuse le statistiche annuali sulle donne assassinate dai loro partner, quelle assassinate per l’onore della famiglia non vengono incluse perché non sono state uccise dai partner. Ma il fenomeno è lo stesso: donne assassinate perché la loro condotta viene considerata “inappropriata” dai rigidi codici d’onore tradizionali.
Nella società occidentale l’atteggiamento verso la violenza contro le donne è cambiato solo negli ultimi dieci o vent’anni, soprattutto grazie alle organizzazioni delle donne. Oggi le denunce di violenze vengono prese sul serio, mentre fino a non molto tempo fa la polizia rispediva a casa un marito violento a far pace con la moglie.
Non è lecito considerare la violenza e l’assassinio nella società araba in modo diverso, e spiegare questa mal riposta tolleranza accampando differenze culturali. Quella in gioco è una lotta universale per il diritto delle donne all’eguaglianza, nella quale hanno da svolgere un ruolo fondamentale le organizzazioni delle donne sia nel settore arabo che nel settore ebraico della società israeliana. Nel settore arabo è una battaglia che richiede un enorme coraggio ed è imperativo offrire tutto l’aiuto necessario (in un paese come Israele dove, a differenza dell’Autorità Palestinese, l’omicidio d’onore è considerato dalla legge un omicidio a tutti gli effetti senza attenuanti).

(Da: Ha’aretz, 27.02.07)