La prova del nove della stabilità

Nel caos totale del mondo arabo circostante, il grosso dei palestinesi riconosce il valore della stabilità garantita da Israele, sia in termini economici che di sicurezza

Di Eyal Zisser

Eyal Zisser, autore di questo articolo

Eyal Zisser, autore di questo articolo

Tra i palestinesi non mancano degli individui disposti ad alzarsi la mattina e, se appena se ne presenta l’opportunità, accoltellare degli ebrei o investirli con l’automobile. Eppure va sottolineato come questa a cui stiamo assistendo non è una rivolta popolare. Non vi è alcun segno di sollevazione di masse pronte ad affrontare i soldati per le strade, né sembra che riesca più a organizzarsi, sebbene non manchino i tentativi, una vera rete di cellule terroristiche in grado di effettuare attentati suicidi in Israele.

I singoli aggressori che cercano di colpire civili e soldati israeliani avranno pure alle spalle il sostegno di larga parte della piazza palestinese, sempre pronta a esaltare le loro imprese, ma è un dato di fatto che solo un limitato numero di palestinesi sembra disposto ad aggiungersi all’attuale ondata di terrorismo. Si discerne al contrario la volontà fra i palestinesi di evitare un’escalation delle violenze che in effetti sarebbe dannosissima per i palestinesi stessi.

Siria 2015

Il fatto che quella a cui assistiamo è un’ondata di attentati di “lupi solitari, e non a una mobilitazione organizzata su larga scala, è in gran parte dovuto all’efficacia delle forze di sicurezza israeliane che sono costantemente all’opera sul campo per cogliere in tempo qualsiasi significativo tentativo da parte di Hamas o di altri gruppi terroristici di stabilire una loro testa di ponte. Le forze di sicurezza sono riuscite finora a sventare la creazione di reti e strutture terroristiche come quelle che esistono nella striscia di Gaza, indispensabili per chi voglia perpetrare attentati terroristici complessi e su larga scala.

Il fatto, poi, che per la stragrande maggioranza i palestinesi “della strada” non vengano trascinati da questi aggressori individuali, sebbene ne sostengono automaticamente le gesta, è perché vogliono preservare la calma e la stabilità che la situazione attuale garantisce loro. Ecco perché l’establishment della difesa israeliana, guidato dal ministro Moshe Ya’alon, persegue un’azione decisa contro gli aggressori cercando nel contempo di non mettere a soqquadro la vita quotidiana della popolazione palestinese.

Non è che i palestinesi siano improvvisamente affezionati alla presenza israeliana nei territori di Giudea e Samaria. Ma non appena si guardano attorno e vedono ciò che sta accadendo nel mondo arabo, si rendono conto di preferire di gran lunga la calma offerta dalla presenza israeliana, per quanto la possano trovare esecrabile. Dopo tutto, nonostante l’ondata di accoltellamenti, la vita quotidiana dei palestinesi in Cisgiordania continua normalmente e la loro condizione attuale è eccellente in confronto alla maggior parte delle altre società arabe nella regione.

Rawabi

La nuova città palestinese di Rawabi, in costruzione 9 km a nord-ovest di Ramallah (in Cisgiordania)

La Siria, dove restano ormai ben pochi siriani, è un paese ridotto da tempo a un cumulo di macerie. Per fortuna anche i più prevenuti denigratori di Israele non riescono a incolparci di quelle distruzioni. Da incolpare sono piuttosto quegli stessi che si professano grandi amici e sostenitori dei palestinesi: il regime di Assad, l’Iran e Hezbollah, da una parte; i gruppi islamisti estremisti dall’altra. Entrambe le parti stanno massacrando da anni la popolazione siriana, e hanno trasformato milioni di siriani in profughi e sfollati. Il bilancio delle vittime nel corso di questi cinque anni di guerra civile in Siria è dieci volte superiore al numero di palestinesi morti in 100 (cento!) anni di conflitto con Israele. E la Siria non è che un esempio. Potremmo parlare dello Yemen, della Libia e, naturalmente, dell’Iraq. Nel frattempo, anche stati relativamente stabili come l’Egitto e il Libano sono stati investiti da ondate di attacchi terroristici.

In mezzo a questa situazione di caos totale del mondo arabo che ci circonda, i palestinesi riconoscono il valore della stabilità di cui godono, sia economicamente che in termini di sicurezza. E non hanno alcun interesse a farla deragliare. Certo, si può non gradire la presenza israeliana nei territori, civile e militare; ma chiunque abbia la testa sulle spalle vede chiaramente qual è l’alternativa e in che direzione si muove il mondo arabo.

Singoli terroristi imbottiti di odio e di estremismo continueranno a tentare di colpirci esattamente come i loro pari in tutto il mondo arabo e in Europa. Resta il fatto, tuttavia, che non stanno riuscendo a trascinare la popolazione palestinese nel suo complesso verso lo scontro con Israele.

(Da: Israel HaYom, 28.12.15)