La satira trova casa

Inaugurato a Holon il primo museo israeliano della satira e della caricatura

image_1953Se è vera la dichiarazione del romanziere dell’inizio del XIX secolo James Kirke che “un’immagine vale mille parole”, il nuovo museo della caricatura a Holon deve valere come parecchi pesanti volumi.
Il Holon Israeli Caricature and Comics Museum ha aperto al pubblico lo scorso dicembre e l’evento è stato inaugurato da una mostra di caricature che raffigurano avvenimenti dell’anno scorso.
Sebbene Israele vanti una grande varietà di musei, non c’era finora un’istituzione dedicata specialmente alla forma artistica della commedia e della satira.
E se c’è qualcuno che ha l’esperienza e le qualifiche per gestire un’istituzione del genere e fornire una visione dotta della posizione della caricatura nella società israeliana contemporanea, questo è Dan Patir. L’esperienza di Patir comprende una lunga carriera come giornalista e un lavoro successivo come consulente per i media di Yitzhak Rabin, sia durante il suo mandato come ambasciatore a Washington dal 1968 al 1970, sia nel suo primo mandato come primo ministro tra il 1974 ed il 1977. Patir cambiò posizione politica quando mantenne il posto al servizio di Menachem Begin tra il 1977 e il 1981. “Chiesi a Begin se non era preoccupato che potessi essere una spia, avendo lavorato con un primo ministro laburista – ricorda Patir – ma egli rispose che non era preoccupato. Voleva che rimanessi perché ero un professionista”. Ora Patir porta con sé quella professionalità nel suo nuovo ruolo come curatore e direttore artistico del museo.
Le caricature nel corso degli anni si sono rivelate uno sbocco unico per esprimere idee e opinioni in modo decisamente vivido e talvolta anche crudo. Non si faccia l’errore di credere che i media contemporanei siano molto più audaci che nei tempi passati. “Sì, le caricature offrono da molto tempo uno sfogo e una forte espressione su ogni genere di argomenti – osserva Patir, citando l’esempio locale – Durante il Mandato Britannico gli inglesi censuravano molte pubblicazioni, ma non lo facevano troppo con le caricature. Le caricature spesso trasmettevano in modo sottile un’idea che i censori trovavano difficile da afferrare, e così passavano indenni. Le caricature erano uno strumento potente nella lotta contro il Mandato”. I soggetti erano di vario genere. “A quel tempo documentavano affari correnti, come durante i disordini degli anni 1929 e 1930, il Libro Bianco inglese del ’39 o i movimenti ebraici clandestini. Le caricature erano molto diffuse all’epoca, ma c’era meno umorismo e nessuna correttezza politica. Per esempio, i diverbi tra IZL e Haganà erano dipinti in caricatura in modo molto crudo”.
Patir cita l’opera di alcuni dei principali caricaturisti, come Shmulik Katz, Amos Biederman, Shlomo Cohen, Michel Kishka e Meir Ronnen del Jerusalem Post. “Mi piace quello che fa Mike [Ronnen] e anche alcuni dei più giovani come Uri Fink” dice Patir, aggiungendo però che oggi ci sono meno opportunità per i caricaturisti di pubblicare i loro lavori quotidianamente. “Fino agli anni ‘60 c’era una caricatura in tutti i quotidiani principali, e i quotidiani erano molti di più. Le caricature avevano sempre grande visibilità: la seconda pagina o perfino la prima”. Le caricature, osserva Patir, tradizionalmente sono state anche sfruttate a scopi di propaganda. “Buttavamo volantini sul Libano, contro Hizbullah, nell’ultima guerra, ma le caricature sono usate anche in modo molto rozzo. Anche oggi si trovano caricature nelle pubblicazioni dei paesi arabi che dipingono l’immagine stereotipata dell’ebreo con la barba caprina e il naso aquilino. Questo ottobre, per esempio, il giornale egiziano Algomhuriah riportava la caricatura di un ebreo con le mani insanguinate che conduceva lo zio Sam lungo un sentiero in un giardino. E Arai, in Qatar, recentemente riportava la caricatura di un grasso chef ebreo con la stella di Davide sul cappello che cercava di tagliare la carne su un tavolo. La carne era raffigurata come un palestinese e lo chef stava preparando un banchetto per la conferenza di pace di Annapolis”.
Ci sono stati, tuttavia, alcuni tabù che nemmeno i caricaturisti hanno osato toccare. “Golda Meir non fu mai caricaturata quando era primo ministro, e Rabin era generalmente considerato intoccabile durante il primo periodo in carica. Ma Golda divenne bersaglio di caricature appena diede le dimissioni”.
L’anno prossimo, il museo Holon terrà una mostra di caricature dei primi 60 anni dello stato, e alla fine tutte le maggiori collezioni di caricature saranno trasferite negli archivi del museo.

(Da: Jerusalem Post, 25.12.2007)

Nell’immagine in alto: Una caricatura di Golda Meir