La società israeliana ha tenuto di fronte allintifada

? quanto emerge da un recente rapporto sulla resilienza del paese, aggredito dal terrorismo.

image_1047“Se l’intifada puntava a minare le fondamenta della società israeliana spingendola in uno stato di squilibrio e destabilizzazione, ha fallito il suo scopo”. Lo afferma Meir Elran, autore di un rapporto recentemente pubblicato dal Jaffe Center for Strategic Studies dell’Università di Tel Aviv.
Secondo la ricerca, intitolata “Resilienza nazionale israeliana: l’influenza della seconda intifada sulla società in Israele”, il tessuto sociale israeliano è rimasto stabile e gli israeliani sono rimasti fondamentalmente fiduciosi lungo tutti gli anni della grande ondata di attacchi terroristi palestinesi iniziata alla fine del 2000.
Secondo Eran Lerman, un alto ufficiale che è stato membro del direttivo dell’intelligence militare israeliana, la premessa su cui si basa lo studio – che l’intifada palestinese fosse principalmente un’offensiva psicologica contro la società israeliana – è corretta. “Sin dal primo giorno – spiega Lerman – il duplice scopo della violenta aggressione palestinese fu quello, da una parte, di spezzare lo spirito della società israeliana e, dall’altra, di costringere governo e Forze di Difesa israeliane a compiere azioni così brutali e scioccanti da portare al collasso la legittimità di Israele nel mondo. Per entrambi questi obiettivi, la chiave stava nella guerra psicologica”.
Oren, uno studente dell’Università di Gerusalemme, esprime un’opinione sul conflitto che, secondo il rapporto, è ampiamente condivisa dai suoi concittadini israeliani: “I palestinesi hanno cercato di spezzarci, ma noi abbiamo resistito”.
Lavorando su questo presupposto, lo studio ha preso in esame tre parametri per valutare la risposta degli israeliani all’ondata terroristica: la stabilità delle istituzioni, la flessibilità delle reazioni sociali agli eventi traumatici e il complessivo grado di fiducia percepito dagli israeliani circa il futuro.
Di fronte ai più virulenti attentati suicidi tra il 2001 e il 2004, la reazione degli israeliani fu quasi uniformemente un rapido ritorno alla routine. Tra una serie di stragi e l’altra, si legge nel rapporto, “quando calava un poco l’entità degli attentati terroristici, era evidente che gli israeliani procedevano immediatamente a un allentamento della tensione e a un rientro dalle reazioni difensive verso moduli di comportamento normale”. Questo fenomeno esprime forse nel modo più sintetico la resilienza della società israeliana: la flessibilità delle reazioni al terrorismo indica una alto grado di adattamento e la capacità di fronteggiare la minaccia”.
Analizzando gli effetti del terrorismo sulla fiducia degli israeliani, lo studio giunge a conclusioni analoghe: “Anche nei periodi più difficili, il pubblico israeliano nel suo complesso ha mantenuto la convinzione d’essere in grado di resistere all’aggressione palestinese”. Facendo eco alle parole di Oren nonché – secondo lo studio – della maggioranza dei suoi concittadini, Lerman conclude: “La società israeliana ha retto alla sfida nonostante dolore e sgomento, e ha saputo resistere alla tentazione di fare troppo senza spezzarsi sotto lo prova”.

(Da: Jerusalem Post, 11.01.06)