La tragedia della guerra

La storia insegna che i regimi totalitari come Hamas sono in ultima analisi autodistruttivi, ma è tragico che tante vite debbano essere perdute prima che il male venga sradicato

Da un editoriale del Jerusalem Post

Al funerale di un caduto

Le Forze di Difesa israeliane sono entrate in forze nella striscia di Gaza e inevitabili arrivano i frutti della tragedia della guerra. Al momento in cui viene scritto questo pezzo, sono 18 [oggi 25, ndr] i soldati israeliani uccisi nei combattimenti, decine di altri feriti. E hanno perso la vita centinaia di palestinesi, non solo terroristi ma anche civili: ostaggi del regime violento, fanatico e autodistruttivo di Hamas.

I rischi connessi a un’invasione di terra erano ben noti sin dall’inizio. Dall’avvio due settimane fa dell’operazione “Margine protettivo”, il primo ministro Binyamin Netanyahu era riuscito a gestire le cose con cautela e autocontrollo, sperando di non dover esporre i nostri soldati e i civili palestinesi ai rischi inevitabilmente connessi a un’operazione “con gli scarponi sul terreno” in territorio nemico. Se con gli attacchi aerei e le singole missioni speciali si fosse raggiunta una situazione di calma, non importa quanto fragile, per i cittadini di Israele – questo era il ragionamento di Netanyahu – si sarebbe potuta evitare un’operazione su più vasta scala. A fronte della crescente pressione che saliva dal suo partito e da membri del suo stesso governo favorevoli a una linea più dura, Netanyahu ha mantenuto la propria posizione moderata, onorando ben due cessate il fuoco – entrambi violati da Hamas – e rinviando finché ha potuto il lancio dell’operazione di terra, approvata in linea di principio dal gabinetto di sicurezza martedì sera (dopo che Hamas aveva esplicitamente rifiutato la tregua preposta dall’Egitto).

Lunedì pomeriggio le Forze di Difesa israeliane hanno diffuso delle foto che mostrano come Hamas posizioni le rampe di lancio dei razzi dentro o a ridosso di siti civili come (da sinistra e dall’alto): una moschea, un ospedale, un parchi giochi per bambini, un cimitero. Le immagini sono state scattate a Shuja’iya, il quartiere nord-est della città di Gaza teatro di sanguinosi combattimenti nei giorni scorsi.

Ma i lanci di razzi non sono mai diminuiti. Nei giorni precedenti l’incursione di terra di giovedì notte, centinaia di razzi si erano abbattuti su Beersheba, Dimona, Gerusalemme, Tel Aviv, e persino su Haifa nel nord. Quattro milioni di israeliani avevano dovuto correre più volte nei rifugi, di giorno e di notte, in particolare quelli che vivono attorno alla striscia di Gaza. Eppure Israele aveva continuato rispondere solo con raid aerei, e aveva accettato l’iniziativa egiziana di cessate il fuoco. Hamas non solo continuava con le raffiche di razzi e colpi di mortaio contro città e villaggi israeliani, ma imprimeva anche un’ulteriore un’escalation al conflitto. Durante un secondo cessate il fuoco, chiesto dalle Nazioni Unite e rispettato da Israele per consentire l’afflusso di aiuti umanitari, Hamas ha inviato un commando di terroristi attraverso uno dei tanti tunnel che ha costruito nel corso degli anni. Solo l’efficacia delle Forze di Difesa israeliane ha impedito che l’attacco al kibbutz Sufa sfociasse in una tragedia. Il sistema anti-missili “Cupola di ferro” garantisce ai cittadini israeliani una buona difesa contro i razzi, ma la minaccia dei tunnel, già nota e già utilizzata per il sequestro di Gilad Shalit, è stata nuovamente messa in campo da Hamas con l’obiettivo di compiere attentati e catture ostaggi all’interno delle comunità israeliane ai confini con Gaza. Evidentemente Hamas ha interpretato come debolezza la moderazione di Israele, lasciando Netanyahu senza possibilità di scelta.

L’obiettivo dell’operazione di terra è ripristinare la sicurezza degli israeliani, scovando e distruggendo i tunnel: cosa che è possibile fare solo con le truppe di terra. Giacché in questa fase Israele non ha intenzione di ampliare la campagna sin dentro la città di Gaza, luogo ad altissima densità di popolazione dove sia i soldati israeliani che i civili palestinesi sarebbero esposti a rischi enormi, l’operazione in corso non può aspirare a neutralizzare completamente la minaccia di Hamas verso Israele. Israele conta di poter ripristinare un accettabile livello di deterrenza (Hezbollah e altri gruppi della jihad globale guardando con attenzione a quello che accade), infliggendo nel frattempo un duro colpo al sistema di gallerie di Hamas, almeno a quelle più vicine al confine con Israele. Certo, gli obiettivi di Israele sono relativamente modesti: un ritorno al teso status quo precedente, in cui gli israeliani potevano vivere la loro vita senza la costante minaccia di essere colpiti dai razzi o sequestrati e trascinati come ostaggi attraverso un tunnel a Gaza per essere usati come arma di ricatto con cui costringere Israele a scarcerare altre centinaia di terroristi condannati.

Una pausa di riposo di soldati israeliani stremati dai combattimenti

Una pausa di riposo di soldati israeliani stremati dai combattimenti

Purtroppo, il prezzo da pagare è altissimo. Ma resta il fatto che questa è essenzialmente un guerra che vede contrapposti Israele, un paese che tiene nella massima considerazione la vita umana, la libertà intellettuale e culturale e l’innovazione scientifica, e Hamas, un’organizzazione terroristica che glorifica la morte, esalta la violenza e pretende dai suoi seguaci totale abnegazione e cieco sacrificio in nome di un fanatismo religioso irrazionale, reazionario e totalitario.

La storia insegna che i regimi totalitari come quello di Hamas sono in ultima analisi autodistruttivi, mentre le forze della libertà hanno una resistenza interna che le rende alla lunga imbattibili. La tragedia è che così tante brave persone debbano perdere la vita prima che il male venga sradicato. (Da: Jerusalem Post, 20.7.14)

Ha scritto Ruthie Blum sul Jerusalem Post: «Hamas è una macchina omicida ben oliata, composta da islamisti assetati di sangue che non rispettano nessuna regola. A differenza di mio figlio e dei suoi compagni d’armi, che vengono addestrati a tenere nella massima considerazione la vita umana e le leggi di guerra, ai guerrieri di Hamas viene insegnato esattamente il contrario. È questa la vera asimmetria che rende così difficile per l’Occidente affrontare, figuriamoci sconfiggere, la jihad globale. Mentre i nostri soldati temono per la propria vita e cercano di evitare vittime collaterali, quelli della jihad sono zelanti “martiri” per la causa. Sapere che mio figlio sta entrando in una striscia di terra gremita di questi fanatici è già abbastanza spaventoso. Sapere che lo sta facendo con un’arma in una mano e nell’altra un codice di leggi da rispettare, va oltre la mia capacità di sopportazione come madre». (Da: Jerusalem Post, 20.7.14)

cadutiHa scritto Sima Kadmon, suYnetNews: «Questo è esattamente ciò che il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Moshe Ya’alon volevano evitare: le file di foto tessera, una di fianco a fianco, una riga dopo l’altra: giovani volti sorridenti che straziano il cuore per la fiducia e la speranza che trasmettono. E intanto su Israele è scesa quella pesante coltre d’angoscia che conosciamo così bene dalle tante guerre precedenti. Netanyahu voleva evitare queste immagini, e quelle che arrivano da Gaza e vengono trasmesse in tutto il mondo: decine di morti, centinaia di feriti, migliaia di persone che abbandonano le loro case e cercano riparo dai bombardamenti. La disperazione di persone innocenti prese in mezzo tra il fuoco di Israele e il fuoco di Hamas. Il primo ministro sapeva molto bene quello che ci aspettava dall’altra parte del confine della striscia di Gaza e probabilmente sapeva due o tre cose circa la crescente forza di Hamas, il suo enorme arsenale, la sua pericolosità. E da tutte le cose che sapeva, Netanyahu derivava buoni motivi per ritardare l’ingresso, per cercare di arrivare a una tregua, per offrire calma in cambio di calma, per dare spazio alle iniziative diplomatiche. Se Hamas non ci avesse dato la chiara dimostrazione della potenzialità omicida del suo sistema di razzi e gallerie, probabilmente non avremmo mai lanciato l’operazione di terra». (Da: YnetNews, 21.7.14)

 

Hamas: dalle parole ai fatti. Un video delle Forze di Difesa israeliane

Traduzione delle didascalie: Terrorismo: uso sistematico di violenza e intimidazione contro civili – Le parole del terrorismo – “Sì, noi siamo un popolo che anela alla morte proprio come i nostri nemici anelano alla vita” – “Prima e innanzitutto, la resistenza armata: la jihad (guerra santa) in nome di Allah. Questa è la sola e unica via” – “Fare esplodere e fare incetta delle teste dei sionisti” – “Dalla rovine sconquasseremo Tel Aviv” – “Oh sionisti, andatevene prima che vi buttiamo fuori noi” – “Questa è la generazione della pietra, la generazione del missile” – “Per mezzo del sangue, dei pezzi di corpi e dei martiri” – Dalle parole ai fatti – La nostra missione è fermare il terrorismo di Hamas