La tragedia di Qana non cancella cause e responsabilità della guerra

Spaventoso come la barbara tattica di Hezbollah sia risultata efficace

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_1329Scrive Ha’aretz: Lo sciagurato bombardamento a Qana che ha causato la tragica morte di più di cinquanta civili, più di metà dei quali bambini, non è solo “un altro bombardamento” in cui sono morti dei civili tanto sfortunati da trovarsi nelle strette vicinanze dei terroristi. Come il tragico bombardamento su quello stesso villaggio durante le operazioni antiterrorismo di dieci anni fa, e come l’uccisione degli otto operai delle ferrovie a Haifa due settimane fa, si tratta di un evento che contiene in sé tutto l’effetto esplosivo e l’arbitraria brutalità dei combattimenti in corso nel nord. La speranza è che un tale evento non fermi il processo di formazione di un’intesa diplomatica che metta fine alla guerra. La visita nella regione del segretario di stato Usa Condoleezza Rice, e il serrato calendario che prevede un coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza per mercoledì prossimo, suggeriscono che la campagna militare contro Hezbollah stia avvicinandosi al termine. Nel frattempo le Forze di Difesa israeliane combattono per migliorare le condizioni in cui la campagna verrà conclusa: ogni nuovo successo contro Hezbollah sul campo di battaglia contribuirà a rendere possibile la formulazione di una composizione diplomatica.

Scrive Yediot Aharonot: Assumersi la responsabilità per il tragico bombardamento di Qana non cancella le ragioni di questa guerra nel suo complesso. Questa è una guerra giusta e legittima, e tali sono i bombardamenti contro le postazioni e le strutture dei terroristi Hezbollah. Oggi Israele china il capo di fronte alle tombe dei tanti civili morti a Qana. Ma nello stesso tempo dichiara che non si fermerà fino a quando non sarà sradicata la ragione prima di questo scoppio di ostilità e violenze. E questo avverrà solo quando Hezbollah verrà disarmato dei suoi missili, e forze libanesi e occidentali verranno schierate nel Libano meridionale, come previsto dalla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Scrive il Jerusalem Post: “Assolutamente terribile e spaventoso”, ha detto il ministro degli esteri inglese Margaret Beckett, una fra le tante reazioni di shock a livello internazionale per la morte dei cinquanta cittadini libanesi in un edificio, colpito da Israele perché riteneva che ospitasse terroristi Hezbollah dediti al lancio di missili sulle città israeliane. Sì, è spaventoso. È spaventoso come Hezbollah miri sistematicamente e deliberatamente a colpire i civili nelle città israeliane e come lo faccia da zone ed edifici civili libanesi nella speranza che Israele, reagendo, finisca prima o poi per uccidere un gran numero di civili innocenti. È spaventoso come questa tattica barbara, dopo cinquemila missioni aree israeliane, sia riuscita alla fine a risultare “efficace”, con conseguenze tragiche per gente libanese innocente, e come sia riuscita a generare la prevista e voluta ricaduta di reazioni internazionali: non contro Hezbollah, i suoi metodi e i suoi fini, ma contro Israele. Ed è spaventoso come da tre settimane più di un milione di civili israeliani, sia ebrei che arabi, debba vivere nei rifugi anti-aerei aspettando da un momento all’altro che un razzo o un missile, espressamente sparato contro di loro, li colpisca uccidendoli o ferendoli, o ne colpisca le case distruggendole. Non vennero usate queste parole e questi toni quando otto operai israeliani furono uccisi da un razzo Hezbollah lanciato su Haifa, o quando un razzo uccise a Meron una nonna con il suo nipote di sette anni, o quando due ragazzini arabi israeliani vennero uccisi mentre giocavano nel cortile della loro casa a Nazareth. E tuttavia, ciò che colpisce nella reazione a questo conflitto non è la solita triviale ipocrisia verso Israele, quanto piuttosto il contrario: la comunanza di valutazioni che caratterizza Stati Uniti, Regno Unito e Israele, ma non solo loro, quando si tratta di giudicare sul serio di chi sia la responsabilità di questa guerra e a chi ci si debba rivolgere se si vuole eliminarne le cause reali.

(Da: Ha’aretz, Yediot Aharonot, Jerusalem Post, 31.07.06)