La vera domanda è: cosa faranno i palestinesi?

Ma per i giornalisti stranieri la pace dipende solo dalle scelte di Israele

Da un articolo di Herb Keinon

image_2259La domanda che hanno in mente i giornalisti stranieri che seguono le primarie di Kadima, che siano danesi, vietnamiti o inglesi, è quale impatto avrà il risultato sul processo diplomatico. Che queste votazioni non siano nate come un referendum sul processo diplomatico, né come un voto di sfiducia sulla gestione della seconda guerra in Libano da parte del primo ministro israeliano Ehud Olmert, bensì come frutto di inchieste su casi di corruzione non sembra importare molto a coloro che osservano da fuori gli sviluppi in Israele. Raramente fanno domande su cosa significhi arrivare ad elezioni sulla scia di uno scandalo o, tanto per dire, sulla società israeliana. Tutti per lo più chiedono quale significato avranno le primarie di Kadima per i palestinesi, per i siriani o addirittura per gli iraniani. “Chi sarebbe meglio, per i negoziati con i palestinesi?”, è stata ad esempio la domanda posta mercoledì da un famoso reporter della tv vietnamita in video-conferenza. Che faceva seguito all’altra domanda classica: “Se fossi palestinese, per chi voteresti?”.
La natura delle domande del reporter vietnamita rivela un assunto di fondo che, in realtà, non è affatto scontato: e cioè che se soltanto Israele eleggesse il leader “giusto”, la pace arriverebbe subito con grande facilità. Il che non è vero. Il leader di Israele può anche desiderare fortemente un accordo, ma se la dirigenza dell’altra parte non lo vuole, o non è in grado di far accettare un accordo alla popolazione palestinese, allora tutte le migliori intenzioni del leader israeliano non servono a granché.
Il destino del processo diplomatico israelo-palestinese dipenderà più da chi i palestinesi sceglieranno come loro leader il prossimo gennaio – sempre ammesso che si tengano regolari elezioni nell’Autorità Palestinese – che non da chi hanno scelto di mettere al posto di Olmert i circa 40.000 membri di Kadima che mercoledì si sono presi il disturbo di votare alle primarie.
Noi israeliani amiamo pensare d’avere sempre il controllo della situazione e di poter dettare il corso degli eventi di pace e di guerra. Ma non è così. Esiste una controparte, e ciò che avviene all’interno della controparte è altrettanto se non più importante, per le sorti del processo diplomatico, di quanto non avvenga all’interno di Israele. A lungo termine, per il processo di pace, conta molto di più la questione se Hamas riuscirà a strappare a Fatah il controllo dell’Autorità Palestinese o se Fatah riuscirà a riprendere il controllo sulla striscia di Gaza, che non la questione se sarà Tzipi Livni o Shaul Mofaz il prossimo leader di Kadima e magari, per qualche mese, primo ministro.
Sia Livni che Mofaz, in nome della continuità e per salvare almeno le apparenze, porteranno avanti in ogni caso i negoziati con i palestinesi. E Fatah sicuramente farà automaticamente lo stesso con qualunque israeliano venga eletto. Viceversa Hamas rifiuta questa posizione. Ecco perché stabilire chi controlla la piazza palestinese è infinitamente più importante, per il processo di pace, che vedere chi vince le primarie di Kadima.

(Da: Jerusalem Post, 18,09,08)