La vita in Israele

I mass-media fanno il loro mestiere: denunciare le magagne, non descrivere la realtà del paese

Da un articolo di Yosef Lapid

image_1671Per descrivere la situazione in Israele mentre inizia il suo 60esimo anno, occorre un certo numero di parole greche: dicotomia, schizofrenia, paranoia. Leggendo i giornali, ascoltando la radio e guardando la tv, apprendo che qui tutto sta andando a pezzi, che Israele è il fallimento della visione sionista, che il nostro governo è corrotto, l’esercito è arrugginito, il sistema educativo è nel caos e il sistema sanitario è malato.
Ma quando esco e vado per la strada incontro un paese completamente diverso. Vedo gente ben vestita, ragazzini che chiacchierano nei cellulari, case che vengono restaurate. Vedo auto nuove, vedo metà della popolazione che va in vacanza: alcuni nel nord del paese, altri molto più a nord. Vedo caffè pieni, nightclub formicolanti, fioritura delle arti, spiagge affollate. Tutto sommato non è affatto male, la vita, qui in Israele.
Sì, lo so, sto parlando della sazia Tel Aviv senza considerare la disoccupazione nelle cittadine di sviluppo, e la povertà di Bnei Brak, e i ministri sotto inchiesta, e i sopravvissuti alla Shoà senza medicine, e gli scioperi nelle scuole, e il settore arabo trascurato, e la burocrazia che imperversa. E, naturalmente, il problema palestinese.
Ma io considero tutto questo, ed è tutto vero e triste. Ci sono un sacco di cose che devono essere cambiate, messe a posto, riesaminate. Eppure, non è affatto male la vita, qui in Israele.
C’è una enorme distanza fra lo stato di Israele per come si vede riflesso nei mass-media e lo stato di Israele nella realtà. Il mestiere dei mass-media è quello di criticare. È questo il servizio che devono fare al pubblico. Allo stesso tempo, però, creano un’atmosfera di avvilimento e sconforto, e facendolo non rispecchiano un’immagine veritiera della realtà.
Anche se Israele soffre, in maggiore o minor misura, dei malanni che affliggono ogni paese al mondo, la qualità della vita qui migliora di anno in anno, e cresce lo standard di vita. Guardando indietro, è chiaro che oggi Israele supera di gran lunga tutte le aspettative e le speranze dei suoi fondatori.
Certo, non abbiamo gli stessi ideali di una volta, e non ci sono più ideologie, idealizzazioni e idoli. Ma l’aspettativa di vita si è allungata di sei anni (sanità), il 97% della popolazione sa leggere e scrivere (istruzione), più di metà delle famiglie possiede una macchina (economia), e nel 99% delle cucine israeliane c’è un frigorifero (benessere).
Naturalmente le cose sono ben lontane dall’essere perfette. Ma presentare Israele come un’impresa fallita e la sua popolazione come masse di gente straziata non è solo un’esagerazione e una diffamazione, è una pura e semplice bugia. La vita non è affatto male, in Israele.
Non dico, come il filosofo Gottfried Leibniz, che questo sia “il migliore dei mondi possibili”. Ma certamente respingo come una sciocchezza l’idea che, per via di alcuni politici discussi, Israele sia uno stato corrotto e miserabile. I mass-media hanno ragione quando rivelano le magagne, ma sbagliano quando si mettono a sparare a zero contro tutto ciò che si muove.
Sono convinto che, date le circostanze, il mondo che abbiamo creato qui non è affatto male. E che, sì, la vita è bella in Israele.

(Da: Jerusalem Post, 26.04.07)