L’altra Nakba

La riconciliazione si avrà solo quando il mondo arabo smetterà di ingannare se stesso e si assumerà le sue responsabilità per la doppia Nakba: quella araba e quella ebraica

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Domenica scorsa il mondo arabo ha commemorato la Nakba. Si può e si deve partecipare al dolore di chi è diventato profugo, e tale rimane fino ad oggi, perdendo case e proprietà e vedendosi negare diritti umani fondamentali. Molti di loro, a causa di ciò che sta accadendo in Siria sono nuovamente vittime.

Poi si deve guardare con coraggio alla storia. Nella prima metà del XX secolo, con la caduta degli imperi, cominciarono a prendere forma molti stati nazionali. L’Impero Ottomano, diventato Turchia, diede avvio al processo di espulsione delle minoranze. Iniziò con l’espulsione degli armeni, che si trasformò in un genocidio, e continuò con una grande ondata di scambi di popolazione in Europa e in Asia: almeno 52 milioni di persone passarono attraverso questa esperienza. All’epoca, quella era la norma. Anche la Corte Permanente di Giustizia Internazionale, la più alta giurisdizione internazionale in quegli anni, stabilì che si trattava di una misura appropriata. Fino all’adozione della Convenzione di Ginevra del 1949, quando ciò che fino ad allora era considerato la norma divenne tutt’a un tratto un crimine di guerra.

Appelli a favore di un trasferimento di popolazione si udirono anche all’interno del movimento sionista, ma furono ben poca cosa rispetto a quello che si diceva e decideva in Europa in quegli anni. In ogni caso, l’opposizione araba al piano di spartizione delle Nazioni Unite del novembre 1947, i proclami per l’invasione e la distruzione di Israele subito dopo la sua dichiarazione d’indipendenza e la guerra arabo-israeliana che ne seguì si tradussero nel fatto che 711.000 arabi – allora non si chiavano palestinesi – divennero profughi. Durante i mesi di guerra, la maggior parte di loro fuggì, alcuni vennero espulsi.

Profughi ebrei e arabi scampati alla guerra del 1948 (clicca per ingrandire)

Anche gli ebrei divennero profughi. Molti capi del mondo arabo parlarono minacciosamente della imminente distruzione che incombeva sugli ebrei di Palestina e nei paesi arabi se il piano di spartizione fosse stato approvato. La Lega Araba approvò una risoluzione che, in pratica, trasformava gli ebrei in ostaggi. Una serie di pogrom contro gli ebrei nei paesi arabi mise in chiaro che un capitolo della storia era giunto al termine. La minoranza ebraica nei paesi arabi, che contava un milione di persone, venne per lo più costretta a fuggire. Fu la Nakba ebraica.

I profughi arabi di Palestina si ritrovarono sotto giurisdizione araba. Ad eccezione della Giordania, che li rese suoi cittadini allo scopo di annettersi la Cisgiordania appena conquistata, i profughi nei paesi arabi divennero cittadini di seconda classe. Subirono il regime militare egiziano nella striscia di Gaza, patirono in Libano un vero e proprio regine di apartheid che continua ancora oggi. Eppure non erano veri stranieri. In definitiva parlavano tutti la stessa lingua, avevano la stessa cultura, la stessa religione, in molti casi erano letteralmente membri della stessa famiglia.

Migrazioni forzate in Europa negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale (clicca per ingrandire)

Migrazioni forzate in Europa negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale (clicca per ingrandire)

Nessuna delle decine di milioni di profughi di quegli anni è ancora profugo oggi. Nessuno di loro ha ricevuto un “diritto al ritorno”. Solo gli arabi, trasformati in palestinesi, hanno visto perpetuato all’infinito il loro status. Invece di essere presi in carico dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), è stata creata un’agenzia apposta per loro: la Unrwa. E il loro numero, anziché diminuire, non ha fatto che crescere.

E’ lodevole manifestare empatia verso i profughi. Ma l’insistenza sul loro presunto “diritto al ritorno”, la parola in codice per indicare la cancellazione di Israele e il rifiuto di qualsiasi accordo, inibisce ogni propensione all’empatia.

Una vera riconciliazione si avrà solo quando il mondo arabo la smetterà di ingannare se stesso e si assumerà le sue responsabilità per la doppia Nakba: sia quella araba che quella ebraica, inshallah (“a Dio piacendo”).

(Da: YnetNews, 16.5.16)