L’altra volta che Washington fece la voce grossa

La posizione dell’amministrazione Obama ricorda all’ex consigliere di Rabin la crisi Israele-USA del 1975

di Gil Hoffman

image_2777La leadership americana sbaglia a “mettere Israele con le spalle al muro” come fece durante un confronto tra i due paesi nel 1975. Lo dice Yehuda Avner, che all’epoca di quella crisi era consigliere dell’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin.
L’ambasciatore d’Israele presso gli Stati Uniti, Michael Oren, pare abbia detto ai consoli generali israeliani durante una teleconferenza sabato sera che l’attuale crisi diplomatica con Washington è la peggiore dopo lo scontro del 1975 tra il segretario di stato Henry Kissinger e Rabin per una richiesta americana di un parziale ritiro dalla penisola del Sinai (prima della firma della pace con l’Egitto, che si ebbe nel 1979).
Avner dice di non avere sufficienti informazioni interne sulla crisi attuale per poter fare un confronto. Ma paragona il linguaggio di Kissinger di 35 anni fa a quello dell’attuale segretario di stato americano Hillary Clinton, che, secondo lui, ha parlato in modo più emotivo che diplomatico.
“Gli Usa non devono mai creare una situazione in cui Israele si sente abbandonato, perché questo incoraggia la bellicosità dell’altra parte, e l’inflessibilità da parte israeliana – spiega Avner – Se gli Usa vogliono far avanzare un processo di pace, non devono mai mettere Israele con le spalle al muro come hanno fatto definendo Ramat Shlomo un insediamento. Quello che è occorre ora, da tutte le parti, è una dosa di ambiguità costruttiva”.
Avner, che ha lavorato sotto quattro primi ministri israeliani, ricorda i dettagli della crisi del 1975, che racconta nel suo nuovo libro “I primi ministri”. Dice che l’incidente del marzo 1975 scoppiò quando Kissinger pretese che Israele rinunciasse ai passi strategici di Mitla e Jiddi, nel Sinai, e Rabin rifiutò. A causa di quel rifiuto, Kissinger adirato abbandonò una riunione con Rabin accusando Israele di ‘distruggere la causa della pace’.”
Al culmine dello scontro tra i due uomini, Kissinger disse a Rabin: “Sarai ritenuto responsabile della distruzione della terza indipendenza della nazione ebraica”, e Rabin replicò: “Tu sarai giudicato non dalla storia americana, ma dalla storia ebraica”.
L’allora presidente americano Gerald Ford scrisse a Rabin una lettera dai toni durissimi che Avner dice essere una delle “più brutali” che Israele abbia mai ricevuto dagli Stati Uniti. “Desidero esprimere la mia profonda delusione per l’atteggiamento di Israele nel corso dei negoziati – scriveva Ford – Tu sai l’importanza che io annetto agli sforzi degli Usa per raggiungere un accordo. La missione di Kissinger, incoraggiata dal tuo governo, esprime gli interessi vitali degli Usa nella regione. Il fallimento dei negoziati avrà un impatto di grande portata sulla regione e sui nostri rapporti. Ho quindi ordinato che venga fatta una riconsiderazione della politica americana nella regione, compresi i nostri rapporti con Israele, allo scopo di assicurarci che gli interessi generali americani siano protetti”.
Eppure, nell’arco dei sei mesi successivi, Kissinger riuscì a mediare un accordo interinale tra Rabin e il presidente egiziano Anwar Sadat in base al quale Israele accettava, sì, di ritirare le sue forze dai passi di Mitla e Jiddi, ma conservava le alture sovrastanti mentre forze americane venivano schierate sui passi stessi.
Avner dice di augurarsi che la crisi attuale si risolva con lo stesso successo: da quando è venne raggiunto quel compromesso, nessun israeliano è stato più ucciso sul confine israelo-egiziano.

(Da: Jerusalem Post, 16.3.10)

Nella foto in alto: Henry Kissinger e Yitzhak Rabin nel 1975