Lamento per un mondo arabo malato
La cultura araba dell'odio va ben oltre la società palestinese, e non è causata da Israele
Di Fred Maroun
Samir Kuntar era libanese, come me. E’ un fatto disgustoso, ma è un dato di fatto. E’ disgustoso non solo perché si trattatava di un criminale ripugnante. Dopo tutto, ogni paese ha i suoi criminali ripugnanti. E’ disgustoso che al momento della sua scarcerazione dalla detenzione in Israele sia stato accolto in Libano come un eroe, e un anno dopo in Siria gli sia stata conferita la più alta onorificenza al merito.
Quando faccio notare la cultura dell’odio che imperversa tra i palestinesi, mi viene detto che è causata della “occupazione”, qualunque cosa cio’ significhi. Str…ate! La cultura araba dell’odio va ben oltre la società palestinese, e non è causata da una qualunque delle azioni di Israele. Essa consiste nell’idolatrare volgari delinquenti e nell’odiare a morte il “nemico”, che si tratti di ebrei, di alcune sette religiose cristiane o musulmane, o di qualche tribù diversa dalla propria. Israele non è il problema. Israele è la scusa.
Quando sento parlare di conferenze di pace per la Siria, mi viene da ridere e da piangere allo stesso tempo. Non ci sarà pace per molto tempo, nel mondo arabo. Il mondo arabo è malato al di là di ogni rimedio, impantanato com’è – almeno per il futuro prevedibile – nell’odio, nell’invidia rancorosa, nei pensieri violenti di vendetta.
(Da: Times of Israel, 21.12.15)
Scrive Dan Margalit, su Israel HaYom: «Che sia stato o meno Israele, non c’è dubbio che la morte da missile di Samir Kuntar, domenica mattina alla periferia sud di Damasco, è stata la cosa giusta. Non solo a causa dei suoi orrendi omicidi del 1979, ma soprattutto a causa delle sue sanguinarie attività del 2015. Benché all’atto della sua scarcerazione si fosse formalmente impegnato a rinunciare ad ogni forma di terrorismo, Kuntar non ha mai nemmeno lontanamente pensato di farlo davvero. Israele fa bene a mantenere le sue promesse e non cedere alla tentazione di colpire gli assassini terroristi subito dopo averli scarcerati sotto ricatto (anche se farebbe meglio a non accettare nemmeno questo genere di scambi). Detto questo, pero’, Israele deve anche mandare un messaggio molto preciso alle organizzazioni terroristiche che operano nella regione: nessuno pensi di essere immune, coloro che dopo essere stati rilasciati dalle carceri israeliane tornano a praticare il terrorismo, sappiano che diventano obiettivi prioritari. Kuntar era esattamente uno di questi casi, ed è bene che sia finito come è finito». (Da: Israel HaYom, 21.12.15)