L’apologo del Medio Oriente visto con gli occhi di un marziano

«E' logico cercare di allontanare la tempesta della guerra abbandonando dei territori finora tranquilli, a ridosso dei propri confini?»

Di Moshe Arens

Moshe Arens, autore di questo articolo

Moshe Arens, autore di questo articolo

Immaginate un veicolo alieno che si avvicina al pianeta Terra. L’astronauta extraterrestre fa una scansione della Terra alla ricerca di segni di attività. Mentre la navicella si avvicina, i suoi speciali sensori rilevano l’agitazione che emana dalla regione mediterranea, dove sembra infuriare una tempesta di fuoco e fiamme. Guardando attentamente, l’astronauta alieno riesce a discernere i contorni geografici della tempesta. Partendo dalla Tunisia, si è diffusa con intensità crescente verso est investendo la Libia, l’Egitto, la Siria, il Libano. Ora scorge un’altra perturbazione che muove invece da est verso ovest: dall’Iran, dove i sensori speciali rilevano un sacco di radiazioni, all’Iraq, dove la perturbazione tende a fondersi con la tempesta che arriva da ovest e che per il momento sembra scaricarsi soprattutto in Siria. Tutto il Medio Oriente appare in fiamme, sommerso dalla tempesta della guerra.

Ora l’astronauta alieno guarda più da vicino e vede quella che gli appare come un’isola di tranquillità nel bel mezzo della tormenta: Israele e le aree immediatamente limitrofe, cioè Giudea e Samaria (Cisgiordania) e Giordania.

“Forse non si sono ancora avveduti della tempesta che infuria tutt’attorno alla loro isola”

Man mano che il veicolo spaziale si avvicina alla Terra, l’alieno inizia a cogliere segnali audio dalle zone in cui infuria la tempesta di fuoco e fiamme. Inizialmente tutti i segnali sono coperti dalle grida “Allahu Akbar”, che i suoi computer di bordo traducono istantaneamente: “Allah è grande”. Cosa c’entra con la tempesta? – si domanda l’esploratore dallo spazio – Invocano l’intervento di Allah per calmarla o lo invocano per accrescere l’intensità delle fiamme?

Ma resta ancora più perplesso quando sente le voci provenienti da Israele. Mentre le fiamme tutt’attorno lambiscono i confini del paese, sente proclamare a gran voce: “Questo status quo è insostenibile”. Cosa significa? – si domanda – che la gente laggiù teme di essere travolta dalla bufera e non sa cosa fare per scongiurarla? Pare di no, perché subito dopo sente ripetere ossessivamente un’altra frase: “Bisogna cedere territori in cambio della pace”. Dunque, ragiona l’astronauta alieno, ritengono di allontanare la spaventosa tempesta di guerra che li corconda abbandonando dei territori finora tranquilli, a ridosso dei loro confini. Ma non gli pare molto logico. “Forse – dice fra sé e sé – non si sono ancora avveduti della tempesta che infuria tutt’attorno alla loro isola”.

A questo punto, l’esploratore alieno conclude che non sarà possibile condurre una conversazione intelligente con la gente laggiù, e decide di tornare indietro. Chissà come resterebbe sorpreso se venisse a sapere che, mentre fa rotta verso lo spazio, Israele sta conducendo negoziati con il dichiarato obiettivo di abbandonare a se stesse delle aree che finora sono rimaste tranquille.

Ma bisogna davvero arrivare dallo spazio per capire cosa sta accadendo in Medio Oriente in questi ultimi anni? Che la tempesta che infuria tutt’attorno a Israele non è destinata a quietarsi nel prossimo futuro? Che potrebbe investire anche la Giordania? Che si impone cautela e che questo non è il momento per mosse sbrigative, e certamente non per il ritiro da territori, abbandonandoli alla guerra, col risultato di portare la guerra a ridosso dei centri abitati che sono il cuore di Israele?

(Da: Ha’aretz, 17.9.13)