L’Autorità Palestinese boicotta le iniziative israeliane di cooperazione economica

Per ottenere vantaggi politici anche a scapito delle condizioni di vita della loro popolazione

image_2549In campagna elettorale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva presentato il suo programma per una “pace economica” volta a migliorare la qualità della vita dei palestinesi che vivono in Cisgiordania. [Nel quadro di queste misure, negli ultimi tre mesi, grazie al miglioramento della situazione della sicurezza, sono stati rimossi due terzi dei posti di blocco anti-terrorismo precedentemente operativi in Cisgiordania, che ora ammontano a 14, esclusi quelli fra Cisgiordania e Israele].
A cento giorni dalla formazione del suo governo, non si registrano su questo versante i progressi concreti che ci si augurava, in termini di progetti economici. La principale ragione del ritardo risiede nel rifiuto dei funzionari e rappresentanti dell’Autorità Palestinese di cooperare con il vice premier israeliano Silvan Shalom, cui è stato assegnato il compito di promuovere l’iniziativa “pace economica”.
La settimana scorsa si è nuovamente riunito il comitato ministeriale israeliano che si occupa della materia, e ha preso la decisione di aprire 24 ore su 24 il Ponte di Allenby, il valico di frontiera che collega Cisgiordania e Giordania, per incoraggiare l’import-export palestinese con il vicino regno hashemita.
Silvan Shalom ha anche illustrato una lista di progetti che sono in cantiere da anni, spesso ritardati da difficoltà burocratiche. Tra i principali progetti, una zona industriale a Betlemme (finanziata dalla Francia), un’altra presso Jenin (finanziata dalla Germania) e una terza presso Gerico (finanziata dal Giappone). Netanyahu ha dato istruzione a tutti i ministeri competenti di favorire gli sforzi per questa “economia di pace”, eliminando di tutti i possibili ostacoli burocratici.
Il comitato ministeriale ha anche affrontato il ruolo giocato dall’Autorità Palestinese nel bloccare i progressi. In sostanza, si è rilevato che tutti gli alti funzionari e rappresentanti dell’Autorità Palestinese stanno boicottando i loro interlocutori israeliani. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si rifiuta di incontrare Netanyahu, il primo ministro palestinese Salam Fayyad non incontra il ministro Silvan Shalom, e praticamente tutti i funzionari palestinesi non ricevono il permesso di incontrarsi con le loro controparti israeliane.
“Israele vuole promuovere la pace economica – ha detto Shalom durante la riunione del comitato – ed io personalmente auspico maggiore cooperazione da parte dei palestinesi”.
Secondo un’autorevole fonte governativa a Gerusalemme, tutti i contatti su questioni economiche con i rappresentanti palestinesi si svolgono di fatto attraverso Tony Blair, l’inviato speciale del Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu). Ma anche l’ex primo ministro britannico, sebbene continui a fare pressione sui palestinesi affinché incontrino gli israeliani, finora non ha avuto successo. “I palestinesi temono che una cooperazione sulle questioni economiche possa favorire Israele sul piano politico”, spiega la fonte.
Il rifiuto dei palestinesi di incontrare alti funzionari israeliani si è tradotto, ad esempio, nella cancellazione di una conferenza congiunta sulla zona industriale di Gerico che avrebbe dovuto tenersi a Tokyo. Alla conferenze avrebbero dovuto partecipare alti rappresentanti giapponesi, israeliani, giordani e palestinesi, ma i palestinesi hanno annunciato che “in questa fase” essi non vi avrebbero preso parte, motivando la scelta con la “mancanza di progressi nel processo di pace con Israele”.

(Haaretz, 9.07.09)

Nella foto in alto: il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen)