LAutorità Palestinese riprende le esecuzioni capitali

Mentre le bande armate minacciano chiunque metta in discussione il loro potere di vita e di morte.

image_739L’Autorità Palestinese ha eseguito domenica quattro condanne a morte, tre per impiccagione e una per fucilazione: si tratta delle prime condanne a morte palestinesi ufficialmente fatte eseguire dal 2001. Secondo il portavoce del ministero degli interni palestinese Tawfiq Abu Khoussa, i quattro erano stati condannati alla pena capitale da un tribunale palestinese in quanto rei confessi di omicidio. Le condanne, come prevede la legge palestinese, sono state ratificate domenica stessa dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
La notizia iniziale secondo cui i quattro erano stati condannati per “collaborazionismo” con Israele è stata successivamente smentita da fonti ufficiali dell’Autorità Palestinese. Le esecuzioni giungono a meno di due settimane da quando Israele ha accettato di scarcerare 400 detenuti palestinesi a patto che non venisse eseguita la condanna a morte di circa cinquanta palestinesi condannati da tribunali palestinesi per aver collaborato con Israele nella lotta contro il terrorismo. Anche fonti della difesa israeliana hanno confermato che i quattro palestinesi giustiziati domenica a Gaza erano stati condannati per stupro e omicidio, non per “collaborazionismo”. Fonti dell’Autorità Palestinese hanno comunque negato, domenica, che vi sia alcun accordo con Israele su una sospensione delle esecuzioni capitali di cosiddetti “collaborazionisti”.
Da quando ha preso il posto del defunto Yasser Arafat, Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha ripetutamente promesso di riportare legge e ordine nei territori sotto giurisdizione dell’Autorità Palestinese, ma le sue forze di sicurezza non sembrano avere la volontà o la capacità di contrastare efficacemente le bande armate che imperversano nelle città palestinesi. Sabato scorso quaranta palestinesi armati hanno attaccato il quartier generale delle forze di sicurezza a Gaza, innescando uno scontro a fuoco di tre ore con i poliziotti dell’Autorità Palestinese. Poco dopo, altri uomini armati aprivano il fuoco presso l’abitazione di un alto ufficiale della sicurezza palestinese. Due giorni prima palestinesi armati avevano ingaggiato uno scontro a fuoco dopo essersi rifiutati di declinare le proprie generalità a un posto di blocco della polizia palestinese.
La pena di morte vige nell’ordinamento dell’Autorità Palestinese sin dalla sua creazione nel 1994. Tuttavia nel 2001 Arafat aveva congelato le condanne a morte sotto la pressione delle critiche di organizzazioni internazionali per i diritti umani. Le esecuzioni di domenica approvate da Abu Mazen sembrano un tentativo di dissuadere i criminali e di inviare un messaggio di determinazione, pur evitando di affrontare i gruppi armati organizzati. Le esecuzioni sono state eseguite proprio all’indomani della dichiarazione del ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Nasser Al Kidwa secondo cui le forze di sicurezza palestinesi non hanno intenzione di procedere al disarmo dei gruppi armati.
Gruppi per i diritti umani considerano grave la ripresa delle esecuzioni, soprattutto in un contesto incapace di garantire processi minimamente equi.
Attualmente sarebbero 51 i detenuti palestinesi nel braccio della morte, circa metà dei quali condannati per aver collaborato con Israele nella lotta al terrorismo.

Nel frattempo, terroristi delle Brigate Martiri di Al Aqsa (Fatah) hanno ammesso nello scorso fine settimana che nove palestinesi da loro uccisi a Betlemme nel 2002 con l’accusa di “collaborazionismo” erano in realtà innocenti. Alcuni degli uccisi erano stati detenuti dalle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese prima di essere consegnati nelle mani dei terroristi. Per lo più furono assassinati nella pubblica piazza, davanti a folle esultati, ad opera di uomini di Fatah, alcuni dei quali successivamente trovarono rifugio in vari paesi europei dopo aver partecipato all’occupazione a mano armata della Basilica della Natività mentre erano ricercati dalla Forze di Difesa israeliane.
Ora un volantino diffuso dalle Brigate Al Aqsa a Betlemme fa riferimento ai nove assassinati come “vittime dell’anarchia”, lasciando intendere che fossero del tutto innocenti. “Quei detenuti non vennero protetti a causa della situazione di anarchia” dice il volantino dei terroristi, che conclude: “Le Brigate Martiri di Al Aqsa hanno deciso di chiudere questo caso una volta per tutte. D’ora in poi nessuno è autorizzato a parlarne. Chiunque violerà questa decisione o cercherà di provocare conflitti interni sarà severamente perseguito”.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, 12.06.05)