Le Forze di Difesa israeliane in prima linea nell’aiuto alla popolazione siriana

Centinaia di migliaia di siriani, travolti dalla guerra civile che devasta il loro paese, ricevono aiuti e cure dal “nemico” Israele

Negli ultimi anni Israele ha curato migliaia di siriani e ha inviato ai siriani centinaia di tonnellate di aiuti umanitari nell’ambito di un progetto chiamato “Operazione Buon Vicino”. Cifre e dettagli dell’operazione sono stati recentemente si noti dalle Forze di Difesa israeliane.

Lanciata nel giugno del 2016, l’iniziativa ha lo scopo di incrementare gli aiuti civili alla popolazione siriana pur mantenendo rigorosamente il principio del non coinvolgimento di Israele nella guerra civile siriana che in sei anni ha causato quasi mezzo milione di morti, più di 2 milioni di feriti e 7 milioni tra profughi e sfollati. Dal mese di agosto 2016 sono più di 110 le operazioni di aiuto realizzate nell’ambito dell’iniziativa che ha visto le Forze di Difesa israeliane operare a stretto contatto con organizzazioni internazionali e soggetti donatori per trasferire aiuti a più di 200.000 siriani che vivono in 80 villaggi e città nella regione delle alture del Golan siriane, una striscia di territorio profonda 15 km e lunga 40, per lo più controllata da gruppi ribelli non affiliati all’ISIS.

In un recente incontro coi giornalisti, il generale Yaniv Ashur, a capo dell’operazione, ha spiegato che i militari israeliani sono in contatto telefonico con una serie di soggetti siriani oltreconfine come medici, tecnici e capi villaggio, per determinare di volta in volta gli aiuti più urgenti e necessari: assistenza medica, acqua, cibo, energia elettrica, istruzione ecc.

Le Forze di Difesa israeliane preferiscono trattare direttamente coi destinatari degli aiuti e non con agenzie tipo le Nazioni Unite. Ad esempio, la farina viene distribuita direttamente alle panetterie siriane e sono previsti veicoli e muli per il suo trasporto. “Uno dei nostri principi-guida – spiegano i militari – è mantenere la continuità. Fornendo tonnellate di farina abbiamo fatto scendere il prezzo del pane del 50, persino dell’80%”.

Nel solo anno passato, con l’aiuto dell’esercito israeliano sono stati consegnati ai civili siriani 360 tonnellate di alimenti e farine, 456.000 litri di gas, 100 tonnellate di abiti (più della metà invernali), 12 tonnellate di scarpe, 12.000 confezioni di latte per neonati, 1.800 confezioni di pannolini. E poi, generatori di corrente e caravan mobili da utilizzare come ambulatori o aule scolastiche. Oltreconfine sono stati mandati anche 600 metri di tubature per ripristinare la rete idrica, restituendo l’acqua corrente a 5.000 abitanti di villaggi.

Un generatore trasferito da Israele in Siria

“Il nostro aiuto è molto apprezzato dagli abitanti siriani– ha detto Ashur – Quando altri villaggi hanno sentito del piano di aiuti fornito da Israele, hanno chiesto di aderire. In uno dei villaggi, l’assistenza di Israele ha ricevuto l’imprimatur religioso da parte di un muezzin che ha detto ai fedeli che potevano raggiungere il confine per ricevere gli aiuti”.

Uno degli aspetti salienti dell’operazione rimane la cura dei siriani feriti e malati. Le Forze di Difesa israeliane hanno iniziato a farlo nel 2013 e da allora quasi 4.000 siriani sono stati curati in Israele. Solo nell’ultimo anno sono stati curati in Israele oltre 1.000 bambini siriani. “Una volta alla settimana entra in Israele un autobus carico di bambini malati” ha detto Ashur, spiegando che i servizi sanitari dell’esercito israeliano cercano di garantire anche visite di follow-up, specialmente per i bambini affetti da malattie croniche. Ogni mese sono circa 600 i bambini e rispettivi genitori che entrano in Israele per un trattamento medico. Tutti i bambini ritornano in Siria con borse pieni di vestiti e le madri con borse piene di medicinali di cui i loro figli potrebbero avere bisogno.

Al confine tra Siria e Israele arrivano siriani sia combattenti che civili. Tutti i feriti ricevono il trattamento d’emergenza necessario per stabilizzarne le condizioni, prima d’essere trasferiti dai militari israeliani nei centri medici dove viene garantita assistenza medica gratuita. I pazienti vengono trattati in condizioni di rigoroso anonimato nel fondato timore che loro o i loro famigliari possano subire rappresaglie, una volta tornati in Siria, se il loro soggiorno in Israele diventasse di pubblico dominio. Secondo Ashur, il 70% dei feriti curati da Israele è costituito da uomini in età da combattimento, mentre il restante 30% è rappresentato da donne e bambini. Per la maggior parte vengono trasportati in ambulanza al Western Galilee Hospital di Nahariya (70%) e allo Ziv Medical Center di Safed (20%), mentre altri possono essere curati solo in ospedali del centro del paese, come lo Sheba Medical Center vicino a Tel Aviv. Dopo la chiusura nel 2016 di un primo ospedale da campo che tre anni prima era stato installato a ridosso del confine, in queste settimane le Forze di Difesa israeliane ne stanno allestendo uno nuovo, sempre sul confine del Golan, in collaborazione con un’organizzazione di beneficenza americana. Il presidio sarà in grado di trattare sin dall’inizio 30 pazienti al giorno, ma potrebbe crescere fino ad assorbirne 500 al giorno.

Latte in polvere per neonati

Il dottor Noam Fink, direttore medico del comando settentrionale delle Forze di Difesa israeliane, dice che l’assistenza sanitaria è essenziale perché il numero di medici operativi in Siria è ridotto al 30% e le strutture sono al collasso. Fink insiste che l’operazione è motivata esclusivamente da ragioni umanitarie, ma riconosce che i buoni rapporti instaurati potrebbero servire in futuro ad alleviare le tensioni e che “il linguaggio internazionale della medicina” potrebbe contribuire a un futuro più pacifico. “Tutto ciò che sanno di Israele sono le terribili storie che gli sono state finora raccontate sul nostro conto – dice il colonnello Barak Hiram, comandante della brigata regionale lungo il confine – Se arrivano a decidere che l’unico posto sicuro dove andare è il confine con Israele, si può immaginare quanto sia pesante la loro situazione”. Per attenuare i timori, i siriani vengono subito accolti con razioni di cibo e i bambini da clown di lingua araba.

“Israele sta salvando vite umane ogni giorno – ha detto Ashur ai giornalisti – e stiamo lavorando sodo per migliorare la situazione umanitaria sul terreno. Continueremo a farlo e a sviluppare questo progetto in base alle necessità. Nessuno sa quale sarà il futuro della Siria, ma certamente questo progetto ha la potenzialità di avere un grande impatto sul futuro”.

In un video diffuso dalle Forze di Difesa israeliane si vede un ferito siriano che bacia la mano del paramedico che gli ha prestato le prime cure in un’ambulanza. “Israele è l’unico paese che ha fatto una cosa del genere per i siriani – ha detto ai giornalisti uno dei feriti portati in Israele – Israele è amico del popolo siriano, è uno paese umano”. Una donna ferita ha detto: “Ci insegnano che Israele è il paese che ci odia di più. Siamo venuti e abbiamo visto con i nostri occhi quello che ci stanno dando qui: per noi Israele è tutto”. “Il popolo di Israele ha conquistato il nostro cuore – ha detto un altro siriano ricoverato in Israele – In questa situazione difficile, solo Israele ci è stato vicino, ci ha aiutati con tutto ciò di cui abbiamo bisogno. I soldati ci trattano bene, ci hanno aiutato nella nostra regione, hanno preso i feriti, li hanno curati, ci hanno dato le medicine”. Una delle ragazze siriane curate in un ospedale israeliano ha aggiunto: “Gli israeliani si prendono cura di me e voglio ringraziarli. Con l’aiuto di Dio, quando in Siria ci sarà la pace, tornerò qui per baciare la terra d’Israele”.

(Da: Jerusalem Post, YnetNews, Israel HaYom, Jerusalem On Line, 19.7.17)

Vale la pena ricordare che la Siria è un paese che non ha mai riconosciuto Israele né prima né dopo l’avvento al potere del clan Assad, che si considera nemico e in stato di guerra con Israele, che ha indottrinato generazioni di cittadini all’odio verso Israele, che vota contro Israele in tutti i consessi e forum internazionali, che ha ospitato per decenni ex gerarchi nazisti e gruppi terroristi anti-israeliani e che è stretto alleato e sodale di nemici giurati di Israele come Iran e Hezbollah.